bellissima questa la condivido su fb.IW2LBR ha scritto:
Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
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Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Uno dei simboli della valle...E non sono ancora andato a vederlo..!! Belle foto e preziose informazioni, grazie...IW2LBR ha scritto:
finalmente all'Arco
- freedom
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Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
C'è troppa gente che non ci è ancora stata (me compreso), toccherà organizzare una spedizione!
Complimenti all'inossidabile duo.

Complimenti all'inossidabile duo.
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Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Se il duo arrampicatori del forum se la sente (con corde e chiodi) si potrebbe fare una spedizione sull'arco, simbolo della Valle, per immortalare freedom e francescomanzoni arrampacarsi sopra l'arco!!!freedom ha scritto:C'è troppa gente che non ci è ancora stata (me compreso), toccherà organizzare una spedizione! Complimenti all'inossidabile duo.
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Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Sul fianco sinistro la salita sembrerebbe fattibile, tutto sta a vedere quanto è sana la roccia.IW2LBR ha scritto:Se il duo arrampicatori del forum se la sente (con corde e chiodi) si potrebbe fare una spedizione sull'arco, simbolo della Valle, per immortalare freedom e francescomanzoni arrampacarsi sopra l'arco!!!
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Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Sarebbe proprio un evento da non perdereIW2LBR ha scritto:Se il duo arrampicatori del forum se la sente (con corde e chiodi) si potrebbe fare una spedizione sull'arco, simbolo della Valle, per immortalare freedom e francescomanzoni arrampacarsi sopra l'arco!!!freedom ha scritto:C'è troppa gente che non ci è ancora stata (me compreso), toccherà organizzare una spedizione! Complimenti all'inossidabile duo.
Paolo
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Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Grazie Gino e Alvin di essere tornati all'Arco!!IW2LBR ha scritto:
le grotte del Pianetti
in questi luoghi angusti, furono per breve periodo nascondiglio del famoso Pianetti:
http://www.valbrembanaweb.com/valbremba ... netti.html
Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Ci sono stato una decina d'anni fa, andando a naso e seguendo l'impervio fondovalle (alveo di un torrente quasi sempre a secco) per circa meta' tragitto, quando ancora non era segnato l'attuale sentiero che invece passa dai prati di pegherolo come vedo da questo bellissimo report. Fu una salita difficoltosa e assolutamente all'avventura, che fu ripagata da una vista stupenda dell'arco, in uno degli ambienti piu' suggestivi e selvaggi delle intere Orobie. Anche l'alveo del suddetto torrente a secco merita particolarmente. 
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Re: Il ritorno al mastodontico Arco del Pegherolo
Articolo di questi giorni dal Corriere della Sera di Davide Sapienza
L’Arco nella roccia tra aquile e camosci
A 1.650 la spettacolare formazione calcarea della Valle di Pegherolo
Una finestra nel blu
La Valle di Pegherolo è un formidabile strumento alla portata di tanti per rimettere l’esplorazione in cima al totem delle motivazioni e riscoprire lo stupore assoluto: proprio come quando sali per la tua prima volta la montagna da giovane. Siamo entrati dando ascolto all’acqua vagabonda e incessante; ci siamo immersi come in un mare lontano nel tempo, nuotando nell’aria e osservando l’orizzonte articolato e alla ricerca di allettanti promesse. Di tutte le valli che compongono quella principale, una si chiama Valle dell’Arco perché sulla testata non c’è un valico, ma l’Arco del Pegherolo. Questa formazione calcarea (1.650 m) così inaccessibile eppur vicina, è una finestra nel blu e da essa spira una brezza invisibile che avvolge danzando. È il richiamo del wild.
Sentieri a nuovo
Quando si entra nella valle di Pegherolo da Piazzatorre, si va a destra e per una decina di minuti si è sul sentiero 134 (diretto al Monte Cavallo): dopo l’attraversamento, basta poca salita per incontrare la bella traccia che si stacca verso nord a destra (bolli gialli). Di recente questi sentieri selvaggi sono stati puliti dal Consorzio Forestale, si trovano anche dei cartelli che indicano le località raggiunte dai sentieri: ma nulla cambia, perché salire all’Arco è un’operazione faticosa e oggi nella mente e nel corpo domina la sensazione di essere in viaggio per esplorare, scoprire, condividere. È un vero privilegio, quello di trovare «solo» la Montagna, l’opportunità di esserne parte e aderire agli imperscrutabili percorsi del pensiero naturale - perché la montagna, mentre la cammini, ti plasma - ti cambia. Se percorri lo spazio puoi dimenticare il tempo, vivendo una metamorfosi fuori dal luna park estivo. In luoghi simili, la Terra ti veste di luce nella silenziosa immensità.
Caverne e faggi secolari
Il gruppo montuoso dei Monti Secco, Pegherolo e Cavallo ha una morfologia spettacolare, dove lo sguardo si erge su creste e pinnacoli e a tratti mi vengono in mente certe opere di Werner Herzog, il visionario regista tedesco: ambienti selvaggi; tracce del cammino di migliaia di creature che vivono qui; antichi sentieri resilienti, frutto del lavoro di sapienti uomini laureati alla Facoltà del Bosco e della Roccia. Il massiccio del Pegherolo è davvero un labirinto irto e quando la traccia, a 1100 metri, si immette sul lungo traverso che sale dove si entra negli ultimi 400 metri di dislivello (i più impegnativi), dentro porti la memoria nuova di caverne e formazioni rocciose, faggi secolari che vagano nel bosco, promesse di rivelazioni. Anche qui si deve tornare al Triassico (circa 230 milioni di anni fa), quando il mare vasto e poco profondo presentava grandi piattaforme carbonatiche. Un edificio naturale che ha subito tali e tante trasformazioni che è facile percepire la potenza di questo emozionante paesaggio, plasmato grazie agli infaticabili agenti atmosferici, artisti dell’etere che non cessano mai di creare.
Il respiro dei camosci, il volo dell’aquila
Intanto, si sale ripidi, in un bosco fascinoso e ricco. Ma ecco, all’improvviso è lui: dopo due ore e mezza di salita, oltre i rami e le foglie, il cielo incorniciato di calcare chiaro, occhio immenso sui misteri della Terra, è il messaggio dell’Arco. Diceva Michelangelo che la scultura è già dentro la pietra e che basta tirarla fuori da lì. É esattamente ciò che penso ora. Risalendo il ripido versante orientale, in pochi minuti e siamo a 1.700 metri: lo sguardo va lassù verso le creste di calcare. É questo il modo di farsi trovare da tutto ciò che è invisibile; il respiro dei camosci che si radunano in questi luoghi inaccessibili, è il ritmo del silenzio; il volo dell’aquila segue le correnti ascendenti, come per aprire la porta delle impervie formazioni rocciose che ovunque si stagliano. Ecco le porte della percezione: è tutto spazio, un dono. Tutto si spiega, certo: l’Arco deriva da un fenomeno carsico che all’interno del massiccio carbonatico prima crea un passaggio sotterraneo e poi, dopo diverse fasi erosive, porta tutto alla luce, conservando a cielo aperto una parte della grotta. Non è forse la storia della Vita? Poi, si scende, circospetti ma sereni: al bivio proseguiamo per i Prati di Pegherolo con un lungo traverso e intanto tutto cambia: l’Arco sembra un sogno e ogni passo un risveglio. Davanti ai piccoli nuclei di cascine nascosti nelle radure, torniamo nel tempo della bella storia di questa valle: da Sambiur, su a Malconvento e poi ancora giù lungo la mulattiera antica che ci riporta nell’arteria della Valle di Pegherolo. Se esplorare significa guardarsi dentro e confrontarsi con il territorio, resta ancora tanto da scoprire. É il messaggio fuori porta, e dice che dialogare con la montagna e capire perché è un dono prezioso, è ancora possibile.
L’Arco nella roccia tra aquile e camosci
A 1.650 la spettacolare formazione calcarea della Valle di Pegherolo
Una finestra nel blu
La Valle di Pegherolo è un formidabile strumento alla portata di tanti per rimettere l’esplorazione in cima al totem delle motivazioni e riscoprire lo stupore assoluto: proprio come quando sali per la tua prima volta la montagna da giovane. Siamo entrati dando ascolto all’acqua vagabonda e incessante; ci siamo immersi come in un mare lontano nel tempo, nuotando nell’aria e osservando l’orizzonte articolato e alla ricerca di allettanti promesse. Di tutte le valli che compongono quella principale, una si chiama Valle dell’Arco perché sulla testata non c’è un valico, ma l’Arco del Pegherolo. Questa formazione calcarea (1.650 m) così inaccessibile eppur vicina, è una finestra nel blu e da essa spira una brezza invisibile che avvolge danzando. È il richiamo del wild.
Sentieri a nuovo
Quando si entra nella valle di Pegherolo da Piazzatorre, si va a destra e per una decina di minuti si è sul sentiero 134 (diretto al Monte Cavallo): dopo l’attraversamento, basta poca salita per incontrare la bella traccia che si stacca verso nord a destra (bolli gialli). Di recente questi sentieri selvaggi sono stati puliti dal Consorzio Forestale, si trovano anche dei cartelli che indicano le località raggiunte dai sentieri: ma nulla cambia, perché salire all’Arco è un’operazione faticosa e oggi nella mente e nel corpo domina la sensazione di essere in viaggio per esplorare, scoprire, condividere. È un vero privilegio, quello di trovare «solo» la Montagna, l’opportunità di esserne parte e aderire agli imperscrutabili percorsi del pensiero naturale - perché la montagna, mentre la cammini, ti plasma - ti cambia. Se percorri lo spazio puoi dimenticare il tempo, vivendo una metamorfosi fuori dal luna park estivo. In luoghi simili, la Terra ti veste di luce nella silenziosa immensità.
Caverne e faggi secolari
Il gruppo montuoso dei Monti Secco, Pegherolo e Cavallo ha una morfologia spettacolare, dove lo sguardo si erge su creste e pinnacoli e a tratti mi vengono in mente certe opere di Werner Herzog, il visionario regista tedesco: ambienti selvaggi; tracce del cammino di migliaia di creature che vivono qui; antichi sentieri resilienti, frutto del lavoro di sapienti uomini laureati alla Facoltà del Bosco e della Roccia. Il massiccio del Pegherolo è davvero un labirinto irto e quando la traccia, a 1100 metri, si immette sul lungo traverso che sale dove si entra negli ultimi 400 metri di dislivello (i più impegnativi), dentro porti la memoria nuova di caverne e formazioni rocciose, faggi secolari che vagano nel bosco, promesse di rivelazioni. Anche qui si deve tornare al Triassico (circa 230 milioni di anni fa), quando il mare vasto e poco profondo presentava grandi piattaforme carbonatiche. Un edificio naturale che ha subito tali e tante trasformazioni che è facile percepire la potenza di questo emozionante paesaggio, plasmato grazie agli infaticabili agenti atmosferici, artisti dell’etere che non cessano mai di creare.
Il respiro dei camosci, il volo dell’aquila
Intanto, si sale ripidi, in un bosco fascinoso e ricco. Ma ecco, all’improvviso è lui: dopo due ore e mezza di salita, oltre i rami e le foglie, il cielo incorniciato di calcare chiaro, occhio immenso sui misteri della Terra, è il messaggio dell’Arco. Diceva Michelangelo che la scultura è già dentro la pietra e che basta tirarla fuori da lì. É esattamente ciò che penso ora. Risalendo il ripido versante orientale, in pochi minuti e siamo a 1.700 metri: lo sguardo va lassù verso le creste di calcare. É questo il modo di farsi trovare da tutto ciò che è invisibile; il respiro dei camosci che si radunano in questi luoghi inaccessibili, è il ritmo del silenzio; il volo dell’aquila segue le correnti ascendenti, come per aprire la porta delle impervie formazioni rocciose che ovunque si stagliano. Ecco le porte della percezione: è tutto spazio, un dono. Tutto si spiega, certo: l’Arco deriva da un fenomeno carsico che all’interno del massiccio carbonatico prima crea un passaggio sotterraneo e poi, dopo diverse fasi erosive, porta tutto alla luce, conservando a cielo aperto una parte della grotta. Non è forse la storia della Vita? Poi, si scende, circospetti ma sereni: al bivio proseguiamo per i Prati di Pegherolo con un lungo traverso e intanto tutto cambia: l’Arco sembra un sogno e ogni passo un risveglio. Davanti ai piccoli nuclei di cascine nascosti nelle radure, torniamo nel tempo della bella storia di questa valle: da Sambiur, su a Malconvento e poi ancora giù lungo la mulattiera antica che ci riporta nell’arteria della Valle di Pegherolo. Se esplorare significa guardarsi dentro e confrontarsi con il territorio, resta ancora tanto da scoprire. É il messaggio fuori porta, e dice che dialogare con la montagna e capire perché è un dono prezioso, è ancora possibile.
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