Simone Pianetti..assassino o giustiziere?

Segnalazioni e ricerche storiche in Valle Brembana..
giulamba
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Simone Pianetti..assassino o giustiziere?

Messaggio da giulamba »

Vorrei avere informazioni sulla serata che dovrebbe svolgersi il giorno 20 agosto a Camerata Cornello sul Pianetti.

Grazie
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IW2LBR
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Re: SERATA PIANETTI

Messaggio da IW2LBR »

giulamba ha scritto:Vorrei avere informazioni sulla serata che dovrebbe svolgersi il giorno 20 agosto a Camerata Cornello sul Pianetti.
Grazie
Nel programma estivo comunicato dal Comune non e' in programma la serata sul Simone Pianetti
http://www.provinciabergamasca.com/vall ... zioni.html

possibile che l'hanno inserita di recente..
per info telefonare in municipio negli orari d'ufficio: 0345.43543

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andrea.brembilla
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Re: Serata Pianetti

Messaggio da andrea.brembilla »

Ho riletto questo post, e mi è sembrato condividere con tutti la storia di Simone Pianetti, figura "mitica" nel bene e nel male della valle, tanto che anche oggi ci sono due fazioni contrapposte nel ricordarlo...fatto sta che ormai sia entrato nella leggenda.

Storia tratta da Wikipedia, può nascere una bella discussione..

Simone Pianetti

Immagine

Simone Pianetti (Camerata Cornello, 7 febbraio 1858 – ?, 1952 ?) è stato un criminale e anarchico italiano.

La giovinezza e l’emigrazione

Nacque il 7 febbraio 1858 da Giovanni e Vittoria Bottani, di famiglia benestante, nella piccola contrada di Lavaggi, frazione di Camerata Cornello, piccolo centro della val Brembana, in provincia di Bergamo. Di carattere aggressivo e sanguigno (in un’occasione sparò addirittura colpi di fucile all’indirizzo del padre, senza però colpirlo, per questioni legate all’eredità), decise, così come molti altri conterranei, di emigrare negli Stati Uniti d’America in cerca di fortuna.
Si recò a New York, dove inizialmente riuscì a sbarcare il lunario con differenti tipologie di lavoro, entrando poi in contatto con gli ambienti anarchici della città. Fondò in seguito una società d’importazione di vino e frutta con l’amico Antonio Ferrari: tuttavia nella gestione di quest’attività incontrò problemi con la Mafia locale, allora conosciuta come Mano Nera, che esigeva il pagamento di denaro in cambio di protezione.
Il suo temperamento portò il Pianetti a denunciare il fatto, cosa inusuale per via dei rischi a cui si andava incontro, alla Polizia locale comandata dal comandante Shirley e l’ispettore francese Lacassagne. Con i due collaborava anche lo scrittore H.Ashton-Wolfe che conobbe personalmente il Pianetti e, qualche anno più tardi, raccolse le sue vicende in un capitolo del suo libro Crimini di violenza e vendetta, grazie a cui è possibile conoscere i fatti della sua permanenza in terra statunitense.
La denuncia portò all’arresto di una decina di insospettabili, ma costò molto cara ai due che avevano osato ribellarsi, dato che la Mano Nera ordinò e perpetrò l’assassinio di Antonio Ferrari. La vita stessa del Pianetti era quindi a rischio, tanto che dovette abbandonare la città e muoversi con false generalità fino a fare ritorno in patria.

Il rientro in Italia e le difficoltà

Il rientro nella sua valle lo pose innanzi ad una realtà molto chiusa e bigotta, in antitesi con quanto da lui vissuto nell’esperienza americana. Tuttavia anche in valle Brembana parevano aprirsi spiragli di cambiamento, sia grazie all’apertura di un casinò nel vicino paese di San Pellegrino Terme ed il relativo afflusso di turisti, sia con l’elezione del liberale Bortolo Belotti, del quale il Pianetti divenne amico per via della comune contrapposizione al blocco cattolico-conservatore imperante nella zona.
Sposò Carlotta Marini, dalla quale avrà sette figli, con cui aprì una taverna appena fuori dal centro abitato di Camerata Cornello, in cui si poteva anche ballare. Dopo i primi tempi in cui gli affari andavano a gonfie vele, il Pianetti venne messo al centro di maldicenze in cui veniva bollato come libertino, anarchico ed anticlericale. Seguì un vero e proprio boicottaggio nei confronti della sua locanda, con gli avventori che venivano messi in guardia dalle autorità politiche ed ecclesiastiche del paese: alla lunga venne obbligato ad abbandonare l’attività per mancanza di clienti.
Con i soldi rimanenti decise di trasferirsi con la famiglia nel vicino comune di San Giovanni Bianco, al fine di evitare le persone che l’avevano in antipatia. Qui aprì un mulino elettrico, un’opera all’avanguardia per quei tempi. Dopo un periodo iniziale in cui le cose sembravano andare per il meglio, cominciò ad essere additato, con la sua farina, come portatore di maledizioni e malattie, (tanto che il suo prodotto veniva chiamato la farina del Diavolo), situazione che lo obbligò ad abbandonare l’attività mandandolo definitivamente sul lastrico.

13 luglio 1914

Dopo aver toccato il fondo, cominciò a prendere in considerazione numerose soluzioni. La prima, quella del suicidio, venne più volte manifestata ad amici ma rapidamente scartata, mentre cominciò a farsi spazio quella della vendetta nei confronti di chi lo aveva costretto in quella situazione. Lo spunto venne fornito dall’episodio in cui l’anarchico serbo Gavrilo Princip uccise, il 28 giugno 1914, l’arciduca Francesco Ferdinando: il senso di giustizia maturato durante la sua esperienza statunitense (vedi l’episodio con la mafia locale), lo portò a premeditare l’eliminazione fisica di persone del posto, riportando i loro nomi su una lista.

La mattina del 13 luglio 1914 uscì di buon’ora dalla sua casa, imbracciò il suo fucile e si diresse verso la piccola valle di Sentino dove, dopo un appostamento di un paio d’ore in un cespuglio, attese e colpì con due fucilate il medico condotto dei paesi di Camerata Cornello e San Giovanni Bianco, il dottor Domenico Morali, che solitamente usava recarvisi presso la propria uccellanda. Il Pianetti scese quindi nel centro abitato di Camerata, dove bussò alla porta di Cristoforo Manzoni, locale sindaco. Non trovandolo, si diresse velocemente presso il palazzo comunale dove, non trovando il primo cittadino, cercò e trovò l’aiutante dello stesso, il segretario comunale Abramo Giudici, in compagnia della figlia Valeria. Anche quest’ultima si era inimicata il Pianetti, tanto da comparire nella sopracitata lista e da essere colpita, unitamente al padre, dalla furia omicida del compaesano. Salì quindi nella parte alta del paese, raggiungendo la casa del calzolaio Giovanni Ghilardi, la quarta vittima, spostandosi in breve sul sagrato della chiesa parrocchiale. Qui incontrò il parroco don Stefano Filippi, intento in una discussione con il messo comunale Giovanni Giupponi. Dopo un breve ma vivace scambio di battute, entrambi caddero colpiti a morte da colpi sparati a bruciapelo.
Il Pianetti si dileguò nel bosco per riapparire in breve alla contrada Pianca, dove cercò senza esito l’oste Pietro Bottani, e poi salì nella frazione di Cantalto, dove risiedeva Caterina Milesi (detta Nella), la quale aveva un contenzioso nei confronti del Pianetti per via di un debito mai pagato dalla donna, come testimonia una citazione presso il giudice conciliatore. Questa fu la sua settima ed ultima vittima, dopodiché salì alla frazione Cantiglio, dove incontrò dei carbonai che, all’oscuro degli avvenimenti, lo sfamarono, per poi dileguarsi in direzione del monte Cancervo, zona che conosceva molto bene per le numerose battute di caccia svolte.

La fuga e la latitanza


Rapidamente la voce si sparse nel paese ed in tutte le contrade della zona: il centro abitato di San Giovanni Bianco si presentava completamente deserto, con la gente barricata nelle proprie case. Immediatamente i carabinieri fecero piantonare tutti gli scampati all’eccidio e coloro che avevano contenziosi aperti con il Pianetti, cominciando le ricerche del fuggiasco sulle impervie cime circostanti. Anche grazie ad una squadra di guardie forestali ed una trentina di carabinieri giunti da Bergamo in rinforzo alle unità locali, nella serata del 14 luglio il Pianetti fu avvistato da un gruppo composto da sette militari, con i quali ebbe uno scontro a fuoco, senza conseguenze fisiche per alcuno.

Il 16 luglio 1914 giorni in paese arrivò il senatore Bortolo Belotti, e contemporaneamente fu posta di una taglia di lire 1000 nei confronti del latitante. Il giorno seguente il Pianetti incontrò una donna (Giacomina Giupponi) con la quale barattò la sua pistola in cambio di cibo, proprio mentre nelle zone circostanti si intensificavano le ricerche, con l’aggiunta di volontari (per lo più parenti delle vittime), 170 soldati appartenenti al 78º battaglione di fanteria ed altri 40 carabinieri. Nonostante ciò il Pianetti riuscì a tenere in scacco più di trecento persone poste alla sua caccia, proprio mentre nell’opinione pubblica si andavano a creare contrapposte correnti di pensiero.

Presto la stampa cominciò a strumentalizzare la vicenda: numerose furono le polemiche tra le testate giornalistiche, in particolare modo tra “Il Secolo” e ”L'Eco di Bergamo”. Quest’ultimo difatti accusò il primo di riportare le notizie in ottica anticlericale e di dipingere il Pianetti come un liberatore dall’oppressione e dall’imperversare dei “feudatari” del paese, quali sindaco, medico e parroco.

Così difatti cita il quotidiano nazionale ”Il Secolo”:
« Qui tutti sapevano che il Pianetti era perseguitato… Chi vuol vivere tranquillo deve essere ossequiante al parroco del luogo… Il parroco è il feudatario ed i paesani si dividono in vassalli e valvassori a seconda della loro astuzia e del loro stato economico… Al Pianetti ne avevano fatte tante che non poteva più frenarsi »
(Il Secolo, 20 luglio 1914)

Di differenti visioni popolari riferite all’eccidio parlano anche organi di stampa locali, preoccupandosi dell’apologia del colpevole in corso tra la gente.
Sta di fatto che la popolazione cominciava a vedere realmente il Pianetti come un piccolo Robin Hood ed un liberatore, tanto che sui muri della zona cominciarono ad apparire scritte a lui inneggianti (una su tutti “W Pianetti, ce ne vorrebbe uno in ogni paese”).

Nel frattempo le ricerche non davano nessun risultato, tanto che il 29 luglio 1914 il prefetto di Bergamo, Antonio Molinari, aumentò a 5000 lire la taglia sulla testa del fuggiasco, senza tuttavia ottenere gli effetti sperati.
Il 31 luglio le autorità autorizzarono il figlio Nino Pianetti a recarsi tra i monti al fine di incontrare il padre e convincerlo a costituirsi. Il ragazzo, trovato il genitore, gli consegnò due lettere scritte dalla moglie e dall’amico Bortolo Belotti, che gli consigliavano di consegnarsi alle autorità.
Per contro Simone, dopo aver scritto una struggente lettera di risposta alla moglie, disse al figlio “non mi troveranno mai, né vivo, né morto” . Ed in effetti quell’episodio, riportato da tutti i quotidiani dell’epoca, fu l’ultima volta di cui si ebbero notizie documentate di Simone Pianetti.
La sua latitanza tra i monti della valle Brembana fu aiutata anche dalla complicità di carbonai e pastori che vivevano a quelle quote: essi lo consideravano una sorta di giustiziere, offrendogli cibo e talvolta un tetto sotto il quale ripararsi. A tal riguardo le cronache dell’epoca riportano la condanna ad un anno di reclusione (poi ridotta a sei mesi in appello) di due mandriani, i fratelli Giorgio e Carlo Manzoni, rei di aver ospitato il Pianetti nella loro baita dal 20 luglio al 2 agosto, mentendo ai carabinieri e coprendone la fuga.
L’inafferrabilità del fuggiasco, aiutata dagli eventi internazionali che annunciavano l’arrivo della prima guerra mondiale anche in Italia, favorirono un allentamento della morsa delle ricerche, e ben presto tolsero l’attenzione alla vicenda.
Nel frattempo la giustizia proseguiva il suo corso: il 25 maggio 1915 presso la Corte d’Assise di Bergamo si concluse il processo a carico di Simone Pianetti, imputato in contumacia. La sentenza di ergastolo fu accompagnata da cinque anni di segregazione cellulare continua, dall’interdizione dai pubblici uffici, dalla perdita della patria potestà e dell’autorità maritale, nonché dall’interdizione legale con conseguente annullamento del testamento da lui sottoscritto. Il tutto spedendo un nuovo ordine di cattura nei confronti del condannato.

Ipotesi

L’unica cosa certa è che il corpo di Simone Pianetti non fu mai trovato: numerose quindi sono le ipotesi riguardo alla sua sorte. La tesi fornita dalla famiglia è quella che il loro congiunto fosse morto tra le cime dei monti Cancervo e Venturosa pochi giorni dopo l’incontro con il figlio Nino. Questa versione, perorata dallo stesso figlio, non ha mai convinto gli abitanti della zona e venne probabilmente fornita al fine di far acquietare gli animi ed permettere un po’ di tranquillità ai congiunti.
Tuttavia numerose e contrastanti voci indicano il fuggitivo latitante nel continente americano. A suffragare tale ipotesi sono alcune lettere rinvenute, nonché la testimonianza di Domenica Milesi. La donna, originaria di San Giovanni Bianco, che aveva conosciuto il Pianetti per via della comune appartenenza politica, affermò di averlo incontrato presso Ciudad Bolivar, città venezuelana presso la quale era emigrata con il proprio marito. Questa racconta di essere venuta in contatto con il latitante tramite un commerciante siciliano residente a Pittsburgh che, sceso in Venezuela per affari, le comunicò di aver fatto conoscenza con un suo conterraneo, tale Pianetti. La donna chiese allora di potersi mettere in contatto con quella persona: dopo nemmeno un mese il Pianetti, secondo la testimonianza della donna, si recò presso di lei. Le consegnò alcune lettere ed un po’ di soldi da inviare alla propria famiglia in Italia, raccontando di essere riuscito a fuggire, prima nascondendosi tra i fasci di legna trasportati da un carretto e poi accompagnato, mediante una persona molto influente della zona, nell’ufficio visti della Questura di Bergamo che gli fornì un passaporto con false generalità con il quale poté imbarcarsi su una nave diretta nell’America del Nord.

Il Pianetti sarebbe quindi stato aiutato dalle autorità stesse, vista la simpatia che riscuoteva negli strati più bassi della popolazione: la sua cattura infatti avrebbe potuto provocare reazioni incontrollate nonché aumentarne la fama e la leggenda. Un’altra ipotesi sostiene che il Pianetti sia invece emigrato fuggendo dalle Orobie verso la Valtellina, raggiungendo quindi il cantone Grigioni in territorio svizzero.
Qualche decennio più tardi, precisamente nel 1943, alcuni abitanti della zona sostennero di aver incontrato un anziano signore aggirarsi tra i monti Cancervo e Venturosa, poco distante dalla contrada di Cespedosio. Ebbero un rapido scambio di battute, dal quale emerse la vera identità di Simone Pianetti, allora ultraottantenne, che si intrattenne in particolar modo con una coetanea, per poi sparire nuovamente nei boschi circostanti.

La vox populi riporta inoltre che Nino Pianetti, nel frattempo trasferitosi nella città di Milano, confidò a conoscenti che il padre fosse effettivamente emigrato nelle Americhe per poi tornare con falsa identità in Italia, dove trascorrere gli anni della vecchiaia.

Il suo ultimo domicilio sarebbe stato presso l’abitazione milanese del figlio, dove si spense nel 1952.

Pianetti oggi

La figura del Pianetti è tutt’ora ricordata in gran parte dei paesi della valle Brembana come quella di un vendicatore, sovente indicato come raddrizzatore di torti, una sorta di eroe inafferrabile avverso ai poteri forti: prevale infatti l’aspetto “romantico” della vicenda, tralasciando il lato tragico e criminale.

Tant’è che la minaccia di “fare come Pianetti” non lascia indifferenti nemmeno ai giorni nostri. A dimostrazione dell’attualità della figura del Pianetti in quelle zone, è da riportare un incontro svoltosi a Camerata Cornello nel 90º anniversario dalla strage (13 luglio 2004), nel quale i partecipanti riportavano aneddoti, testimonianze e dicerie inerenti alla vicenda, parlandone però con rispetto ed una sorta di timore reverenziale. La figura è inoltre tornata d’attualità anche grazie ad alcune recenti pubblicazioni, alcune romanzate, altre cronografiche, che ripercorrono gli eventi del 13 luglio 1914.
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Re: Simone Pianetti..assassino o giustiziere?

Messaggio da pendughet »

Molto affascinante e ricca di mistero la vita di questo brembano .
Carattere piuttosto sanguigno...
Come mai si presume la sua morte nel 1952.?

Come tutti i personaggi diventati popolari viene visto un pò qua , un pò là, ma tutto rimane avvolto nel mistero,
come la sua morte d'altronde.

Esiste della letteratura su Simone Pianetti ?
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Re: Simone Pianetti..assassino o giustiziere?

Messaggio da andrea.brembilla »

Ecco la letteratura che ho trovato su wikipedia:

Bibliografia

* E.Arrigoni, T.Bottani e W.Taufer. Briganti e banditi bergamaschi. Bergamo, Ed. Corponove, 2008, ISBN 978-88-87831-75-7
* R. Trussardi. La taverna del diavolo. Bergamo, 2008, ISBN 978-88-6222-011-8
* F. Riceputi. Storia della Valle Brembana. Bergamo, Ed. Corponove
* H.Ashton-Wolfe. Crimes of violence and revenge. Houghton Mifflin Company. (pag.59-93 Pianetti, the chamois hunter; a tale of the Black Hand)
* A 90 anni dalla strage di Simone Pianetti da Quaderni Brembani 3, anno 2005, pag.103-109.

Poi magari qualche utente può segnalare altri libri..

Su you tube ho trovato anche questo video che racconta in breve la storia del Pianetti...complimenti all'autore.

[youtube]JM3F18_p2rY[/youtube]
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Re: Simone Pianetti..assassino o giustiziere?

Messaggio da mariolu »

ciao............
io qualche hanno fa ho letto un libro sul pianetti del quale ricordo il titolo "la farina del diavolo"
era un testo un po "romanzato" almeno per l'avventura in america..........
il libro non l'ho più ......ma mi ricordo chi me lo aveva prestato....se serve ........ a_45
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Re: Simone Pianetti..assassino o giustiziere?

Messaggio da IW2LBR »

mariolu ha scritto:ciao........ io qualche hanno fa ho letto un libro sul pianetti del quale ricordo il titolo "la farina del diavolo"
La mattina del 13 Luglio 1914 Simone Pianetti, proprietario di un mulino elettrico che macinava farina e quindi per questo additato come portatore con la sua farina di malattie e maledizioni (la farina del Diavolo), dopo una lunghissima premeditazione uccise a fucilate 7 abitanti di Camerata Cornello e San Giovanni Bianco, che vedeva come la causa dei propri fallimenti......

http://www.valbrembanaweb.com/valbremba ... netti.html
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La corrispondenza di Simone Pianetti

Messaggio da IW2LBR »

La corrispondenza di Simone Pianetti
di Ermanno Arrigoni (tratto dai Quaderni Brembani del Centro Culturale Brembano)

Sembrerà strano, ma mentre era latitante sulle montagne, Simone Pianetti, dopo quel tragico luglio 1914 in cui compì la sua strage, ricevette e scrisse delle lettere. La prima che conosciamo è quella che l’onorevole Belotti scrisse alla moglie del Pianetti per consolarla e per invitarla a far sapere al marito di costituirsi. Belotti era allora l’autorità più in vista della valle e conosceva bene il Pianetti, come si desume dalle lettere; sicuramente aveva ricevuto il voto del fuorilegge nelle famose elezioni del 1913 in cui il Belotti aveva sconfitto il candidato cattolico Egidio Carugati.

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lettera dell’on. Belotti alla moglie del Pianetti - 21 luglio 1914 Milano
Signora Pianetti, so di scriverLe in momenti di immenso lutto; ma appunto per ciò mi lusingo che possa giungerLe non discara una mia parola di ricordo e di conforto! Dio ha voluto provarla nel modo più terribile che sia dato di immaginare: ma lasci a Lui di provvedere e intanto creda che gli animi di tutti i buoni, non solamente dei nostri paesi, sentono la sua sciagura e compiangono sinceramente Lei e la sua famiglia. Certo il suo disgraziato marito è stato travolto da un impeto scuro di follia, perché io che lo conosco, non so ancora trovare altra spiegazione delle sue gesta luttuose, che hanno diffuso tanto dolore nella Valle. Ma poiché - come le dicevo - io conosco suo marito, che anzi mi ha dato replicate dimostrazioni di deferenza, se Lei ha occasione di fargli prevenire comunque notizie di me, La prego di dirgli, anche a mio nome, di supplicarlo, anzi, a mio nome, che si costituisca nelle mani della giustizia e con questo atto, che sarà apprezzato come si deve, si procuri almeno il conforto di aver fatto cessare uno stato di penoso dolore per tutti. Faccia sapere a suo marito che anche per tale atto, io non gli sarò nemico e che anzi lo aiuterò perché la giustizia non si perda e non erri quando dovrà compiere la ricerca del suo oscuro pensiero, e giudichi umanamente e non per vendetta. Ma lo supplichi a nome mio di costituirsi! La prego di fare in modo - se può - che Suo marito conosca presto il mio sentimento, mandandogli anche, se crede,questa mia lettera e La prego inoltre di gradire il modesto aiuto che Le accompagno per i suoi figliuoli. In questo momento più che mai sento di rappresentare tutta la nostra buona gente, mandandoLe ancora una parola di conforto, di incoraggiamento e di speranza nella Provvidenza, che non è mai ingiusta. La saluto coi suoi figlioli. Dev. Avv. Belotti”.

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Il Corriere della Sera del 21 luglio, come La Voce del Brembo del 24 luglio, riportano una lettera scritta dalla moglie al latitante: “martedì scorso il brigadiere dei reali Carabinieri di San Giovanni Bianco è partito per la montagna latore di una lettera indirizzata al Pianetti dalla sua moglie e dai suoi figli per i quali sembra professi tenerissimo ricordo. La lettera venne dal brigadiere consegnata a due mandriani, i quali hanno accettato e si sono assunti l’incarico di recapitarla a destinazione se il destinatario…trovasi ancora nel suo rifugio”; tutta questa libertà era favorita dagli stessi carabinieri in quanto speravano che l’intervento della moglie convincesse il bandito a costituirsi. La lettera, firmata dalla moglie di Pianetti e da tutti i suoi figli, così comincia:

Lettera della moglie e figli per Simone Pianetti:
“Simone, le tue gesta ci hanno spezzato il cuore, gettandoci nel lutto più profondo. Ma dimmi, non hai pensato che dietro a te stavano la tua povera moglie e i desolati figli? Ma è ormai inutile rievocare il doloroso passato perché non vi è più rimedio. Ora dobbiamo pensare al presente e all’avvenire. La vita che stai conducendo è orribile. Ogni dì giungono al nostro orecchio voci che ci atterriscono:Simone,poni fine a questo stato di cose, per te, per la tua famiglia, non sopprimendoti, ma affidandoti alla giustizia degli uomini che hai offeso. Pensa che c’è un Dio nel quale credi; se non saprai espiare, non potrai sperare la sua misericordia”.


Continuando, la moglie ha raccomandato al marito di affidarsi senza diffidenza al brigadiere che lo avrebbe condotto a costituirsi senza essere esposto ad alcuna violenza, ed ha concluso:

“Se hai ancora un po’ di cuore paterno, ascolta la voce dei tuoi figli. Sono la moglie tua Carlotta”.

Firmano i figli; la prima a firmare è stata Vita, una fine ragazza di 19 anni, bionda, graziosa; essa ha scritto:”Tua figlia Vita”. Il secondo a sottoscrivere è stato Aristide, di 16 anni, il figlio che il dott. Morali, secondo il Pianetti, non avrebbe ben curato; e ancora altre firme: “Tuo figlio Carlo, tuo figlio Peppino, tuo figlio Arturo”, le firme di tre ragazzi rispettivamente di 11, 8, e 6 anni. Restava la più piccola, Carolina, di 4 anni e mezzo, la prediletta dal Pianetti, l’unica che egli avesse baciato alla mattina prima di andare a cercare le sue vittime. La madre l’ha sollevata su una sedia e conducendole la destra le ha fatto scrivere: “Ascolta la mamma, Carolina”. E perché l’assenza del figlio Nino non lo impressionasse, la moglie ha scritto in un angolo: “Nino è assente da casa”. La lettera dell’on. Belotti e la lettera della moglie furono recapitate al Pianetti dal figlio Nino in un incontro molto drammatico e commovente con il padre “sopra un monte della Valle Brembana” come riferiscono L’Eco di Bergamo del 29-30 luglio 1914, Il Giornale con la stessa data e La Voce del Brembo del 31 luglio.

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Il Pianetti ha voluto rispondere alla moglie con una lettera molto commovente, “tutta bagnata di lacrime”e consegnata al figlio Nino. La lettera viene riportata da L’Eco di Bergamo del 29-30 luglio e dal Giornale del 30 luglio; inizia con “Cara Carlotta” e prosegue con una dichiarazione di pentimento e di riconoscenza per aver avuto notizie dalla famiglia:

Lettera di Simone Pianetti alla moglie figli:
“Questo mi è stato di grande conforto, come di conforto mi è tornata la lettura della lettera che l’on. Belotti vi ha diretto. Io sono obbligatissimo per questo al deputato… Assicura pure tutto il mondo che io non farò più male a nessuno. Non avrei voluto farne nemmeno agli altri. Ma, specialmente tre o quattro, mi avevano troppo offeso. Se non l’avessi fatto, ora non lo farei più. Ma è inutile; quel che è fatto, ora è fatto. Non c’è più rimedio. Che Iddio mi condanni pure in eterno, ma protegga voi innocenti miei figlioli. Fatti coraggio Carlotta. Aspettati e sopporta qualunque altra croce ti possa accadere, tu fa di difendere sempre i nostri figlioli. Ricevi baci, Carlotta; a te e famiglia. Tuo Simone”.

Un altro biglietto è stato lasciato per il cognato Orlandini, segretario di San Gallo:

“Caro cognato. So che la tua casa è guardata dalle guardie regie. Non temere. Oh! Via! Io non aveva poi tale coraggio (il cognato Orlandini era stato minacciato dal Pianetti). Io ti raccomando la vita della mia povera famiglia. Falle del bene”.

Al figlio Nino il Pianetti consegna anche una lettera per l’on. Belotti; viene riportata da La Voce del Brembo del 31 luglio; il corrispondente l’ha vista, “è scritta a matita da mano tremante”; è riportata anche da L’Eco di Bergamo del 3-4 agosto:

lettera di Simone Pianetti all'Onorevole Belotti
“Egregio sig. avv. Belotti, Lei si meraviglierà al ricevere questa mia. Sono qui pieno di torture per quanto ho compiuto in un momento che non so più descrivere nemmeno io, dopo tanti maltrattamenti e persecuzioni di cui non sapevo come liberarmi e vorrei scomparire, ma ho sempre nel cuore il pensiero della mia cara famiglia. Non so più cosa fare, e prima di prendere una decisione scrivo a Lei che è una delle persone per le quali ho sempre avuto stima. Trovi il modo di aiutarmi e consigliarmi, abbia pietà di un povero uomo che è sempre stato un grande disgraziato e cerchi di farmi avere sue notizie. Le raccomando la mia povera famiglia e la scongiuro di perdonarmi almeno Lei e di non abbandonarmi che sa quanto male ho ricevuto, grazie di cuore e mi creda il suo infelicissimo Simone Pianetti”.

A questa lettera il Belotti rispose con un suo scritto in data 31 luglio, riportato sempre da La Voce del Brembo e da L’Eco di Bergamo

Lettera dell'On. Belotti a Simone Pianetti
“Sig. Simone Pianetti, per mezzo di sua moglie e per mezzo di suo figlio ho cercato di farle giungere la mia parola in questi giorni amarissimi, che, ne sono certo, lei va passando. Mi sono ricordato delle prove di deferenza che lei mi ha date anche in recenti occasioni, ed ho pensato che una parola mia di ricordo non le dovesse giungere né sgradita, né inutile e la dovesse anzi persuadere che si pensa a lei anche con sentimenti di umanità viva e sincera. Ora le scrivo direttamente, colla speranza che questa mia lettera le possa essere consegnata, per rinnovarle la più ardente preghiera che lei abbia a costituirsi spontaneamente nelle mani della giustizia. Non si tratta solamente di ridare la pace ai nostri paesi e alla nostra valle che dal giorno della disgrazia è in uno stato di sospensione e come sotto un incubo che io non voglio descriverle; ma si tratta anche e veramente del suo diretto interesse. Infatti, come dicevo a suo figlio, la giustizia non potrebbe impegnarsi ora a misurare il suo rigore ed a ridurne le conseguenze; ma certamente qualunque giudice dovrebbe tener conto dell’atto spontaneo che lei compie costituendosi e dovrebbe renderle merito, in mezzo a tanta sciagura, di avere posto fine a questi giorni di ansietà per tutti e di essersi lei stesso posto nella condizione, o di scolparsi, o almeno di poter descrivere l’animo suo e di farne conoscere lo stato in quel momento terribile in cui passò sulla sua vita tanta avversità di destino.

Creda a me, signor Pianetti, che le parlo in questo momento con cuore di valligiano e con un sentimento condiviso da coloro che vogliono bene a me e ai nostri luoghi. Costituendosi e difendendosi, lei farà anche men triste la sua famiglia. Io non voglio e non posso anticipare giudizi. Ma se nel pubblico dibattimento lei trovasse argomenti e ragioni per dimostrarsi men colpevole di quanto può sembrare di fronte all’accaduto, e se vi fosse qualcuno che, a traverso la sua parola e la sua storia, sapesse, non dico giustificare, ma capire la sua disgrazia, lei avrebbe ottenuto che i suoi figli potrebbero dire che non tutti lo hanno egualmente condannato! E questo non sarebbe poco.

Lei è un uomo da poter comprendere ed apprezzare questo mio pensiero. Quindi anche in nome dei suoi figli e della sua famiglia la scongiuro di ascoltarmi e di costituirsi all’autorità. Quello che io potrò fare perché questa abbia presente il suo atto e lo ponga sulla bilancia a di lei favore - non dubiti che io lo farò in ogni modo. E lei sa che io mantengo le promesse! La sua costituzione spontanea proverebbe che lei non è un bandito; che, dopo l’impeto dal quale fu travolto, lei stesso è ritornato sulla via della giustizia per attenderne la parola; che anche lei quindi ha diritto a che questa parola sia di umanità, non di vendetta!
Il signor prefetto di Bergamo, qualora ella, come vivamente io spero,si decida, provvederà per quanto sarà del caso, e anch’io mi metto a disposizione, non senza osservarle che sarà ad ogni modo necessaria, anche per la sua incolumità, la presenza del cav. Bartolozzi, che lei conosce.

E ora attendo la buona notizia; buona per me, per noi tutti, e anche per lei perché l’atto che io le domando gioverà anche al suo spirito e certamente lo aiuterà a pensare con maggior quiete all’altra giustizia - non del mondo - che, sia pur lontana, aspetta ciascuno di noi. E della buona notizia la ringrazio fin d’ora, assicurandola un’altra volta che al momento opportuno io saprò essergliene riconoscente. Si faccia coraggio, abbia fiducia in me e mi creda:intanto la saluto e le auguro del bene, avv. Belotti”.


Non sappiamo se questa lettera sia mai arrivata tra le mani del Pianetti; di fatto il suo orgoglio gli impediva di costituirsi; il suo mito si creò anche per la sua imprendibilità. Al figlio Nino, durante l’incontro riferito, aveva detto: “Quando la mia libertà sarà in pericolo, porrò fine ai miei giorni. Meglio morire qui che morire in cella”.
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Brembanus
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Iscritto il: venerdì 2 novembre 2007, 7:01

Re: Simone Pianetti..assassino o giustiziere?

Messaggio da Brembanus »

Conosco l'autore del testo su Wikipedia. Egli ha riassunto in maniera obiettiva i risultati delle più recenti ricerche sulla storia di Simone Pianetti.
In particolare, una dettagliata ricostruzione basata sui documenti (tra cui la sentenza di condanna all'ergastolo pronunciata dalla Corte d'Assise di Bergamo il 25 maggio 1915), su varie testimonianze e sugli articoli giornalistici dell'epoca, è contenuta nel capitolo "Simone Pianetti, il vendicatore di Camerata Cornello" del citato Briganti e banditi bergamaschi.
Ben documentati sono anche i vari articoli pubblicati in questi anni su Quaderni Brembani (l'Annuario del Centro Storico Culturale Valle Brembana).
Essenzialmente romanzati sono invece La farina del diavolo e La taverna del diavolo.
Aggiungerei un libro non citato in questo forum, ma molto interessante: Il dies irae di Simone Pianetti e altre storie di Valle (Corponove, 1995) nel quale l'autore Angelo Gozzi ci presenta in modo piuttosto verosimile la vicenda, delineando efficacemente la figura del personaggio.
Malgrado le ricerche di questi ultimi anni, c'è ancora molto da scoprire su questa storia, ad esempio riguardo agli anni trascorsi da Pianetti in America alla fine dell'Ottocento. Il citato libro di Ashton-Wolfe apre inediti spiragli in proposito.
Riguardo poi a quello che successe dopo il luglio 1914, siamo solo nel campo delle ipotesi. Nessuno può dire con certezza quale sia stato il destino di Pianetti, né che sia morto suicida sulle montagne dell'alta Valle Brembana, come vorrebbe qualcuno, e nemmeno che riuscito a fuggire (o meglio sia stato fatto fuggire) in America, dove si disse di averlo visto negli anni Trenta e da dove sarebbe tornato durante la seconda guerra mondale per poi morire nella casa del figlio Nino.
Il citato libro Briganti e banditi bergamaschi riporta anche la testimonianza di chi lo incontrò in Valle Brembana dopo il suo ritorno dall'America.
Circa la data della morte (1952) va tenuto presente che Pianetti era nato nel 1858 e quindi avrebbe avuto ben 94 anni.

Un'altra ipotesi sostiene che la sua morte sia avvenuta nel 1943, durante un bombardamento aereo angloamericano.
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