Marco e Luca Serafini, Davide Brignoli, Massimo Teoldi, 5 Ottobre 2019

Come ben noto la mia passione arrampicatoria di recente predilige le rocce cristalline del basamento orobico, ed in particolare il GCCS, ma quando Marco mi mostra le foto della placconata da lui scoperta sulla Nord del Pietra Quadra, che notoriamene è costituito da verrucano (roccia sedimentaria silicea) non posso non restare impressionato dalla compattezza ed estetica di quel settore della parete, una bellissima placconata chiara e continua che si differenzia e si distacca esteticamente da tutto il resto della parete Nord. Placconata che peraltro, anche dopo varie ricerche, risulta del tutto inesplorata, sia dalle vie di roccia (la Calegari del ’77 sale lo sperone centrale) che da quelle di misto aperte in anni più recenti. Era dal 1985 che non mi recavo in quel remoto angolo della Val Brembana che costituisce la testata della Valle della Gardata: in quell’anno avevo fatto la prima ripetizione solitaria della Calegari, poi qualche anno più tardi la cresta Ovest del Monte Tonale (un’altra Calegari del ’63). Nonostante avessi letto reports che segnalavano degradazioni della qualità della roccia in epoca recente, dovuta alla vegetazione infestante sulla parete, la placconata, anche grazie a recenti foto fatte da Marco in una perlustrazione estiva, sembrava molto pulita, compatta e con bella roccia chiara. In effetti guardando bene le foto di Marco sembrava che la placconata avesse una vaga forma di poltrona, cioè rientrante, e che la sua differenziazione cromatica (molto più chiara) dal resto della vasta parete Nord del Pietra Quadra potesse essere dovuta al fatto che la sua roccia era più giovane di quella del resto della parete. Com’era possibile? Forse un grande distacco era avvenuto in epoca storica (secoli fa, forse 100-200 anni fa) che aveva squarciato quel settore di parete, lasciando in superficie della placca roccia che prima era in profondità, a causa del fatto che lo strato esterno era crollato andando a formare il conoide di grandi massi ancora ben visibile tuttoggi alla base della placconata. La roccia vergine esposta alle intemperie, grazie anche alla superficie molto liscia della placconata, che la protegge quindi dall’accumulo di terricio sulle cengie e quindi dallo sviluppo della vegetazione, resta molto pulita e quasi del tutto esente dalla proliferazione di erba, cespugli di rododendri e persino di alberelli di ontano che caratterizzano invece gli altri settori della parete, incluso lo sperone centrale della Calegari (che molti anni dopo non riuscivo nemmeno a riconoscere passandoci sotto, al punto di chiedermi… ma da dove sono salito 35 anni fa??).
Un primo tentativo ci porta fino alla S4: causa tarda ora e stanchezza decidiamo di calarci in doppia e rientrare, lasciando tutte le soste attrezzate per il succcessivo attacco. Con grande sorpresa scopriamo i segni di un precedente tentativo: una sosta con fettuccia di calata in doppia poco al di sotto della S1, ed un vecchissimo moschettone con 3 chiodi completamente arrugginiti incastrato nel canalino basale, una ventina di metri al di sopra dell’attacco. Dopo un paio di settimane completiamo la via, scoprendo che il quinto tiro vale la fatica dell’escursione: una meravigliosa placca di circa 40 metri compattissima ma comunque gradinata che offre una rara continuità e sostenutezza, in bella esposizione ormai a 200 metri sopra la base della parete. L’uscita in cresta segna una discontinuità eccezionale, uno spartiacqe fra due mondi, ombra-luce, roccia-erba, verticale-inclinato, che lascia senza parole, incluso il panorama superbo di una giornata meravigliosa! Battezziamo la via Menhir per la presenza di un impressionante blocco appoggiato al margine della linea di distacco, un gigantesco menhir di scuro verrucano che marca la parete a memoria dello sconvolgimento avvenuto (e aspettando il prossimo). A mio parere la via Menhir ha tutte le caratteristiche per diventare una classica di IV delle Orobie, sia per le caratteristiche dell’avvicinamento in ambiente alpinistico e selvaggio, sia per la qualità della roccia, e anche per la continuità dell’arrampicata, in particolare nel quinto tiro che si è rivelato una vera meraviglia. Avendo attrezzato tutte le soste con possibilità di calata in doppia, questo consente eventuali discese/rientri sul versante Gardata. Partendo dalle Baite di Mezzeno ovviamente conviene la discesa per il versante S dei Tre Pizzi: in questo caso si percorre un anello veramente poderoso attorno e dentro il gruppo Tonale-Spondone-PietraQuadra.