Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

Le numerose specie di animali selvatici nelle Alpi Prealpi Orobie e specificatamente in Valle Brembana
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Subiot
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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Mi premetto di postare la seguente notizia apparsa su : trentinocorrierealpi.gelocal.it di oggi

Il Wwf del Trentino: "Gli orsi pericolosi vanno abbattuti"
Proposta choc dell'associazione ambientalista per favorire la convivenza fra gli orsi e la popolazione: "Si dovrà avere il coraggio e la forza di togliere dal territorio gli orsi che andranno a manifestare continui comportamenti pericolosi o troppo invasivi"
TRENTO. Per favorire la convivenza fra gli orsi e la popolazione del Trentino dovrà essere consentito abbattere gli esemplari pericolosi.

Lo sostiene il rappresentante Wwf nel Comitato provinciale fauna Alessandro de Guelmi. "Si dovrà avere il coraggio e la forza di togliere dal territorio gli orsi che andranno a manifestare continui comportamenti pericolosi o troppo invasivi", sottolinea de Guelmi secondo cui "qualora tutte le strategie previste dal protocollo di intervento internazionale, adottato anche dalla Provincia autonoma di Trento, si rivelassero insufficienti e l'animale continuasse ad assumere atteggiamenti inaccettabili, dovrà essere consentito intervenire anche attraverso il suo abbattimento".

"L'abbattimento di questi individui problematici - prosegue de Guelmi - è indispensabile per impedire la trasmissione, sia per imitazione diretta, sia per via genetica ai discendenti, di comportamenti eccessivamente confidenziali, inaccettabili per una corretta convivenza uomo-orso. Si contribuirebbe inoltre a creare una popolazione di orsi maggiormente diffidente ed elusiva e perciò con maggiori possibilità di sopravvivenza".

Il recinto di Casteller, alle porte di Trento, dove è stata rinchiusa per lungo tempo l'orsa Jurka, giudicata problematica , è costato molto più di quanto si sia speso per il risarcimento di tutti i danni da orso, sottolinea de Guelmi, secondo cui "non ha alcuna valenza nè biologica nè culturale costruire recinti al fine di imprigionare a vita altri orsi".

Un altro orso trentino, Bruno, che era figlio di Jurka, venne abbattuto in Baviera dove aveva sconfinato, mentre suo fratello, nome in codice JJ3, è stato abbattuto in Svizzera

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GIU' LE MANI DALL'ORSO..
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Tempi duri per l'orso Ora rischia di sparire

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dal quotidiano Il Tempo

Tempi duri per l'orso, ora rischia di sparire

Dalle Alpi agli Appennini tempi duri per gli orsi. Il simpatico plantigrado, protagonista qualche volta di incursioni in pollai e in dispense che custodiscono golose tentazioni, ha bisogno di maggiore tutela e misure in grado di disinnescare la conflittualità tra questo animale e le attività agricole e pastorali. Soprattutto in certe zone del basso Lazio dove a sentire un esperto come Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf «rischiano grosso soprattutto a causa delle esche avvelenate». Bocconi mortali «destinati non tanto a loro ma ai cani da tartufo dell'avversario» Una guerra del tubero tra competitori nell'area, nella quale il plantigrado, si è trovato in mezzo e che rischia di rendere ancora più problematica la presenza e l'esistenza in buona salute di animali tanto maestosi quanto fragili.

Per questo ieri è stato presentato presso la sede romana della Regione Abruzzo, il progetto per «Life Arctos Conservazione dell'orso bruno: azioni coordinate per l'areale alpino e appenninico». Alla presentazione il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, le nove amministrazioni partner: le Regioni Abruzzo, Lazio, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, la Provincia autonoma di Trento, il Corpo Forestale dello Stato, il Parco Naturale Adamello Brenta, l'Università di Roma La Sapienza e il Wwf Italia. Uno schieramento di forze in campo che dovrebbe annichilire qualsiasi malintenzionato, sia bracconiere o allevatore col gregge al pascolo abusivo, che punta a difendere questi mammiferi ridotti a un numero sempre più esiguo. L'ultimo censimento parla di 50 esemplari ancora esistenti in base a una ricerca condotta nei territori del Parco d'Abruzzo, Lazio e Molise e zone limitrofe, con una riduzione della percentuale di sopravvivenza dal 5 al 3,2%.

«Sono pochi - dice Pratesi - perché per aumentare di numero hanno bisogno di territorio dove espandersi». Il progetto sull'orso bruno durerà quattro anni, vuole facilitare lo sviluppo di azioni tali da contrastare le minacce che la specie si trova ad affrontare: la frammentazione dell'habitat, l'eccessivo sviluppo di infrastrutture, forme di caccia non compatibili e il bracconaggio. Oltre a questi l'obiettivo è anche il contrasto di una zootecnia in trasformazione verso forme di pascolo brado, in particolar modo quello bovino ed equino a livello appenninico, che mal si conciliano con la presenza dell'orso. Il primo punto di forza di questo progetto è la volontà di mettere in connessione chi si occupano di conservazione dell'orso sull'Appennino con chi lo fa sulle Alpi. Ricordando che non esistono orsi "problematici" da esiliare dai territori a causa di qualche scorribanda il Wwf chiede coerenza alle istituzioni.

«Non è più possibile dichiarare a parole il valore e l'importanza dell'orso per poi approvare e promuovere interventi che incidono pesantemente sull'ambiente dove l'orso vive e quindi sulla possibilità di conservarlo» dice Massimiliano Rocco, responsabile per le specie del Wwf Italia. Agli abbruzzesi in particolare, che hanno imparato ad amare e convivere con l'orso, Fulco Pratesi chiede sostegno per la conservazione di «un animale che rappresenta un gioiello, un valore per tutti e una ricchezza in termini di ritorno turistico». Confidando in cuor suo lo stesso atteggiamento anche nel basso Lazio dove finora orsi, lupi e avvoltoi sono brutalmente tolti di mezzo. Se questa è l'aria che tira agli orsi conviene per il momento prolungare il letargo...

http://www.iltempo.it/interni_esteri/20 ... orso.shtml
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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Parco Regionale delle Orobie Bergamasche - Dipartimento di Biologia Animale - Università di Pavia
MONITORAGGIO - DEI GRANDI PREDATORI - NEL PARCO DELLE OROBIE BERGAMASCHE

A cura di: Alberto Meriggi Pietro Milanesi Chiara Crotti Linda Mazzoleni

l'ORSO - Filogenesi e sistematica

La famiglia Ursidae è composta da 4 sottofamiglie: Ailuropodinae, Agriotherinae, Tremarctinae, Ursinae. Nella sottofamiglia Ursinae sono descritte 6 specie: Ursus arctos (Linnaeus 1758) o Orso bruno, Ursus americanus (Pallas 1780) o Orso nero americano o baribal, Ursus maritimus (Phipps 1774) o Orso polare o bianco, Ursus thibetanus (Cuvier 1823) o Orso tibetano, Melursus ursinus, (Shaw 1791) o Orso labiato, succhiatore o giocoliere, Helarctos malayanus (Raffles 1822) o Orso malese o biruang. Attualmente è accreditata l’ipotesi che esistano almeno 10 sottospecie di Ursus arctos di cui due localizzabili in America settentrionale, e le altre diffuse in Eurasia (Servheen, 1990; Kitchener, 1994; Chestin, 1998; Servheen et al., 1999). Le due sottospecie americane sono anche più conosciute, ovvero l’orso grigio o Grizzly (Ursus arctos horribilis Ord, 1815) localizzato tra Alaska e Canada ed il Kodiak (Ursus arctos middendorffi Merriam, 1896) presente nelle isole Kodiak e in isole vicine all’Alaska. In Asia invece possiamo localizzare: in Tibet e Kansu , l’Ursus arctos pruinosus (Blyth, 1854), in Pamir, Tian-Shan, Afganistan, Kashmir e Punjab l’Ursus arctos isabellinus (Horsfild, 1826), in Asia Minore, Siria, Persia e Caucaso l’Ursus arctos syriacus (Hemprich & Ehrenberg, 1828). In tutta Europa e nell’Asia settentrionale è presente l’Ursus arctos arctos (Linnaeus, 1758), tranne che nell’Italia centrale dove è presente una popolazione relitta di Ursus arctos marsicanus (Altobello, 1921). In queste sottospecie vi sono variazioni locali nella dimensione del corpo, struttura del cranio, e colorazione della pelliccia, dovute a una parziale differenziazione genetica (Ishibashi, 2003).
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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l'ORSO - Morfologia

L’orso bruno è un animale molto robusto e forte, con una solida e sviluppata ossatura. Il dimorfismo sessuale consiste nella differenza di mole, generalmente le femmine hanno un peso inferiore del 25-30% rispetto ai maschi adulti. Il peso si aggira tra 80 e 300 Kg per i maschi e tra 65 e 220 Kg per le femmine. La differenza di peso tra la nascita e gli stadi adulti è tra le più elevate di tutto il regno animale. I cuccioli, infatti, alla nascita hanno un peso variabile tra 300 e 400 g, da adulti possono incrementare la loro massa di 500-600 volte (Daldoss, 1981; Boscagli, 1988). La crescita dei cuccioli è lenta nelle fasi di allattamento, ma accelera non appena cominciano a nutrirsi da soli. A 15-16 mesi pesano già dai 16 ai 23 Kg ma possono continuare a crescere fino ai 15-16 anni a ritmo di 10-15 Kg all’anno (Couturier, 1954). Nel corso dell’anno l’orso subisce notevoli variazioni di peso, durante il semiletargo, può perdere fino al 25% del suo peso autunnale (Hissa, 1997). L’altezza media al garrese, negli individui adulti, è variabile da 75 a 120 cm mentre la lunghezza del corpo è tra 130 e 250 cm. Il mantello dell’orso è molto folto e di color bruno-rossastro con gli apici dei peli più chiari tendenti al dorato, nei giovani il pelo è più scuro e presenta la caratteristica macchia bianca a forma di collare. La denominazione di plantigrado viene assegnata per la peculiarità di appoggiare tutta la pianta del piede a terra. Sotto le zampe anteriori e posteriori si notano ampi cuscinetti plantari; le zampe terminano con cinque dita munite di unghie non retrattili. Nella dentatura si notano incisivi non specializzati, canini allungati, premolari e molari con cuspidi arrotondate. Avendo perso la caratteristica dei denti ferini (tipici dei carnivori), la dentatura dell’orso è definita di tipo bunodonte (Couturier, 1954; Clevenger, 1994).
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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l'ORSO - Comportamento sociale e riproduzione

L’orso è una specie solitaria con sistema d’accoppiamento poligamico (Craighead et al., 1995). Il tasso intrinseco di accrescimento molto ridotto è la causa della limitata produttività delle popolazioni. Le femmine vanno in estro una volta sola l’anno per un periodo di 10 giorni circa e solo dopo aver raggiunto il peso dell’individuo adulto. In più i cuccioli rimangono dipendenti dalla madre per … anni e sia le dimensioni della cucciolata, sia l’intervallo compreso tra parti successivi dipendono dallo stato di salute e dal peso della madre (Bunnell e Tait, 1981; Daldoss, 1981; Boscagli, 1988). Fortunatamente esistono anche fattori che favoriscono la riuscita degli accoppiamenti; innanzi tutto l’ovulazione viene indotta solamente dopo l’accoppiamento, in modo da incrementare la possibilità di fecondazione (Craighead et al., 1969; Boone et al., 1998). L’impianto della blastocisti viene differito nel tempo (“delayed implantation”), questo significa che la segmentazione dell’ovulo, quando viene fecondato, procede solo fino allo stadio di blastocisti (circa 300 cellule), poi si arresta e rimane quiescente nella cavità uterina fino a quando la femmina va in letargo (novembredicembre) quindi si impianta nella parete uterina e inizia a svilupparsi. Il periodo di gestazione effettiva dura 6-8 settimane che, aggiunte ai mesi di quiescenza, danno un totale di 7-8 mesi di permanenza media dell’embrione nell’utero (Wimsatt, 1963; Hellgren, 1998). I cuccioli nascono dunque a gennaio-febbraio ciechi, sordi e quasi privi di pelo. Già a due mesi, tuttavia, presentano una folta pelliccia con il tipico collare bianco. Rimarranno insieme alla madre per 15-17 mesi trascorrendo così il primo letargo dopo la nascita accanto a lei in modo da limitare la dispersione di calore. L’età media della prima riproduzione oscilla tra i 6 e gli 8 anni con maggiore successo riproduttivo in età compresa tra i 10 e i 20 anni. L’orso non è territoriale, perché sfrutta risorse alimentari variamente distribuite nell’ambiente e la cui disponibilità nel tempo è molto variabile (Wiens, 1976; Bunnell e Tait, 1981). L’ampiezza delle aree vitali è variabile e influenzata dalla disponibilità di risorse e solitamente è minore nelle femmine rispetto ai maschi (Bjarvall et al., 1990; Huber e Roth, 1993). Durante il periodo antecedente al letargo gli spostamenti aumentano per la ricerca di cibo e di luoghi adatti allo svernamento, fino a che, qualche settimana prima dell’ibernazione, gli orsi riducono i movimenti occupandosi solo del foraggiamento.
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l'ORSO - Habitat

La specie occupa ambienti vasti ed eterogenei, dove il disturbo antropico sia assente o molto limitato. Per l’orso, quindi, è importante avere a disposizione territori ad elevata diversità e complessità ambientale. Per quanto riguarda l’arco alpino sembra sfruttare maggiormente le zone di bosco misto e di latifoglie rispetto al bosco di conifere, probabilmente perché più ricche di sottobosco e di risorse trofiche come frutti, ghiande, faggiole, insetti coloniali, ungulati (Duprè et al., 2000; Swenson et al., 2000). Gli ambienti boschivi che generalmente occupa sono collocabili nella fascia altitudinale compresa tra i 500 e i 1500 metri, caratterizzati dalle più svariate associazioni vegetazionali; le preferenze ambientali variano in funzione delle stagioni e della disponibilità del nutrimento; in autunno, infatti, è facile trovarlo nei fondovalle in cerca di frutti. Tali preferenze contribuiscono a rendere molto difficile l’individuazione di territori idonei al suo insediamento, è, infatti, raro in Italia e in tutta Europa trovare vasti complessi forestali non antropizzati, tranne che nelle zone montuose. Identificare la potenziale distribuzione di una popolazione di orsi attraverso la formulazione e l’applicazione di modelli di valutazione ambientale a un’appropriata scala geografica può aiutare la pianificazione e la realizzazione dei programmi di conservazione della specie, individuando le zone prioritarie per gli interventi da realizzare (Peyton et al.,1999; Posillico et al., 2004).
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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l'ORSO - Ecologia alimentare

L’orso, nonostante la sua appartenenza all’ordine dei Carnivori, ha una dieta decisamente onnivora, con una particolare preferenza per i vegetali (erbe, bacche, frutta, radici), e solo occasionalmente si ciba di carne (Osti, 1975; Zunino, 1976; Garzon et al., 1980; Berducou et al., 1983; Cicnjak et al.,
1987; Fabbri, 1988; Clevenger et al., 1992; Frackowiak e Gula,1992; Swenson et al., 2000; Frassoni, 2002). Per esempio, su un campione di 250 escrementi provenienti dalla popolazione abruzzese, l’85,7 % origine conteneva vegetali di cui erbe per il 47,5 % e per il resto frutta (Zunino, 1976); nei Pirenei, su 482 campioni, la percentuale di vegetali era compresa tra il 75 e l’80 % (Berducou et al., 1983). Altri risultati analoghi sono stati hanno ottenuti in Spagna sui monti Cantabrici, dove su 926 campioni la percentuale di vegetali era dell’84 % (Clevenger et al., 1992). La parte animale della dieta è costituita da insetti, in particolare imenotteri, piccoli mammiferi, ungulati selvatici ed anche specie domestiche, più facili da catturare (Berducou et al., 1983; Clevenger et al., 1992; Frassoni, 2002). L’apparato digerente dell’orso mostra comunque ancora pochi adattamenti alla dieta vegetale, come la dentatura di cui abbiamo già parlato e il tubo digerente leggermente allungato, per il resto lo stomaco non presenta le differenziazioni tipiche degli erbivori e quindi è in grado di digerire i vegetali solo parzialmente (Davis, 1964). Queste caratteristiche particolari gli consentono di incrementare rapidamente il peso nel periodo preletargico. Infatti, grazie a una rapida trasformazione del cibo ingerito (tipico dei carnivori), può nutrirsi molto frequentemente, anche se a scapito di un’efficiente digestione delle fibre e, di conseguenza, accrescere il suo peso. Come predatore non è molto efficiente a causa della sua mole, che comunque sfrutta nelle occasioni in cui caccia, dato che generalmente le sue prede vengono abbattute con zampate su muso, collo o schiena provocando gravi ematomi o fratture (Landers et al.,1979). Buona parte della carne di cui l’orso si nutre proviene da carcasse di animali già morti (Frackowiak e Gula, 1992).

La dieta ha variazioni stagionali: in primavera l’alimentazione è basata su germogli e vegetazione erbacea, che sono particolarmente ricchi di elementi nutritivi e più facilmente assimilabili, e sulle carcasse di ungulati che affiorano con il disgelo (Clevenger et al., 1992; Frassoni, 2002), in estate diminuiscono le parti verdi dei vegetali e aumentano i frutti (lamponi, susine, ciliegie, drupe di sorbo, mirtilli) e gli insetti che forniscono gli amminoacidi scarsi negli altri elementi (Osti, 1975; Berducou et al., 1983; Swenson et al., 2000), in autunno rimane abbondante la componente di frutta (mele, pere, fagiole, ghiande, nocciole) (Landers et al., 1979; Cicnjak et al., 1987; Clevenger et al., 1992; Frassoni, 2002).
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l'ORSO - Distribuzione

L’areale originario dell’orso bruno comprendeva quasi tutta la Regione Oloartica (fino alla tundra), il Messico settentrionale, l’Africa Maghrebina ed il Medio Oriente, fino a Cina e Giappone. Attualmente, la specie si è estinta in molte porzioni dl suo areale, sopravvivendo principalmente dove esistono grandi foreste scarsamente abitate dall’uomo, in presenza di efficace protezione legale. La consistenza attuale in Europa è stimata a circa 50.000 individui che vivono nella parte nord-orientale del continente fino ai Carpazi ed ai Balcani. Altre popolazioni, isolate e di consistenza limitata si trovano nelle regioni montuose dell’Europa meridionale.

Immagine

L’orso in Italia è presente con tre differenti popolazioni, di cui quella dell’Appennino Centrale, costituita dalla sottospecie Ursus arctos marsicanus, è completamente isolata da secoli e occupa un territorio compreso tra i Monti Sibillini e l'Alto Molise, i Simbruini laziali e la Majella. L’areale di presenza, incentrato nel Parco Nazionale d’Abruzzo, ha una superficie di circa 1500 Km2, anche se si può considerare interessata buona parte della superficie montuosa regionale (4000 Km2) seppur con densità ridotte. Purtroppo negli ultimi decenni sono stati registrati numerosi casi di bracconaggio a carico della specie; tra il 1980 e il 2004, 55 individui di orso bruno marsicano sono stati rinvenuti morti. La popolazione è stimata a 30 - 40 animali e indagini genetiche sono in corso per cercare di censire la popolazione che è minacciata d'estinzione. Per quanto riguarda le Alpi, l’orso scomparve durante l’800 e i primi anni del 900 e la contrazione dell’areale continuò progressivamente fino a che, dal 1939, anno in cui l’orso fu dichiarato specie protetta, rimase un piccolo nucleo in Trentino, nel Gruppo del Brenta stimato, in base a analisi genetiche, di 3 individui (Duprè et al., 2000). In Lombardia la specie è stata presente nella zona alpina fino al 1914. Alla fine degli anni ’60 cominciò una graduale ricolonizzazione delle Alpi orientali per immigrazione dalla Slovenia. La popolazione Slovena ha permesso prima la ricolonizzazione della Stiria e della Carinzia e di recente anche delle Alpi e Prealpi Carniche, con la formazione nel Tarvisiano di un piccolo nucleo stabile di 5-10 individui. In Veneto dal 1995 si sono avute diverse segnalazioni nell’area tra le Dolomiti D’Ampezzo e le Dolomiti Bellunesi. Vi sono state segnalazioni di orsi anche in provincia di Bolzano (Val Punteria) (Tormen, 1996). Col progetto “Life Ursus”, durante il quale, tra il 1999 e il 2002, sono stati rilasciati in Trentino 10 orsi provenienti dalla Slovenia, è stata ricostituita una piccola popolazione, attualmente di circa 30 esemplari, la quale tende ad ampliare l’areale, espandendosi in Lombardia nelle province di Brescia, Bergamo e Sondrio.
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Nel primo anno di studio sono stati rinvenuti segni di presenza di orso in numero maggiore rispetto all’anno di studio successivo
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