Valle Brembana

Sabato 25 Novembre 2017 - SANTA BRIGIDA - Alta Valle Brembana - Alpi Orobie Bergamasche - Alberghi, Ristoranti a Santa Brigida

Convegno, la messa in sicurezza dell'ex cava di gesso a Santa Brigida

Una speciale miscela di argilla, cemento e acqua, frutto di centinaia di prove scientifiche e immessa nelle vecchie cave di gesso, ha messo al sicuro Santa Brigida da quella che poteva essere una catastrofe. Le miniere, chiuse da 30 anni, si erano riempite di 50-60 mila metri cubi di acqua. Una sorta di lago sotterraneo che, secondo le stime, avrebbe sicuramente ceduto nel giro di alcuni decenni travolgendo l'abitato di Santa Brigida. Una «bomba» idrogeologica ora «disinnescata», che aveva messo il paese tra i 17 comuni a maggior rischio d'Italia. Dopo cinque anni di studi, con il coinvolgimento del Politecnico di Milano; lavori suddivisi in 4 lotti in 10 anni di lavori, ora l'ex cava di gesso in località Carale-Monticello è in sicurezza. Al convegno erano presenti il sindaco di Santa Brigida Carluccio Regazzoni, il Senatore Giacomo Stucchi, tecnici, geologi, ingegneri, impresa Regazzoni... che hanno partecipato al progetto.

reportage by Claudio e Gino Galizzi



Video: https://youtu.be/jMbnpTF0w-Q

L’escavazione avveniva inizialmente all’aperto e poi si approfondiva in galleria; i livelli di escavazione giungevano fino a 4 o 5, e la profondità andava ad oltre i 40-50 m dal p.c.. Le gallerie erano di notevoli dimensioni (indicativamente 6 m x 6 m) e nelle stesse potevano circolare i camion. Tutte queste situazioni, considerato che l’escavazione è iniziata a fine 1800 ed è terminata definitivamente tra gli anni ’70 ed ‘80, hanno provocato fenomeni di dissesto, franamento, sprofondamenti, ecc. in fase di progressiva accelerazione. I fenomeni sono nei pressi dei centri abitati ed interessano attualmente infrastrutture ed edifici, e la situazione è destinata per il futuro a peggiorare in modo esponenziale.

Dissesti analoghi, in Italia, non ce n’erano e oggi l’intervento a Santa Brigida (oggetto anche di testate giornalistiche internazionali e di una quindicina di tesi di laurea) è stato da esempio in emergenze simili. Le ricerche, affidate allo studio geologico di Ranica e al Politecnico, partirono quasi da zero. Bisognava togliere l’acqua (circa 60 mila metri cubi) dalla cava di Monticello (posta su quattro livelli, dove un tempo c’erano sorgenti) senza provocare crolli improvvisi. Iniziarono le sperimentazioni finché si è arrivati a realizzare una speciale miscela composta di argilla, cemento e acqua da iniettare nelle ex cave. Miscela fluida, in grado di entrare ma allo stesso tempo capace di solidificarsi, facendo uscire l’acqua presente nelle gallerie.