Lupi in Valle Brembana - Alpi e prealpi Orobie

Le numerose specie di animali selvatici nelle Alpi Prealpi Orobie e specificatamente in Valle Brembana
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Re: Lupi in Valle Brembana - Alpi e prealpi Orobie

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tratto da L'Eco di Bergamo di Giovedi' 21 Ottobre 2010

Cercavo funghi in quota ho incontrato un lupo

Al lupo, al lupo! E questa volta non sembra essere uno scherzo: si fanno infatti sempre più frequenti le segnalazioni relative alla presenza di questo animale nelle alte valli bergamasche e sul Sebino, nella zona compresa tra Iseo e Sale Marasino. Sulle montagne che sovrastano la sponda bresciana del Sebino, da alcuni mesi gli allevatori di pecore e capre si trovano al mattino a dover far la conta dei danni subiti nella notte. In media ogni sette-dieci giorni, qualcuno di loro trova nei recinti pecore morte, di solito con la gola lacerata dai morsi. Considerate le modalità di attacco del predatore, e gli animali presi di mira, gli allevatori bresciani sono convinti che in zona ci sia un lupo o addirittura un branco di questi animali.

E chiedono l’intervento delle istituzioni per mettere in sicurezza i loro allevamenti ed essere risarciti dei danni subiti. Nessuno finora è riuscito a fotografare o a filmare i predatori in questione. Nemmeno le telecamere piazzate dalla polizia provinciale di Brescia a Piane di San Martino (Iseo) sono riuscite a riprendere l’animale che nella notte si è introdotto in un recinto uccidendo due pecore. Alcuni allevatori però dicono di aver visto la sagoma di un lupo. Più prudente la polizia provinciale bresciana: non avendo elementi certi per sostenere questa tesi, ipotizza anche che a uccidere pecore e capre possano essere stati cani inselvatichiti. La sede di Sondrio dell’Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna ha analizzato le carcasse di alcuni animali trovati morti sui monti del Sebino e ha potuto stabilire soltanto che a ucciderle è stato un «canide », famiglia cui appartengono sia il lupo sia il cane domestico.

Chi crede che il lupo sia tornato anche in Bergamasca è Marcello, un fungaiolo che frequenta i boschi della Valle Brembana e che nei giorni scorsi ha lasciato sul sito internet http://www.valbrembanaweb.com la sua testimonianza: «Sabato alle 9,30 stavo raccogliendo funghi in Val Terzera. Mi trovavo in un prato al margine del bosco. Sul posto c’era una nebbia fittissima, l’umidità era molto forte e la temperatura intorno ai 6-7 gradi. Ho sentito lievi rumori “anomali” e ho avuto la sensazione della presenza di qualche animale. A una distanza di circa 20 metri, al limitare del bosco, ho visto quello che non posso escludere essere né un cane né un lupo». «Mi guardava fermo» «Mi guardava fermo con il muso diritto e il capo leggermente ruotato – prosegue nel suo racconto l’escursionista bergamasco –. L’incontro è durato non più di due o tre secondi. Era un animale di altezza e proporzioni del tutto simili a un grosso cane lupo o, molto meglio, a un incrocio tra un husky e cane lupo, dal colore beige molto chiaro. Quello che in quei brevi istanti ho potuto apprezzare era la floridezza del muso dal naso nero e una espressione che definirei incuriosita.

GIUSEPPE ARRIGHETTI
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Il Lupo nel Parco delle Orobie Bergamasche

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MONITORAGGIO - DEI GRANDI PREDATORI - NEL PARCO DELLE OROBIE BERGAMASCHE

A cura di: Alberto Meriggi Pietro Milanesi Chiara Crotti Linda Mazzoleni

Il LUPO - Filogenesi e sistematica

L’attuale Lupo, Canis lupus, comparve nel Pleistocene inferiore, tra 1 e 2 milioni di anni fa, in Eurasia, in vasti territori occupati dalla tundra e solo 750.000 anni fa si diffuse in America Settentrionale attraversando le terre emerse che occupavano l’attuale stretto di Bering. La famiglia dei Canidi, tra le più primitive dei Carnivori, è suddivisa in tre sottofamiglie: Canini, Simocionini e Otocionini. Alla Sottofamiglia dei Canini appartiene il genere Canis che include complessivamente 7 specie: il lupo (Canis lupus L.,1758), il coyote (C. latrans Say, 1832), lo sciacallo dorato (C. aureus L.,1758), lo sciacallo striato (C. adustus Sundevall, 1847), lo sciacallo della gualdrappa (C. mesomelas Schreber, 1755), il lupo rosso (C. rufus Bailey, 1905) e il lupo abissino o sciacallo del Simiem (C. simiensis Ruppel, 1869). L’ampia distribuzione latitudinale della specie Canis lupus comporta una grande variabilità fenotipica, evidente nelle dimensioni corporee e nelle colorazioni del mantello delle diverse sottospecie e razze locali. La sistematica del lupo è stata influenzata da questa variabilità, che spinse i primi tassonomi a riconoscere diverse sottospecie, soprattutto in base alla morfometria e alla distribuzione geografica. Attualmente, vengono riconosciute 5 sottospecie nel continente americano e 8 in quello Eurasiatico, anche se l’applicazione di moderne tecniche genetiche potrebbe portare ad una ulteriore revisione del numero di sottospecie. In Italia, e più precisamente negli Appennini, fu descritta la sottospecie italicus (Canis lupus italicus Altobello, 1921), la quale, dopo controversie durate per anni, è risultata sufficientemente divergente dalle altre sottospecie eurasiatiche, come hanno dimostrato approfondite analisi genetiche e biometriche (Nowak e Federoff, 2002).
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Il LUPO - Morfologia

Il lupo è il rappresentante del genere Canis di maggiori dimensioni; la corporatura slanciata, con arti lunghi e dritti e torace ampio, è quella di un tipico trottatore adatto a coprire lunghe distanze. Il cranio ha un aspetto affusolato e al contempo robusto rispetto a quello delle diverse razze canine, con ampie arcate zigomatiche e cresta sagittale per consentire l’inserzione dei potenti muscoli masseteri e temporali. La canna nasale è lunga e lo stop frontale è poco pronunciato, le orecchie sono brevi e il collo è corto e robusto. Il peso del lupo italiano è di 25-35 Kg con massimi di 40-45 Kg. La lunghezza del corpo misurata tra la testa e la base della coda è di 100-140 cm, la coda di 30- 40 cm, l’altezza al garrese di 70-80 cm. Le femmine sono leggermente più piccole dei maschi. Il mantello del lupo in Italia si presenta grigio-fulvo con una striscia più scura che percorre dorsalmente l’intero animale sino alla coda, fianchi grigio-fulvi con addome fulvo più chiaro. La testa è grigia con muso fulvo; guance, mento e gola bianchi; folti e lunghi peli grigio-neri circondano il collo e sono limitati inferiormente da una banda più scura, mentre gli arti anteriori hanno una striscia scura longitudinale. Negli ultimi anni individui con fenotipo nero sono stati avvistati sull’Appennino Settentrionale e sono stati erroneamente interpretati come casi d’ibridazione con cani inselvatichiti (Anderson et al, 2009). Il lupo è difiodonte; la dentatura da latte, composta da 28 denti (I 3-3; C 1-1; P 2-2; M 1-1), è completa entro il terzo mese di età e viene sostituita da quella definitiva, composta da 42 denti (I 3- 3; C 1-1; P 4-4; M 2-3), entro il settimo. Nel lupo sono particolarmente sviluppati i potenti denti ferini o carnassiali, deputati al taglio della carne e dei tendini.
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Il LUPO - Comportamento sociale e riproduzione

Il lupo è una specie sociale che vive in nuclei familiari o in branchi strutturati. I nuclei familiari sono composti da una coppia di riproduttori e dai cuccioli che rimangono coi genitori fino al momento della successiva riproduzioni e poi si allontanano per trovare nuovi territori da colonizzare. Nei branchi strutturati, invece, oltre al maschio e alla femmina alfa sono presenti anche alcuni individui sub-adulti (di età inferiore ai 22 mesi) o di rango gerarchico inferiore (Mech, 1970). Oltre a queste unità sociali, in una popolazione di lupo sono presenti individui solitari e piccoli gruppi di sub-adulti. In popolazioni in fase di espansione, oppure sottoposte a elevata mortalità, o in situazioni di carenza di prede, l’unità sociale fondamentale è la coppia di riproduttori. Questa è la struttura di popolazione più diffusa in Italia, anche se negli ultimi tempi è aumentata la frequenza di branchi strutturati, probabilmente in relazione all’incremento delle popolazioni di ungulati selvatici e della densità della popolazione di lupo. La dimensione dei branchi e l’importanza relativa delle diverse forme di aggregazione dipendono dalla densità di popolazione, della disponibilità di prede e dalle loro dimensioni e comportamento sociale. Per l’Italia, le stime disponibili danno una dimensione dei branchi variabile tra 2 e 7 individui in tarda estate (Boitani e Ciucci, 1998), ma nell’Appennino piacentino è stato osservato un gruppo di 12 lupi nel 2009; nel nostro Paese non vengono, comunque, raggiunti i valori noti per l’America settentrionale, dove il branco può variare tra i 2 e i 15 individui con casi eccezionali di 36 individui in Alaska (Rausch, 1967). Ciascun branco occupa un territorio che viene difeso e delimitato nei confronti dei branchi confinanti attraverso la marcatura con escrementi in siti strategici e mediante emissioni vocali che coinvolgono tutti i membri (ululati corali). Gli individui solitari e i piccoli gruppi non sono impegnati nella difesa attiva di alcun territorio e si spostano tra quelli dei branchi stabili, con cui evitano i contatti (Mech, 10 1974). Le dimensioni dell’area vitale di un branco possono essere molto variabili e influenzate dalle dimensioni del branco, dalla densità e dal comportamento spaziale delle prede (migrazioni, spostamenti, erratismi). In Italia le aree vitali possono variare da 75 a 300 Km2 (Boitani e Ciucci, 1998). La riproduzione è preceduta da una fase di corteggiamento che può avere una durata variabile; l’estro delle femmine dura circa 5-7 giorni (Mech, 1974) e avviene un’unica volta durante l’anno in un periodo che, secondo la latitudine, può variare tra gennaio e marzo (in Italia tra gennaio e febbraio). La gestazione ha una durata di circa 60 giorni, al termine dei quali vengono alla luce mediamente 4-6 cuccioli che alla nascita sono ciechi e sordi, pesano intorno ai 500 g e possiedono scarse capacità di termoregolazione (Rutter e Pimlott, 1968). La nascita avviene in una tana scavata appositamente o ottenuta adattando quella di altre specie o rifugi naturali, in uno dei tanti siti di rendez-vous. L’alimentazione è basata esclusivamente sul latte materno fino al ventesimo giorno di vita; in seguito viene progressivamente associato del cibo predigerito che viene rigurgitato ai piccoli e che sostituirà progressivamente il latte nel giro di 20-30 giorni. Dal quarto-quinto mese di vita i giovani assumono un mantello più folto e molto simile a quello degli adulti e sono in grado di seguirli negli spostamenti. Dal settimo mese il giovane ha definitivamente assunto l’aspetto tipico della specie, ma il completamento dello sviluppo dell’apparato scheletrico e le dimensioni definitive saranno raggiunte solo ad un anno di età.
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Re: Lupi in Valle Brembana - Alpi e prealpi Orobie

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Il LUPO - Habitat

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E’ difficile individuare le caratteristiche geomorfologiche, climatiche o vegetazionali che possono definire in maniera univoca l’habitat occupato dal lupo. La specie, infatti, come dimostra l’ampio areale di distribuzione originario, sembra non richiedere requisiti ambientali particolari, quanto, piuttosto, una buona disponibilità di prede e la mancanza di fattori di disturbo, i quali possono interagire negativamente con la riproduzione, l’allevamento dei piccoli e le diverse forme d’interazione sociale. In Europa come in America settentrionale, in ogni caso, sembra che la probabilità di presenza e la densità di popolazione aumentino con l’aumentare dell’abbondanza e diversità delle prede, e con la copertura forestale, mentre diminuiscono con il disturbo antropico (densità di abitanti, sviluppo della rete viaria, presenza di centri abitati) (Meriggi e Massolo, 1998; Corsi et al., 1999; Glenz et al., 2001; Cayuela, 2004; Potvin et al., 2005; Jedrzewieski 2008).
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Il LUPO - Ecologia alimentare

In generale il lupo è tipicamente un predatore di grandi erbivori selvatici, che però può adattarsi alla carenza delle specie preda preferite utilizzando le diverse specie di bestiame e prede alternative come Lagomorfi e Roditori. In America settentrionale e in Europa settentrionale e orientale la dieta del lupo è incentrata sempre sugli ungulati selvatici, mentre per l’Europa meridionale risulta più diversificata in risposta alle maggiori interferenze che le attività umane hanno avuto sull’ambiente. (Okarma, 1995; Peterson e Ciucci, 2003). Nella regione mediterranea il lupo si è localmente specializzato a nutrirsi di categorie alimentari come erbivori domestici, frutti e rifiuti come probabile risposta alla diminuzione degli erbivori selvatici (Ragni et al., 1985; Reig et al., 1985; Salvador et al., 1987; Meriggi et al., 1991). Nel massiccio del Mercantour (Francia sudorientale), area di recente espansione, dove esiste una comunità di ungulati selvatici molto ricca e diversificata, la dieta del lupo è composta per circa il 97% da ungulati selvatici, prevalentemente muflone e camoscio, con piccole variazioni stagionali (Poulle et al., 1997). In Italia la dieta del lupo si è spostata nel tempo verso un sempre maggiore utilizzo degli ungulati selvatici, in particolare nell’Appennino settentrionale e nell’arco alpino occidentale (Meriggi et al., 2010, 2011). Questa tendenza è dovuta da una parte all’incremento generalizzato delle popolazioni di ungulati selvatici e dall’altra all’espansione della popolazione di lupo nell’arco alpino occidentale e centrale, dove il predatore ha trovato una notevole disponibilità di grandi erbivori selvatici (Avanzinelli, 2002; Marucco, 2002; Capitani et al., 2004; Gazzola et al. 2005, 2007). Se nell’Appennino le specie di ungulati selvatici a disposizione del lupo sono cinghiale, capriolo, daino, cervo e talvolta muflone, sulle Alpi il predatore ha a disposizione anche stambecchi e camosci che può predare o utilizzare come carogne. Diversi studi hanno dimostrato l’esistenza di una significativa correlazione negativa tra la frequenza di comparsa nella dieta degli ungulati domestici e di quelli selvatici. Inoltre, la presenza di comunità di ungulati selvatici ricche e diversificate è risultato il fattore chiave per una riduzione consistente della predazione a carico del bestiame, mentre in situazioni più povere, dove prevale un’unica specie, anche se abbondante, la predazione sul bestiame rimane importante (Meriggi e Lovari, 1996; Meriggi et al. 2010, 2011). Gli episodi di predazione costituiscono il principale problema per la conservazione del lupo, in quanto possono condurre ad un’intensa persecuzione. Questo si verifica anche in regioni dove vi è una contemporanea presenza di ungulati selvatici e domestici, e dove questi ultimi sono localmente abbondanti e non adeguatamente protetti. Infatti, nelle regioni dell’Appennino centromeridionale, in cui il lupo è sempre stato presente, la prevenzione dalle predazioni è perseguita con diversi sistemi (sorveglianza delle greggi o mandrie, ricovero notturno, recinti anti-lupo), mentre nelle aree in cui il predatore è stato per molto tempo assente, la mancata “coevoluzione” tra modalità di allevamento epresenza del lupo genera forti conflitti.
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Re: Lupi in Valle Brembana - Alpi e prealpi Orobie

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Il LUPO - Distribuzione

Dopo le forti contrazioni dell’areale europeo, avvenute tra il 1800 e il 1900 in seguito a una decisa e diffusa opera di eradicazione della specie, nell’ultimo ventennio, molte regioni d’Europa sono state interessate da importanti segnali di ripresa delle popolazioni, con spontanei processi di ricolonizzazione di territori un tempo occupati stabilmente. Tali processi sono legati sia alla diminuzione della persecuzione, in seguito all’adozione di politiche di conservazione e tutela ambientale, sia alle naturali caratteristiche biologiche del lupo (dispersione, capacità d’adattamento, potenziale riproduttivo), sia all’incremento delle popolazioni di ungulati selvatici, sia, infine, all’incremento della naturalità del territorio nelle aree meno sfruttate dal punto di vista agricolo e urbano. In Europa orientale popolazioni molto consistenti si conservano nei territori dell’ex Unione Sovietica, nonostante che nel secondo dopoguerra siano stati attuati pesanti programmi di controll numerico che sino al 1991 non hanno risparmiato neppure le aree protette (Ovsyanikov e Poyarkov, 1996). Nei paesi dell’Europa settentrionale il lupo, ampiamente diffuso sino agli inizi dell’800, ha seguito il trend degli altri stati europei con una frammentazione della popolazione in piccoli nuclei nel sud della Svezia, Norvegia e nei territori nord orientali della Finlandia. Dal 1950 sono stati documentati successivi fenomeni di dispersione d’individui provenienti dalla Karelia Sovietica (ex URSS) verso i confinanti territori finlandesi, che hanno portato la popolazione di questo paese a circa 100 unità agli inizi del 1980 (Pulliainen, 1980). Il basso grado di antropizzazione degli ampi territori della Russia europea, consente il mantenimento di alte consistenze numeriche, ed è responsabile anche dei processi di espansione della specie nei Paesi dell’Europa centro-orientale come Ungheria, Romania, Polonia e, più di recente, Germania orientale, dove la presenza è però confinata alle zone forestali (Mech e Boitani, 2003; Ansorge et al. 2006). La porzione mediterranea dell’areale si frammenta tra la Spagna, che detiene una popolazione variabile tra i 1.500-2000 lupi (Blanco et al, 1990), la confinante regione nord orientale del Portogallo, l’Italia, i Paesi balcanici e la Grecia. In Francia, interessanti segnali di ripresa vengono dal Massiccio del Mercantour nelle Alpi francesi meridionali, dove nel 1992 è stata registrata la presenza di 2 individui appartenenti alla popolazione italiana (Poulle et al., 1997), che attraverso le Alpi Marittime si sta progressivamente espandendo anche nei settori sud occidentali delle Alpi Svizzere. Ad oggi si ritiene ci siano circa 40 lupi sulle Alpi francesi (Progetto Life Coex). In Italia fattori come la persecuzione diretta, la riduzione delle prede selvatiche, la perdita di habitat idonei alla riproduzione, l’elevato grado di antropizzazione e il randagismo canino (in particolare nel centro e nel sud del paese) hanno seriamente limitato la consistenza e la distribuzione del lupo. I primi dati sulla distribuzione del lupo sono di Ghigi (1911), cui sono seguite indagini sistematiche condotte in tempi diversi (Cagnolaro et al., 1974; Zimen e Boitani, 1975; Boscagli, 1985; Francisi e Guberti, 1993). Ampiamente diffuso nell’intera penisola, il lupo si è dapprima estinto nella regione alpina e successivamente in tutto il nord Italia, già a partire dal 1897, anno a cui risalgono gli ultimi esemplari abbattuti nelle Alpi Orobie (Meriggi, 2001). Nei primi del ‘900 la specie si mantiene nell’Appennino centro meridionale, tra la Romagna e l’Aspromonte, mentre dagli anni ’40 risulta estinta in Sicilia. Nel ventennio successivo il secondo conflitto mondiale, la situazione del lupo si fa ancor più critica, con la scomparsa nell’Appennino tosco-emiliano e la frammentazione in nuclei distinti in quello meridionale. Dal 1971 sulla specie, fino al momento cacciabile con ogni mezzo, è stato posto il divieto di caccia che è divenuto definitivo nel 1976. Intorno alla metà degli anni ’70 si assiste alla ripresa della popolazione con una graduale espansione lungo la catena appenninica. Negli anni ’80 l’area di distribuzione aumenta del 50% circa (Boitani, 1986); quattro le principali aree di presenza: la più vasta tra Molise, Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche; la seconda tra Lazio settentrionale e Toscana; la terza tra Campania, Basilicata e Calabria settentrionale; l’ultima e più ridotta nel massiccio della Sila. Nell’Italia settentrionale la presenza della specie viene registrata nell’Appennino tosco-romagnolo e ligure (Matteucci, 1987; Meriggi et al., 1991). L’attuale distribuzione del lupo in Italia comprede l’intera catena appenninica, dalla Liguria all’Aspromonte, con importanti nuclei anche nelle zone collinari del Lazio settentrionale e della Toscana centro meridionale (Boitani e Ciucci, 1998). Dalle Alpi Marittime la specie ha cominciato a ricolonizzare l’arco alpino da ovest, con segnalazioni certe nel cuneese (Val Stura e Val di Susa) e formando nuclei stabili anche in Francia (massiccio del Mercantour). L’analisi genetica di escrementi rinvenuti in Val Ferret (Svizzera), ha consentito di identificare, tra gli anni 1995/’96, due lupi come appartenenti alla popolazione italiana: essi rappresentano così gli esemplari più settentrionali sino allora individuati. Di recente la presenza del predatore è stata segnalata e verificata anche nel Parco del Gran Paradiso e in Val d’Ossola.

La popolazione italiana di lupo consisterebbe di 400-500 unità dato questo, estrapolato dal valore di densità media all’interno dell’areale di presenza assumendo una densità comparabile tra tutti i comprensori (Corsi et al., 1999). La popolazione italiana di lupi potrebbe però essere sottostimata se si considera che, da una ricerca triennale di monitoraggio genetico non-invasivo, condotto nella porzione emiliano-romagnola dell’Appennino settentrionale tramite raccolta e caratterizzazione genetica delle feci di lupo, sono stati individuati, dal 2002 al 2005, 193 genotipi differenti di lupo (Regione Emilia – Romagna e I.N.F.S. 2005).

La presenza del lupo nelle Alpi lombarde è stata continua fino alla seconda metà dell’800, quando sono stati avvistati e uccisi gli ultimi esemplari: un individuo, di un gruppo di 3 o 4, a San Cassiano Valchiavenna nel 1895, e altri due nelle Alpi Orobiche, due anni più tardi, nel 1897. La ricomparsa del lupo in Lombardia è databile al 1986, quando alcuni esemplari, in dispersione lungo la catena appenninica, si sono stabiliti, riproducendosi, nella zona di confine tra Lombardia, Emilia, Piemonte e Liguria. Nella zona alpina, invece, la presenza del lupo è stata segnalata solo di recente; in particolare la prima valle a essere interessata dalla ricolonizzazione da parte della specie è stata la Val Seriana (BG), dove già nel 2000 un sopralluogo, mirato ad accertare la presenza del predatore, ha permesso di ritrovare segni di presenza certi di 2-3 esemplari. Nel 2001 è stata segnalata la presenza della specie in Valchiavenna, probabilmente individui giovani in dispersione dalla Svizzera, dove il lupo è dato presente dal 1995, e, successivamente, nel 2003, è stata accertata la presenza di 2 lupi diversi nella valle di Belviso, laterale della Valcamonica. Contemporaneamente alle segnalazioni della presenza del predatore, sono stati anche osservati casi di predazione su bestiame, in particolare ovini, per il momento ancora contenuti.
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Re: Lupi in Valle Brembana - Alpi e prealpi Orobie

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Le osservazioni di lupo hanno interessato 14 comuni, principalmente Roncobello, Valbondione e Schilpario
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Re: Lupi in Valle Brembana - Alpi e prealpi Orobie

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Dal 1999 al 2007 i tipi di osservazione sono stati principalmente gli avvistamenti diretti, seguiti dalle predazioni; nel 2008/’09, invece, è stata registrata una preponderanza di escrementi e ritrovamenti di impronte. Nell’ultimo periodo di studio è stato rilevato un consistente numero di impronte e avvistamenti diretti e, inoltre, è stata individuata una tana.
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