di IW2LBR » mercoledì 15 aprile 2015, 10:23
da L'Eco di Bergamo
Cavi-trappola contro gli enduristi. Moto sui sentieri romba la polemica
In alta Valle Brembana dicono che la tensione c’è. Molti sarebbero esasperati dai comportamenti dei motociclisti. E del resto il sindaco di Dossena Fabio Bonzi conferma: «In Comune sono arrivate diverse lamentele per la loro presenza». In questo clima sarebbe maturato l’episodio (condannato però da tutti) che domenica scorsa ha visto suo malgrado protagonista Daniele Consonni. Il 31enne, imprenditore di Terno, originario di Dossena dove è capogruppo di minoranza in Consiglio comunale, stava percorrendo con l’amico di Almè Danilo Falgari un tracciato consorziale in località Crocetta, a valle di Cascina Vecchia, quando si è imbattuto in un cavo d’acciaio teso ad altezza collo. «Per fortuna me ne sono accorto in tempo e sono riuscito a scendere dalla moto. I cavi erano fissati a radici e a paletti, pericolosissimi, perché ad altezza collo, busto e ruote», racconta. Che la «trappola» fosse lì apposta ad aspettare i motociclisti è ancora da provare. Il gesto viene bollato come incivile, senza se e senza ma, anche dagli esponenti di Cai e Legambiente, che però restano convinti della necessità di vietare il passaggio dei mezzi motorizzati sui sentieri di montagna. Il comportamento indisciplinato di alcuni appassionati del fuoristrada, infatti, starebbe creando non pochi problemi. Il sindaco di San Giovanni Bianco, Marco Milesi, non nasconde che le moto hanno danneggiato i sentieri e le mulattiere che dalla località San Gallo vanno alla Santissima Trinità. In Valle Seriana, i racconti non cambiano. «Abbiamo trovato divelti diversi cartelli di divieto d’accesso ad aree ambientali sensibili», conferma il primo cittadino di Songavazzo Giuliano Covelli. La convivenza con chi pratica il fuoristrada resta difficile, e la «pax» siglata in occasione di eventi particolari (gare e campionati), è sempre precaria.
«Un attentato»
«Non è la prima volta che ci si imbatte in cavi-ghigliottina – spiega Andrea Gatti, presidente del Moto club Bergamo –; altre volte, sui percorsi, abbiamo trovato chiodi e sassi, ma chi più ne ha più ne metta. Solo che ora non siamo più di fronte a “incidenti”, bensì a dei veri e propri attentati. Non si dovrebbe mai arrivare a questo punto: se ci scappava la vita di un ragazzo?». In Bergamasca sono un migliaio gli appassionati di enduro, cui vanno aggiunti i turisti. La maggior parte pratica solo un giorno a settimana, soprattutto nei weekend. «O ci danno un percorso autorizzato, o si va a finire in qualcosa di grave. Noi dobbiamo rispettare le leggi, ma anche i proprietari dei sentieri (che non sempre sono pubblici) non devono scadere in queste mascalzonate che possono mettere a rischio la vita delle persone», si scalda Gatti, che ricorda come da 25 anni si stia battendo per ottenere un percorso permanente autorizzato. In Bergamasca, infatti, non ce n’è ancora uno, «per l’egoismo diffuso e per mancanza di volontà di alcune istituzioni», sostiene Gatti.
Le segnalazioni
Insomma, per Gatti, nessuno vuole il rombo dei motori fuori dalla propria baita, ma per gli amanti della natura la questione è ben più profonda. «Possono volerci anche due-tre anni per cancellare le “tracce” dei mezzi dopo le gare. Chi si fa carico del ripristino ambientale?», è la provocazione del presidente provinciale di Legambiente Nicola Cremaschi che riconosce come a volte «basta una sola pecora nera per sporcare l’immagine dell’intero gregge» e lancia l’idea di un tavolo provinciale, per individuare i luoghi adatti a queste attività e stabilire le compensazioni ambientali. E anche il presidente del Cai Piermario Marcolin parla di «un fenomeno che ormai ha livelli costanti e intensi. Dal 2013, quando abbiamo avviato l’iniziativa, ogni anno abbiamo raccolto 300 segnalazioni da parte di escursionisti che si sono imbattuti in mezzi non autorizzati sui sentieri». Marcolin riconferma l’indirizzo del Club alpino italiano «che non è favorevole a nessuna apertura alle moto sui sentieri di montagna», così come alla deroga regionale che permette ai sindaci di autorizzare le gare. «Ma la nostra contrarietà – precisa – si esprime sempre con strumenti di civiltà e democratici. Per questo condanniamo tutte le trappole, sia verso gli uomini sia verso gli animali, perché gesti simili non possono essere giustificabili in alcun modo». L’invito è quindi «a continuare a compilare le schede di segnalazione che si trovano sul sito web del Cai, e a segnalare alle forze di sorveglianza eventuali infrazioni».
Nel 2013 e nel 2014, come si diceva, il Cai ha raccolto 300 segnalazioni all’anno. «Riguardano un po’ tutte le zone, soprattutto quelle della media Valle Seriana e della Val Cavallina, più accessibili», Marcolin traccia la mappa. Una «mappa» che resta però senza confini, tracciata dal passaparola degli appassionati, in assenza di percorsi autorizzati. Tra le zone più frequentate, c’è appunto la montagna di Dossena, dove, però, la presenza degli enduristi non è ben accetta a tutti, col moltiplicarsi di segnalazioni in Comune ed esposti ai carabinieri. Vorrei comunque ribadire che utilizziamo sempre tracciati abbandonati e non più frequentati da escursionisti – spiega Daniele Consonni –. Percorsi che, a fine stagione, andiamo regolarmente a sistemare. A Dossena mi conoscono, come conoscono mio padre che da 30 anni ha questa passione. Abbiamo sempre rispettato l’ambiente del paese». Il sindaco Bonzi, però, invita i motociclisti a utilizzare il tracciato dedicato in località Paglio. «Chi ha posizionato quei cavi – dice Bonzi – va condannato. I fili possono essere pericolosi per chiunque. Però vorrei capire se quella mulattiera era privata o pubblica, e poi occorre ricordare che, comunque, per legge, non potrebbero percorrerla in moto: c’è un divieto che vale anche a Dossena».