La Transumanza del gregge in Valle Brembana

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Re: La Transumanza del gregge in Valle Brembana

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Re: La Transumanza del gregge in Valle Brembana

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Re: La Transumanza del gregge in Valle Brembana

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Re: La Transumanza del gregge in Valle Brembana

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Re: La Transumanza del gregge in Valle Brembana

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pendughet
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Re: La Transumanza del gregge in Valle Brembana

Messaggio da pendughet »

Vita da pastori. Vita da errabondi.

Il Volpi, oltre alla lotta secolare fra agricoltura e pastorizia, accenna anche a un'altra causa circa la formazione del gaì. Scrive a pag. 78: "Secondo il nostro parere, va aggiunta un'altra causa, dovuta al fatto che il continuo emigrare del pastore in località lontane dalla sua provincia lo poneva in contatto con altri pastori di diverso dialetto. Bisognava quindi formare un linguaggio convenzionale contenente almeno i vocaboli di maggior uso, in modo che tra pastori potessero intendersi. La prova di questo nostro asserto si trova nel fatto che pastori di diverse regioni usano il nostro furbesco. Così, non solo in Lombardia ma nel Veneto e nel Trentino e anche nel Tirolo. Il furbesco pastorale rivela l'indole spesso scherzosa e motteggiattrice di quella gente solitaria che vive estranea alle altre classi sociali".
Il glottologo Biondelli, che scrisse una bella opera nel 1846 sulle lingue furbesche, scriveva che i gerghi racchiudono talvolta preziosi elementi o ruderi di antiche lingue, che invano si cercherebbero altrove.
Il gergo dei pastori è formato da voci di antiche lingue, da voci di lingue straniere dove i pastori emigravano colle loro pecore, da voci del dialetto bergamasco adoperate in senso traslato, da voci onomatopeiche, a svisamenti fonici.
Venuta meno la causa per la quale il dialetto è nato, giacché la lotta pastore- agricoltore terminò con la vittoria del primo, il gaì si può ora considerare morituro. Nel 1921 il pastore Giuseppe Facchinetti pubblicò per la tipografia Cairo di Codogno un vocabolarietto del gaì, ora introvabile, intitolato "Slacadura de tacoler".


Un piccolo elenco di vocaboli:
strìdek = pane

scàbe = vino

gana = polenta

tàcola = pecora

bergna = carne di pecora

sfoiarol = portafogli

spaer = padrone

baita = casa

càmoi = carabinieri

còbis = prete

gagia = bella

bòrk = soldi
FRASI DEL GAI'

A fò 'mpiomba! (va a vedere!)
la ma 'ngagia mia tat ( non mi piace tanto)
E't impiombat kela bela manìa? (hai visto quella bella ragazza?)
Fraà e stoblà a brandòh (mangiare e bere a crepapelle)
l'è ofe a 'ndà a patoma henha l'balì (è brutto andare a dormire senza letto)

Fine.

Saluti
Pendughet






Regole di grafia del dialetto bergamasco -


dall'Eco di Bergamo . Una lettera di un appassionato amatore dialettale.





Dialetto bergamasco: nella grafia ci sono regole da rispettare
Egregio direttore,
avendo letto in questi ultimi tempi alcune contestazioni riguardanti l'esatta grafia del dialetto bergamasco, mi son ricordato di alcuni versi, scritti naturalmente in dialetto, e distribuiti ai miei allievi del corso di grammatica bergamasca al Ducato di Piazza Pontida, ingiungendo loro: «Studiate a memoria questi versi e avrete... quasi imparato la grafia del dialetto». Ve ne spedisco nel caso possano interessare.
Gramàtica bergamasca in vèrs - 1 - Silabare.
Regordìv: sö l'o e sö l'e / sèmper sö l'acènt, và bé? / Méno söi preposissiù, / söi pronòm ch'i è segondare. / Pò l'me dis ol silabare, / che per l'a, per l'u e per l'i, / mè pensàga ü tantinì. / Coi paròle ch'i và piane / gh'è bisògn gna de scalmane: / se i fenéss co la vocàl, / mètel sö l'sarèss ü fal; / se i fenéss in consonànt, / lassàl fò l'è de ignorànt. / Tat s'i è móce gh'è l'acènt, / quat s'i slissa vià col vènt.
S'i gh'à dóma ü silabì, / sées in a, che in u, che in i, / per no viga del de dì, / fémga sura ü bèl cuì.
Ma se 'nvéce i è serade, / disém pör "consonantade", / mèi lassàle al natüràl / come sul, o fil, o pal. / Però, atèncc: lassél mia zó, / com'ó dicc, de l'e e de l'o. / Per finì, gh'è mia perìcol / de dösì acentà l'artìcol.!
Ma ste acèncc, in fì d'la féra, / vài metìcc in che manéra?
Se la pónta l'è a mansina, / la vocàl l'è strenciulina; / se l'è a drécia, ol fiàt la 'ncarga, / la vocàl la vé fò larga.
Ricordatevi: sulle o e sulle e apporre sempre l'accento, va bene? Meno sulle preposizioni, sui pronomi cosiddetti secondari. Poi mi dice il sillabario, che per le a, per le u, e per le i bisogna pensarci un pochettino. Con le parole che vanno piane (sillaba tonica la penultima) non c'è bisogno neanche di allarmarsi: se terminano con la vocale, metter l'accento sarebbe un fallo; se terminano in consonante, non apporlo sarebbe da ignorante. Tanto se son tronche ci va l'accento (tronche: tonica l'ultima), tanto se scivolano via col vento (sdrucciole: tonica la terzultima). Se hanno solo una piccola sillaba, sia in a, che in u, che in i (monosillabi uscenti in vocale) per non avere contestazioni mettiamogli sopra un bel codino. Ma se invece sono chiuse, diciamo pure «consonantate» (monosillabi uscenti in consonante) meglio lasciarle al naturale, come sole, o filo, o palo. Però, attenti, non lasciatelo mancare, come ho detto, alle e e alle o. Per finire, non c'è pericolo di dover accentare l'articolo.
Ma questi accenti, alla fin fine, vanno messi in che maniera? Se la punta è a mancina (/) (accento acuto, vocale stretta o chiusa) la vocale è strettolina, se è a diritta, carica il fiato (\) (accento grave, vocale larga o aperta) la vocale vien fuori larga.
Carmelo Francia


Saluti
Pendughet

...Trasumanar m'è dolce in questo mar
(Leopardi)
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pendughet
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Re: La Transumanza del gregge in Valle Brembana

Messaggio da pendughet »

Riprendo volentieri questo tema in questi giorni perchè proprio adesso le greggi di ovini e armenti sono arrivati da noi , nei prati della pianura.
Proprio oggi mi sono imbattuto in due grossi greggi nei prati circostanti.
Antichissimo movimento , la transumanza, che come un pendolo regola e scandisce il tempo dell'allevatore, conosciuto in tutto il Mediterraneo dalla Spagna alla Turchia fino al MArocco e la Siria.
Pensate, nei Balcani addirittura esistono due paesi per la stessa comunità.
Uno per l'inverno, in pianura ( Valacchia ) e uno per la montagna ( valli della Maritza del Vardar e dell' alto Epiro) ).
Entrambi vuoti per sei mesi all'anno e abitati per gli altri sei mesi.
Con lo stesso disegno urbanistico, stessa disposizione delle case e stesso nome .
Si differrenziano solo per la parola "sopra o "sotto" messo a fianco del nome.
Non siamo certo noi ad avere inventato le seconde case.
I movimenti degli armenti avvenivano in occasione di San Giorgio - verso la montagna e San Demetrio - verso la pianura.
Uomini e donne molto resistenti alle fatiche, con una lunghissima tradizione alle spalle, poco amanti del progresso e della modernità ma con un fortissimo senso della famiglia dell'onore e dell'ospitalità , come d'altronde lo hanno anche i nostri pastori.
Una curiosità.
Anche questa comunità, come tutte le comunità chiuse parlano una propria lingua non scritta, antica , simile a quella parlata dagli Slavi quando invasero i Balcani alla caduta dell'Impero romano( IV e V secolo).
Come il Gaì , da noi , lingua criptica traslata parlata dai nostri pastori Brembani e Seriani e ben compresa dalle stesse comunità di pastori valtellinesi e engadinesi.
Saluti
Pendughet
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