Venina N, via nuova Crapa dèl Bèch, Belay on Ibex Skull

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Venina N, via nuova Crapa dèl Bèch, Belay on Ibex Skull

Messaggio da lucaserafini »

Cima di Venina (2624 m) – Parete Nord, Via Nuova “Crapa dèl Bèch: belay on ibex skull”
Marco e Luca Serafini, 1 Agosto 2020

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linea gialla: discesa per avvicinamento alla base della parete N della Cima di Venina
bollo giallo: anticima del Venina, culmine della via Crapa dèl Bèch: belay on ibex skull
bollo rosso: vetta del Venina

Aga, Diavolino, Poris e Grabiasca sullo sfondo
Ultima modifica di lucaserafini il mercoledì 5 agosto 2020, 8:57, modificato 2 volte in totale.
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Re: Venina N, via nuova Crapa dèl Bèch, Belay on Ibex Skull

Messaggio da lucaserafini »

La Cima di Venina costituisce l’ultimo scoglio affiorante verso Est sul crinale orobico di GCCS (gneiss chiaro del Corno Stella, il granito orobico). Oltre questa vetta la formazione di Collio (ceneri vulcaniche schiacciate e blandamente metamorfizzate…) è troppo spessa per poter essere perforata dal basamento cristallino in risalita dal mantello, sotto la spinta orogenetica che ha formato la catena alpina, e così più a Est del Venina ci teniamo le tanto vituperate rocce orobiche, scistose e friabili, dal Diavolo allo Scais.
La Cima di Venina protende invece un pilastrone spigoloso verso Nord, proprio al di sopra del Lago di Publino, costituito da un ottimo GCCS del tutto simile a quello della parete NO del Corno Stella (vedi Vie Cercando Valerio e Granitica Stellare, aperte nel 2018), ma di dimensioni ridotte, con un dislivello totale di circa 160 metri.
Qui il GCCS si esprime al suo meglio, essendo lavorato dal gelo e spaccato in grandi fessure in modo del tutto analogo al granito di alta quota (Masino, Adamello, etc), al contrario del GCCS presente nei Pioder (quello del Toro-Valbona, lo Scudo del Venina, etc), che, levigato dai ghiacciai orobici nel Pleistocene, presenta placconate così compatte da non offrire fessure chiodabili (né friend-abili). L’arrampicata sulla Nord del Venina ricorda invece moltissimo quella sulle pareti e spigoli granitici del Masino (con il dovuto rescaling di quote e dislivelli).

Questa parete era da tempo nella mia to-do list, e finalmente convinco Marco (anche grazie alle foto scattate durante una mia esplorazione alla base della cresta NE, risalendo da Ambria per la lunghissima Val Venina) che è giunta l’ora di darle un’occhiata: oltretutto in bibliografia/web non risulta alcuna salita. Grazie alla jeep-navetta del cortesissimo Ugo, che ci ha fornito un servizio vip da Carona al Longo, partiamo alle 5:30 dal Rifugio Longo per il Passo Venina via canale di gronda del Lago del Diavolo, che velocemente ci deposita a prendere il bel sentiero (resto della antica strada militare) 254 che conduce al Passo di Venina. Dalla vetta della Cima di Venina negoziamo la discesa verso Nord in un canalino intermedio, ben antecedente quello ampio e comodo che scende dalla grande sella tra il Masoni ed il Venina: con qualche cautela il canalino ci fa guadagnare i pendii basali della Nord.

Decidiamo di risalire la grande placca a sinistra dello spigolo, lasciando il superamento diretto (che mostra grandi difficoltà nella zona dei tetti) per la prossima volta. Come prima linea di superamento di questa parete ancora inviolata, la placconata si rivela bellissima, un misto di aderenza e fessurine in dulfer veramente godibile, su difficoltà contenute ma di grande soddisfazione e soprattutto di grande continuità. Guadagnato il pulpito alla sommità della placconata, caratterizzato da una tagliente granitica cresta veramente spettacolare, evitiamo di risalire direttamente l’ultimo salto, che appare molto erboso e friabile (un cambio discontinuo nel tipo di roccia, dal GCCS agli scisti nel giro di pochi metri…), e decidiamo di traversare a sinistra in leggera discesa la liscia placca sottostante per guadagnare la base di un bel diedrone compatto che risale fino alla cresta spartiacque.

Al di sotto dello strapiombo basale del diedrone, il terrazzo ghiaioso ben riparato dove sostiamo ci presenta una sopresa: una stambecca anziana ha deciso di venire qui a teminare i suoi giorni, e lo scheletro giace scomposto e sparso in pezzi sui sassi del ghiaioncino. Una certa impressione ci provoca il teschio, su cui re-inseriamo a mano le due corna, che erano sparpagliate nei pressi: forse la morte risale a solo un paio di settimane fa, ma la coppia di aquile che abbiamo avvistato mentre eravamo ingaggiati sul primo tiro di corda, ed i gracchi numerosi che volteggiano in cielo, devono aver compiuto l’opera di scarnificazione in tempi rapidi, applicando il detto “mors tua vita mea”. Qui facciamo la nostra S3, che trasferisce il nome alla via – belay on ibex skull.

Non ci resta che divertirci nel facile ma bellissimo diedrone di uscita, che ci permette di uscire in cresta a pochi metri dall’anticima, che rappresenta il culmine del grande pilastro Nord. In pochi passi guadagnamo la vetta della Cima di Venina per ammirare il poderoso e sfavillante panorama orobico-valtellinese, ogni volta così bello, quando è bello, anche se stra-conosciuto.
Ultima modifica di lucaserafini il domenica 16 agosto 2020, 15:32, modificato 2 volte in totale.
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Re: Venina N, via nuova Crapa dèl Bèch, Belay on Ibex Skull

Messaggio da lucaserafini »

La gronda, anche detta in loco "Canale ENEL".

Corni di Sardegnana e Becco sullo sfondo.

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Ultima modifica di lucaserafini il mercoledì 5 agosto 2020, 8:59, modificato 2 volte in totale.
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Re: Venina N, via nuova Crapa dèl Bèch, Belay on Ibex Skull

Messaggio da lucaserafini »

La Voragine della faglia Orobica, interfaccia e linea di frattura tra il basamento cristallino e la formazione di Collio.
Questa frattura-voragine non è stata formata dall'acqua e dall'erosione idrogeologica, infatti all'interno è
perfettamente secca...

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Messaggio da lucaserafini »

I ruderi della casermetta di pattugliamento della Linea Cadorna in prossimità del Passo di Venina

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Ultima modifica di lucaserafini il mercoledì 5 agosto 2020, 9:00, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da lucaserafini »

Ghiaioni di Gneiss Chiaro del Corno Stella (GCCS) sotto la vetta della Cima di Venina.

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Domanda: come è possibile (anche al Pes Gerna) che ci siano ghiaioni in vetta ad una montagna ???
Da dove sono scesi i detriti che li hanno formati ???
Ultima modifica di lucaserafini il mercoledì 5 agosto 2020, 9:00, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da lucaserafini »

Peraltro questi ghiaioni, visti dall'alto, sembrano proprio un tipico rock glacier !
Ma da quale parete si sono formati, visto che partono dalla vetta ???

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Ultima modifica di lucaserafini il mercoledì 5 agosto 2020, 9:00, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da lucaserafini »

Sulla cresta Est della Cima di Venina, che sale dal Passo omonimo, con Cigola, Aga, Diavoli e Poris sullo sfondo.

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Messaggio da lucaserafini »

Scendiamo ora con cautela il canalino del versante N tra Masoni e Venina.

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