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Il ritorno del San Simonino a Casa di Arlecchino
Dopo 68 anni l'affresco del san Simonino torna a Palazzo Grataroli.
L'affresco, risalente alla fine del XV secolo, era l'ultimo pezzo mancante per ricostruire la struttura originaria della camera picta del trecentesco palazzo Grataroli, nel borgo storico di Oneta, che oggi ospita la Casa Museo di Arlecchino. L'opera, che raffigura il martirio di san Simonino da Trento, venne rimossa dal suo luogo originario nel 1939 dall'allora prevosto don Davide Brigenti che fece restaurare l'intero ciclo pittorico. Visto il soggetto della rappresentazione, il prevosto considerò però sconveniente questo affresco e lo inviò a Bergamo, dove nel 1941 entrò a far parte della collezione privata del vescovo Bernareggi. Nel tempo se ne persero le tracce ed è stato solo in epoca recente (in occasione di una mostra degli affreschi di Oneta allestita nel 1987 al Centro culturale San Bartolomeo) che il San Simonino, unico nel suo genere in Valle Brembana, è stato rinvenuto nei depositi del Museo Diocesano. Oggi la Casa Museo di Arlecchino vede ricomporsi l'intero ciclo pittorico della camera picta: uno spazio riccamente decorato con affreschi di contenuto religioso e profano (tra cui una straordinaria scena di duello cavalleresco) che originariamente veniva utilizzato come sala "di rappresentanza " dalla facoltosa famiglia dei Grataroli e che ora costituisce, per l'eccezionale qualità delle opere esposte e il perfetto stato di conservazione, un esempio unico a livello provinciale. L'Amministrazione Comunale ringrazia l'architetto Giorgio Della Chiesa per la dedizione e la costanza dimostrata nella delicata opera di recupero dell'affresco.
reportage by Tarcisio Bottani
Il ritorno del S.Simonino a Casa di Arlecchino
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Re: Il ritorno del S.Simonino a Casa di Arlecchino
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Re: Il ritorno del S.Simonino a Casa di Arlecchino
Interessante: molto bello..!!
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Re: Il ritorno del S.Simonino a Casa di Arlecchino
In effetti un affresco ritrovato e riposizionato nel proprio luogo di origine è sempre un evento speciale.moritz63 ha scritto:Interessante: molto bello..!!
Riflettevo sui motivi per i quali era stato spostato e occultato, leggendo la storia del "martire di Trento", si capisce il tutto meglio...
anche in che periodi bui l'uomo è vissuto nel passato, quanta violenza e prevaricazione ha saputo generare !!
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"tra i monti Alben e Regaduro nel canalone i suoi compagni lo trasportarono per sentieri scoscesi tra boschi e pascoli fino a Sottochiesa, adagiato su una rozza scala a pioli ricoperta di fronde"
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Re: Il ritorno del S.Simonino a Casa di Arlecchino
da Wikipediaelio.biava ha scritto:.... leggendo la storia del "martire di Trento", si capisce il tutto meglio... anche in che periodi bui l'uomo è vissuto nel passato, quanta violenza e prevaricazione ha saputo generare !!
Simonino di Trento, tradizionalmente san Simonino, (Trento, 1472 – Trento, marzo 1475), fu un fanciullo morto durante la Pasqua del 1475, venerato come beato dalla Chiesa cattolica sino al 1965. La vicenda legata al suo nome costituisce una testimonianza delle persecuzioni subite dalle comunità ebraiche, e delle false e strumentali accuse di "omicidio rituale" (le cosiddette accuse del sangue) che ebbero notevole diffusione soprattutto in Europa centrale nei confronti degli ebrei.
I fatti, ricostruibili attraverso gli atti del processo istruito contro la locale comunità ebraica, andarono in questo modo. Un bambino di due anni e mezzo scomparve la sera del 23 marzo 1475, giovedì santo, e fu ritrovato cadavere la domenica di Pasqua, nelle acque di una roggia, proprio vicino all'unica casa abitata dai quindici ebrei residenti a Trento, nella zona dell'attuale piazza della Mostra. In un clima di diffuso antisemitismo, infuocato dalle predicazioni del frate francescano Bernardino da Feltre, il principe vescovo Giovanni Hinderbach sostenne con forza la tesi che il bimbo era stato vittima di un "omicidio rituale" perpetrato dalla locale comunità ebraica (finalizzato alla raccolta del sangue di un bambino da utilizzare per impastare il pane azzimo per la Pasqua ebraica). I quindici ebrei presenti a Trento (il più giovane aveva quindici anni, il più vecchio novanta), presunti omicidi, furono torturati insistentemente per mesi sino a strappar loro una confessione, e quindi messi a morte con i supplizi in uso al tempo. Solo una donna, di nome Bruna, resistette più a lungo degli altri all'interrogatorio, ma si insistette tanto che la donna morì sotto tortura, confessando proprio in punto di morte e dichiarandosi pentita; fu quindi assolta dal peccato e sepolta in terra benedetta. Non servì a salvare gli ebrei il fatto che durante il processo – di cui si conservano gli atti – il legato di papa Sisto IV, chiamato dal vescovo per sovrintendere al processo, si fosse apertamente espresso contro l'infondata accusa agli ebrei. Lo stesso papa proibì subito di onorare Simonino come beato. Nonostante le proibizioni pontificie, in virtù del talento organizzativo del principe vescovo, il culto di Simonino si diffuse presto non solo nel Trentino ma anche nei territori confinanti, così che lo stesso papa Sisto IV finì per dichiarare che il processo si era svolto correttamente. La Santa Sede ammise ufficialmente il culto locale di Simonino nel 1588 e concesse l'indulgenza plenaria a chi fosse andato in pellegrinaggio presso le reliquie il giorno dedicato a Simonino.
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