Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie
Inviato: sabato 27 luglio 2013, 8:55
direttamente dagli Awards telegatti
a morte gli ungulati
Dossier 2013 Legambiente Lombardia
Bandiera Nera a: Sito web http://www.ruralpini.it
Motivazione: Per la controinformazione e l'approccio, ingiustificatamente allarmistico, alla complessità della gestione dei grandi predatori in ambiente alpino, che mira a vanificare l'esito di un importante ritorno, quello di lupi e orsi nelle Api italiane. Il ritorno dei Grandi Predatori nel territorio alpino è stato per oltre un secolo un miraggio. Ma a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, con il crescente inselvatichimento dei versanti e delle terre alte, dovuto all'abbandono delle pratiche agropastorali in quota, il territorio montano è divenuto ecologicamente sempre più accogliente per queste specie di carnivori. Il crescente popolamento di ungulati, sovente con problemi di sovrannumero in rapporto alle risorse alimentari degli ambienti nemorali, ha reso non solo possibile, ma perfino desiderabile, sotto il profilo del buon funzionamento degli ecosistemi forestali minacciati da eccessi di pascolamento, il rientro in scena di lupi, orsi e linci, gli unici in grado di controllare le popolazioni di erbivori selvatici.
E il fenomeno, uno dei più straordinari ritorni nella storia naturale europea, si è puntualmente verificato, in modo spontaneo per quanto riguarda lupi e linci, in diffusione dall'Appennino e dalle Alpi Orientali. Per quanto riguarda l'orso, alla diffusione spontanea (da Est) si è aggiunto un grande progetto di re-stocking dell'ultimo nucleo relitto di questa popolazione ancora presente nelle valli trentine del massiccio dell'Adamello: progetto che però, proprio grazie ai profondi cambiamenti dell'ambiente montano, ha avuto un esito molto più positivo del previsto. I conflitti con le comunità locali, e in particolare con le attività zootecniche montane, ormai assuefatte ad una più che secolare scomparsa dei grandi predatori, erano largamente prevedibili e non sempre sono stati tempestivamente governati. Ma c'è chi, anzichè adoperarsi per un maggiore intervento istituzionale e preventivo nei confronti dei danni determinati dalla presenza di predatori, preferisce negare le evidenze (fino ad oggi, nessun reale danno grave, pur possibile, si è verificato a carico di persone in tutte le aree ormai popolate da grandi predatori) e propagare informazioni infondate o eccessive sulla pericolosità di lupi cattivi e orsi crudeli. E' il caso del sito http://www.ruralpini.it, in cui compare in modo ricorrente la firma di tal Michele Corti a vergare testi dotati di documentazioni fotografiche sovente raccapriccianti provenienti da fonti solo di rado dichiarate, e con frasi tipo:
“L'orso è diventato una gallina dalle uova d'oro per il sottobosco che specula sui progetti Life (mai a corto di finanziamenti mentre la disoccupazione è alle stelle). In più l'orso i posti di lavoro (pastori e allevatori) li distrugge” o anche “Gli orsi hanno paura dell'uomo. Balle, la verità ‘ufficiale’ e ‘scientifica’ spesso nasconde solo delle strutture di controllo sociale e di potere. Si spendono molti soldi per inculcare alla gente e agli scolari che gli orsi non sono pericolosi. Sono timidoni che scappano a gambe levate quando sentono l'odore dell'uomo. (…) I pastori sono i 'nuovi servi della gleba' che, secondo i nuovi arroganti 'signori feudali' (Verdi e Parchi), dovrebbero custodire 24 ore su 24 le loro bestie. Su in montagna, con il vento e la pioggia, disarmati, mentre i 'siori' se ne stanno al calduccio (…)”. Dimostrano solo la volontà di rispondere a istanze della pancia della gente senza stimolare pensiero critico e capacità di affrontare il vero problema: come tornare a fare pastorizia facendo i conti con il ritorno di questi predatori, che, ricordiamo al diretto interessato, fino a metà ‘800 erano ancora ben rappresentati in Italia. Il messaggio è chiaramente distorto e piegato ad una visione del mondo che somiglia più alle fiabe del lupo cattivo che alla realtà che ciascuno è in grado di sperimentare attraversando territori che secondo l'autore del sito sarebbero 'infestati' dai lupi. Ma l'unica preoccupazione dell'autore sembra essere quella di fornire ad allevatori e operatori d'alta quota un nemico, un capro espiatorio su cui sfogare le frustrazioni di un settore da tempo in severa difficoltà: la verità infatti è che la zootecnia d'alta quota, specialmente nel versante italiano delle Alpi, è scomparsa o si è rarefatta per ragioni che nulla hanno a che fare con lupi e orsi (anzi, il periodo peggiore della zootecnia montana è stato quello in cui sull'intero arco alpino non viveva nessun nucleo di questi predatori!). Non è nel lupo cattivo che gli allevatori devono cercare il nemico della loro attività, anche se certo le tecniche di contrasto e prevenzione dei danni deve tornare a far parte della cultura pastorale.
Diffondere allarme e panico infondati non è certo un modo intelligente per favorire il ritorno in alpe di giovani e operosi imprenditori agro-zootecnici. Per questo, paradossalmente, ruralpini.it non si limita a danneggiare un enorme sforzo di conservazione e di ricerca sull'ecologia dei predatori, ma danneggia e deprime l'entusiasmo e gli investimenti di quanti oggi, con strumenti e tecniche di prevenzione adeguate, intendono tornare a sperimentarsi come operatori agrozootecnici d'alta quota.
a morte gli ungulati

Dossier 2013 Legambiente Lombardia
Bandiera Nera a: Sito web http://www.ruralpini.it
Motivazione: Per la controinformazione e l'approccio, ingiustificatamente allarmistico, alla complessità della gestione dei grandi predatori in ambiente alpino, che mira a vanificare l'esito di un importante ritorno, quello di lupi e orsi nelle Api italiane. Il ritorno dei Grandi Predatori nel territorio alpino è stato per oltre un secolo un miraggio. Ma a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, con il crescente inselvatichimento dei versanti e delle terre alte, dovuto all'abbandono delle pratiche agropastorali in quota, il territorio montano è divenuto ecologicamente sempre più accogliente per queste specie di carnivori. Il crescente popolamento di ungulati, sovente con problemi di sovrannumero in rapporto alle risorse alimentari degli ambienti nemorali, ha reso non solo possibile, ma perfino desiderabile, sotto il profilo del buon funzionamento degli ecosistemi forestali minacciati da eccessi di pascolamento, il rientro in scena di lupi, orsi e linci, gli unici in grado di controllare le popolazioni di erbivori selvatici.
E il fenomeno, uno dei più straordinari ritorni nella storia naturale europea, si è puntualmente verificato, in modo spontaneo per quanto riguarda lupi e linci, in diffusione dall'Appennino e dalle Alpi Orientali. Per quanto riguarda l'orso, alla diffusione spontanea (da Est) si è aggiunto un grande progetto di re-stocking dell'ultimo nucleo relitto di questa popolazione ancora presente nelle valli trentine del massiccio dell'Adamello: progetto che però, proprio grazie ai profondi cambiamenti dell'ambiente montano, ha avuto un esito molto più positivo del previsto. I conflitti con le comunità locali, e in particolare con le attività zootecniche montane, ormai assuefatte ad una più che secolare scomparsa dei grandi predatori, erano largamente prevedibili e non sempre sono stati tempestivamente governati. Ma c'è chi, anzichè adoperarsi per un maggiore intervento istituzionale e preventivo nei confronti dei danni determinati dalla presenza di predatori, preferisce negare le evidenze (fino ad oggi, nessun reale danno grave, pur possibile, si è verificato a carico di persone in tutte le aree ormai popolate da grandi predatori) e propagare informazioni infondate o eccessive sulla pericolosità di lupi cattivi e orsi crudeli. E' il caso del sito http://www.ruralpini.it, in cui compare in modo ricorrente la firma di tal Michele Corti a vergare testi dotati di documentazioni fotografiche sovente raccapriccianti provenienti da fonti solo di rado dichiarate, e con frasi tipo:
“L'orso è diventato una gallina dalle uova d'oro per il sottobosco che specula sui progetti Life (mai a corto di finanziamenti mentre la disoccupazione è alle stelle). In più l'orso i posti di lavoro (pastori e allevatori) li distrugge” o anche “Gli orsi hanno paura dell'uomo. Balle, la verità ‘ufficiale’ e ‘scientifica’ spesso nasconde solo delle strutture di controllo sociale e di potere. Si spendono molti soldi per inculcare alla gente e agli scolari che gli orsi non sono pericolosi. Sono timidoni che scappano a gambe levate quando sentono l'odore dell'uomo. (…) I pastori sono i 'nuovi servi della gleba' che, secondo i nuovi arroganti 'signori feudali' (Verdi e Parchi), dovrebbero custodire 24 ore su 24 le loro bestie. Su in montagna, con il vento e la pioggia, disarmati, mentre i 'siori' se ne stanno al calduccio (…)”. Dimostrano solo la volontà di rispondere a istanze della pancia della gente senza stimolare pensiero critico e capacità di affrontare il vero problema: come tornare a fare pastorizia facendo i conti con il ritorno di questi predatori, che, ricordiamo al diretto interessato, fino a metà ‘800 erano ancora ben rappresentati in Italia. Il messaggio è chiaramente distorto e piegato ad una visione del mondo che somiglia più alle fiabe del lupo cattivo che alla realtà che ciascuno è in grado di sperimentare attraversando territori che secondo l'autore del sito sarebbero 'infestati' dai lupi. Ma l'unica preoccupazione dell'autore sembra essere quella di fornire ad allevatori e operatori d'alta quota un nemico, un capro espiatorio su cui sfogare le frustrazioni di un settore da tempo in severa difficoltà: la verità infatti è che la zootecnia d'alta quota, specialmente nel versante italiano delle Alpi, è scomparsa o si è rarefatta per ragioni che nulla hanno a che fare con lupi e orsi (anzi, il periodo peggiore della zootecnia montana è stato quello in cui sull'intero arco alpino non viveva nessun nucleo di questi predatori!). Non è nel lupo cattivo che gli allevatori devono cercare il nemico della loro attività, anche se certo le tecniche di contrasto e prevenzione dei danni deve tornare a far parte della cultura pastorale.
Diffondere allarme e panico infondati non è certo un modo intelligente per favorire il ritorno in alpe di giovani e operosi imprenditori agro-zootecnici. Per questo, paradossalmente, ruralpini.it non si limita a danneggiare un enorme sforzo di conservazione e di ricerca sull'ecologia dei predatori, ma danneggia e deprime l'entusiasmo e gli investimenti di quanti oggi, con strumenti e tecniche di prevenzione adeguate, intendono tornare a sperimentarsi come operatori agrozootecnici d'alta quota.