Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

Le numerose specie di animali selvatici nelle Alpi Prealpi Orobie e specificatamente in Valle Brembana
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da Trentino.it

Margone, l’orso sbrana un asinello

MARGONE. Puntuale, con la fine del letargo, l’orso riappare al limetare dei boschi ed è più affamato che mai.
Lo ha constatato a sue spese Margherita Menestrina, residente a Margone. Per lei, ieri mattina, è stato un brutto risveglio. Erano le prime ore di domenica, quando la responsabile dell'associazione “Basto io e l'asino” Margherita Menestrina, che da alcuni anni promuove un diverso approccio di vivere la montagna, utilizzando gli asini quale mezzo di trasporto, non ha più trovato i suoi animali nel recinto. Preoccupata per i suoi amici, che alleva per un nuovo e alternativo modo di rapportarsi con la montagna e la natura circostante, visto che l’asino è compagno ideale per gite e camminate, ha iniziato a cercarli nel bosco.

In una delle sue scorribande però, un orso aveva messo in fuga 4 asini (regolarmente chiusi in un recinto elettrico di protezione). Uno di questi però è stato raggiunto dal plantigrado ed ucciso, dopo averlo sbranato. La carcassa dell'animale è stata ritrovata a poco meno di 1 chilometro dalla frazione vezzanese, lungo la strada forestale che dal paese della Valle dei Laghi porta alla sommità del monte Gazza-Paganella. Già in passato l'orso ha ucciso degli asini a Margone (ed in una occasione delle pecore ed un montone), oltre ad aver “attaccato”, di recente, alcuni alveari in cerca del miele. Di recente delle tracce erano state avvistate anche sul Monte Stivo. Per i rilievi di legge, sul posto è intervenuta una squadra di agenti del servizio forestale provinciale, e poco dopo si è provveduto al recupero della carcassa del quadrupede.
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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Corriere delle Alpi / Cronaca 23/04/2014

L’orso sbrana sei pecore e gli yak lo mettono in fuga

Chies. Pranzo di Pasqua per un plantigrado che ha iniziato a scorrazzare Si pensa a un esemplare giovane: a giorni gli esami degli agenti della Provincia

CHIES D’ALPAGO. L’orso pasquale. In occasione delle recenti festività cercava, anche lui, di farsi l’agnello alpagota, o almeno un capretto. Trovandosi davanti a cinque pecore, ha ritenuto di non rinunciare alla soddisfazione di una lauta cena. Ed ecco che nella notte tra la domenica di Pasqua e lunedì dell’Angelo, l’orso si è sbranato una pecora intera, in località Staul, sopra Chies. Nei giorni precedenti, però, era transitato da malga Cate, ha visto gli yak e, intimorito, li ha lasciati perdere. Incontrandosi, invece, con 5 miti ovini, ha pensato di farseli tutti e 5; forse non nella stessa notte, ma in quelle successive. Lo stesso plantigrado? I guardiacaccia della Provincia ritengono di sì, ma non escludono che abbia qualche compagno al seguito. La scoperta l’ha fatta Franco Pianon, il noto allevatore alpagota, che vicino al sentiero frequentato dall’orso ha una stalla dove in questi giorni avrebbe dovuto portare all’alpeggio ben 400 mucche. Immaginarsi se si decide a farlo. «Sinceramente ho preso paura e non rischio», ammette «Ritarderò l’alpeggio fino a che non mi daranno la certezza che l’orso se ne sarà andato». Ci sono i cani, ma non hanno abbaiato. A dimostrazione che l’animale è di una furbizia unica: si è mosso in modo tale da non allertare nessuno. Ecco perché a Staul la Provincia ha fatto installare una trappola fotografica. Gli uomini del comandante Sommavilla ritengono, infatti, che il mister possa ritornare, alla ricerca di altre pecore. «Che si tratti di un orso non ci sono dubbi» afferma Giuseppe Michieletto, veterinario dell’azienda sanitaria intervenuto per constatare le cinque carcasse di pecora «A Staul ha lasciato anche una traccia, dei peli. Per come abbiamo trovato i resti degli animali, in particolare le alterazioni sulle ossa, possiamo supporre che l’operazione sia stata compiuta quattro o cinque notti fa. Non è escluso che il plantigrado, dopo aver ucciso le povere bestie tutte insieme, sia ritornato le notti seguenti a ripulirle».

Michieletto considera l’evento normale. «Dopo dopo il letargo questi animali si rimettono in attività e percorrono i tracciati più o meno conosciuti. Un anno fa, di questi tempi, si era già registrato il suo passaggio vicino a malga Cate». Secondo il veterinario, si tratta di un soggetto giovane. Studi e verifiche avviate dagli agenti provinciali diranno nei prossimi giorni se si tratta dello stesso elemento intercettato vicino a Longarone. Le cinque pecore sbranate facevano parte di un microallevamento di un appassionato, che nei giorni scorsi aveva portato una quota del suo gregge al pascolo nella zona. «I nostri allevatori sono preoccupati e non si fidano di lasciare all’aperto le loro mandrie» fa sapere Paolo Casagrande, presidente del sindacato Anpa che ne cura l’assistenza «Ci auguriamo che la Regione attivi, per quanto possibile, forme di protezione almeno assicurative».
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pluto
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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da LA DEA DELLA CACCIA - Postato il 22 Aprile 2014 da lddc

Ultime follie dell'orso marsicano

E’ morto un orso lo scorso mese di marzo. Ora ci vengono a dire che la morte è stata causata dalla tubercolosi bovina. Peccato che nessun animale del bestiame brado che da qualche anno pascola da quelle parti ne sia attualmente infetto, visto che è tutto sotto stretto controllo veterinario (sebbene sembrerebbe che vi siano stati casi in passato), ma, non solo, senza una ragione logico-scientifica che ci spieghi come sia possibile che l’orso sia potuto morire di una malattia che è sì tipica del bestiame, ma che di per sé non dovrebbe essere mortale per animali predatori se non associata ad altri fattori. E allora, perché questo scandalismo? Chi si vuole colpire? A quale provvedimento si vuole giungere?
E perché a fronte dei tanti veri e reali problemi dell’Orso marsicano, se ne inventano sempre di nuovi pur di non voler riconoscere quelli reali, ed ormai storici, che hanno spinto gli orsi a vivere ormai prevalentemente fuori dal Parco? Chissà perché, questa storia ricorda tanto quelle che a volte i politici fanno circolare quando vogliono stornare l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi per loro spinosi o per giustificare provvedimenti che si vogliono prendere sotto pressione mediatica senza troppo riflettere sulla loro reale necessità od utilità.

Il problema dell’orso marsicano è ormai sempre più in mano a gente che si fa passare per competente, ma che segue solo logiche ambientalistiche mirate spesso ad altri obiettivi, quali la chiusura di sempre più territori alla caccia, ad ampliare sempre i più i parchi, e ad istituirne sempre di nuovi, ed a porre vincoli d’ogni genere all’attività venatoria, quando non per crearsi posti di impiego o anche semplicemente per notorietà personale. E grave è il fatto che anche le autorità politiche, chiaramente incompetenti e disinformate in materie ambientali, non sapendo che fare per salvare l’orso, sotto pressione dell’opinione pubblica diano retta alle proposte più strampalate pur di non dover toccare argomenti spinosi quali il turismo, la ripresa dell’attività agricola e, guarda caso, il sostegno alle attività pastorali ed il blocco ai tanti progetti che minano l’habitat dell’orso. Che l’orso abbia contratto la tubercolosi bovina nessuno lo mette in dubbio: fino a prova contraria la tubercolosi bovina la possono contrarre anche gli uomini. Da mettere in dubbio è il fatto che sia stata questa malattia a portare alla morte l’orso. Contrarre una malattia non significa sempre morire della stessa, specie se non è mortale di per sé.

Siamo certi che non sia solo una concomitanza di eventi, per cui l’animale aveva sì contratto la tubercolosi, ma perché debilitato per altre ragioni (pare che sia così che solitamente si contrae questa malattia), per cui la morte potrebbe essere stata causata da una serie di concause, comprese quelle naturali (es. il deperimento fisico, magari per scarsità di cibo: l’animale era appena uscito dal letargo, forse anche anzitempo e magari proprio perché in autunno non aveva potuto rifocillarsi come avrebbe dovuto, cosa che avrebbe favorito la tubercolosi!), per cui, eliminando il rischio di tubercolosi allontanando i bovini come qualcuno ha richiesto, non si risolve affatto il problema della moria di orsi, moria legata alla loro sempre maggiore fuga dall’area protetta alla ricerca di quiete e di cibo (e solo così rischiando di essere investiti lungo le strade ed autostrade!).

Sarebbe un gravissimo errore se per la segnalazione della tubercolosi bovina, anziché portare ad un maggiore e più severo controllo veterinario sugli animali domestici che pascolano nella zona dell’orso, si giungesse alla proibizione del pascolo nell’area dell’orso! Non si ci si dimentichi che proprio il pascolo, sia bovino, che equino, sia ovino che caprino è il maggior apporto di proteine carnee all’alimentazione di orsi, lupi, aquile reale, avvoltoi, volpi ed altri animali predatori che vivono nell’area del Parco d’Abruzzo. O si vuole mantenere lupi, orsi ed avvoltoio con carnai, al pari di un zoo all’aria aperta (come in qualche caso già si fa!)? Senza ignorare l’importanza del pascolo come maggiore fattore per il mantenimento della biodiversità del Parco, quella biodiversità che è notoriamente di origine antropica (si pensi alle splendide radure nelle faggete, chiaro effetto di millenni di pastorizia ovina, bovina ed equina).
Franco Zunino - Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness
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dal Corriere delle Alpi

L’orso Madi beccato dal satellite vicino al gregge

BELLUNO. Il banchetto via satellite. Madi non è un orso capitato in Alpago per sbaglio. Questo maschio di origine balcanica sta girando per i boschi dell’Alpago con un radiocollare e l’altro ieri era segnalato sopra Lamosano. Il satellite collegato con gli schermi dell’Università di Udine l’aveva visto anche qualche giorno prima, vicino a quel gregge di pecore indifese, nel quale ha fatto una strage pasquale. Sveglio dopo il letargo e affamato, se n’è mangiate sei senza pensarci su troppo, in appena un paio di giorni, a Staul, sopra Chies. Gli unici che hanno rischiato d’interrompergli la digestione sono stati degli yak che brucavano tranquilli a malga Cate e non avevano alcuna intenzione di farsi sbranare: Madi deve averli considerati duri e pericolosi e se n’è andato per la sua strada.

Gli agenti della Polizia provinciale si sono arrampicati fino al luogo del pasto per le indagini, dopo la scoperta fatta dall’allevatore Franco Pianon. Hanno recuperato dei peli, che sono già stati inviati all’Ispra di Bologna, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per avere la prova che sia stato veramente lui a pasteggiare in quella maniera: «Siamo già sicuri del fatto che fosse molto vicino a queste pecore, perché le immagini del satellite sono molto chiare», garantisce l’agente Franco De Bon, «manca soltanto la certezza che abbia banchettato, ma sembra molto probabile. È certo che si tratti di un orso che gira parecchio, dopo il suo risveglio primaverile. In precedenza, era stato visto tra Erto e Casso e la distanza con l’Alpago non è eccessiva. Cammina parecchio questo bell’esemplare, che è appunto il protagonista di un progetto di ricerca dell’ateneo friulano. Gli universitari ne stanno studiando gli spostamenti, giorno dopo giorno».

L’allevatore del gregge ha subìto un danno economico importante, che andrà per forza risarcito: «Ci sarà senz’altro una perizia, che in un secondo momento andrà inviata al dipartimento della Regione Veneto che si occupa di fauna selvatica, in particolare di grandi carnivori. Esiste un fondo apposito, che al massimo nel giro di tre mesi corrisponde alla persona che lo richiede i soldi necessari». Come difendersi da questi grossi animali, che nei cartoni animati sembrano tanto buoni e dolci, ma possono diventare aggressivi? «Un orso non si nutre di carne umana, quindi non attacca l’uomo, a meno che non venga infastidito, che non sia ferito o la femmina non stia cercando di proteggere i propri cuccioli», spiega De Bon, «in condizioni normali, si tiene alla larga e di questo abbiamo avuto diverse dimostrazioni. Quando si tratta di preservare il gregge o la mandria, invece, l’unico rimedio può essere quello della recinzione con i fili elettrici. Quando ha preso una piccola scossa, puoi star sicuro che non si avvicina più. Nemmeno se spinto dalla fame. Tornando a Madi, stiamo continuando a monitorarlo e purtroppo non possiamo escludere che possano verificarsi altri episodi simili».
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da Brescia online

Tre orsi bruni a passeggio per i boschi della Valcamonica

Tre giovani orsi, età media due anni, razza bruna alpina. Da qualche giorno si aggirano in Valle Camonica dopo il lungo letargo invernale trascorso in Trentino. Due esemplari sono stati segnalati all’interno del Parco dello Stelvio, nell’area da Pontedilegno al Tonale. Il terzo orso pochi giorni fa scorazzava in Bassinale, zona Montecampione.

Lunedì l’ultimo avvistamento
L’avvistamento più recente risale a lunedì mattina, quando un agente del Corpo Forestale in perlustrazione nella zona della Valle delle Messi, sopra Pontedilegno, guardando con il binocolo è rimasto a bocca aperta. Non capita spesso di incontrare un orso che passeggia indisturbato nei boschi. Ed è anche in buona compagnia: un altro esemplare, accessoriato di radio collare, domenica è salito dal Trentino verso il Passo del Tonale. Solo una settimana fa gli agenti della polizia provinciale avevano rinvenuto a Montecampione inequivocabili impronte di orso, lasciate durante una corsa sulla neve. Dopo alcuni sopralluoghi, condotti dal biologo Luca Pedrotti, sono state trovate anche tracce di escrementi, pronte per essere analizzate in modo da ricostruire il dna dell’animale. I campioni verranno inviati all’Istituto Superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) di Ozzano dell’Emilia: dal dna si potranno ricostruire l’identità dell’animale, sesso e famiglia di provenienza.

Appartengono alla colonia trentina
«Quasi certamente si tratta di tre giovani orsi maschi in dispersione - spiega Anna Bonettini, biologa del Parco Adamello - che appartengono alla colonia trentina del Parco Adamello Brenta, dove negli anni Novanta era stata reintrodotta la razza dell’orso bruno alpino. Con ogni probabilità hanno trascorso l’inverno nella loro colonia con i genitori. E adesso si stanno spostando in cerca di femmine per accoppiarsi». D’altronde è primavera, la natura si risveglia: «Dai loro movimenti possiamo dedurre che siano proprio a caccia di compagne. Si spostano con il buio e possono compiere anche venti chilometri a notte. Sono molto veloci». Insomma, giovani orsi in cerca d’amore e non certo di guai: «Non sono assolutamente pericolosi - precisa Anna Bonettini - poiché appartengono a una razza molto docile. Non attaccano l’uomo e quindi non dobbiamo creare allarmismi per la popolazione». Nessun rischio quindi per bambini e famiglie in gita in montagna: sul sito parcoadamello.it si possono trovare tutte le indicazioni su come comportarsi, casomai ci si trovasse faccia a faccia con l’orso. «Questi animali - specifica la biologa - possono entrare in conflitto con la zootecnia locale e aggredire greggi di pecore. Gli allevatori della zona dovranno richiedere gli appositi recinti di protezione. È consigliato anche agli apicoltori: quella del miele non è una leggenda. Gli orsi ne vanno davvero matti.
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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da RaiNews

Triste destino per un orso nero che si avvicinava alle piste da sci in cerca di cibo: trascorrerà la vita in uno zoo. Per le autorità del Nevada e della California era l'unica alternativa all'abbattimento

Lake Tahoe (Stati Uniti) 07 maggio 2014
Troppo addomesticato per rimanere in libertà, trascorrerà il resto della sua vita in uno zoo. È un triste destino quello che attende “Heavenly”, un orso nero di un anno che viveva nei pressi di un comprensorio sciistico al confine tra California e Nevada. Catturato e rilasciato a decine di chilometri di distanza, continuava a tornare nella zona delle piste.

Heavenly era stato avvistato a marzo. Sedato e portato in un centro specializzato a Lake Tahoe, era stato curato e rimesso in libertà a 25 miglia dal comprensorio. Nel giro di pochi giorni però ha fatto ritorno ed ha ricominciato ad avvicinarsi alle persone in cerca di qualcosa da mangiare. Un'abitudine che probabilmente aveva preso nel corso dell'inverno lungo le piste da sci. A quel punto c’erano solo due alternative: abbatterlo o trasferirlo in uno zoo.
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Re: Orso in Valle Brembana - Alpi e Prealpi Orobie

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da Ruralpini

Sabato 29 marzo delegazioni di associazioni pastoraliste e pro montagna di Svizzera, Francia e Italia hanno approvato una risoluzione comune sul problema del ritorno dei grandi predatori


Per una montagna e una campagna europee libere da grandi predatori

L'incontro di Poschiavo, località di collegamento culturale tra a Sud e Nord dell'arco alpino, ha rappresentato una tappa significativa per le associazioni che difendono il pastoralismo e chi abita in montagna. La chiara ed articolata presa di posizione sul problema "grandi predatori" si affianca, integrandola, alle prese di posizione di importanti organizzazioni agricole. D'ora in avanti sarà più difficile per le organizzazioni animal-ambientaliste e per gli organismi istituzionali a livello nazionale ed europeo che si occupano di "ambiente" ignorare quanto sostengono i legittimi portatori di interessi. Sarà più difficile proseguire una politica tecnocratica della diffusione di orsi, lupi e linci gestita dalle autorità e dalle agenzie pubbliche sulla base delle unilaterali considerazioni scientifiche e delle visioni degli esperti "protezionisti", senza ascoltare le popolazioni, le rappresentanze economiche e tecniche del mondo del pastoralismo e dei montanari

Con la partecipazione di esperti e di associazioni di allevatori di montagna provenienti da Grigioni, Vallese e Ticino (Svizzera), Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige (Südtirol) Veneto (Italia) e Provenza-Costa Azzurra (Francia), sotto l’égida dell’Associazione per un Territorio senza Grandi Predatori, AGsenzaGP, lo scorso 29 marzo ha avuto luogo a Poschiavo / Le Prese (Grigioni) un interessante e significativo incontro di testimonianze internazionali sul problema della ritorno dei grandi carnivori sulle Alpi e in altre regioni montane dell’Europa Occidentale; e sulle sue conseguenze per chi abita in montagna e vive della montagna.

Il ritorno incontrollato sulle Alpi dei grandi predatori allunga ombre sul futuro della montagna non solo come meta sportiva e turistica ma innanzitutto come luogo di vita e di lavoro per chi sulla montagna vive e lavora da sempre. Il problema è ormai all’attenzione delle più grandi organizzazioni di promozione e di rappresentanza del mondo alpestre e rurale europeo.

Si vedano in proposito: il documento di base (Positions Papier) “Wolf/loup” pubblicato lo scorso 21 gennaio dal Gruppo Svizzero per le Regioni di Montagna, SAB; il comunicato dal titolo “Manifesto grandi carnivori, l'Ue dimentica l'agricoltura” diffuso lo scorso 27 febbraio dalla Confederazione nazionale dei Coltivatori Diretti, Coldiretti, di gran lunga la maggiore organizzazione di rappresentanza dei contadini italiani; il comunicato congiunto dello scorso 5 marzo di: Confédération paysanne, Fédération Nationale Ovine de la FNSEA, Solidarité pastorale, Association des pâtres de haute montagne, e delle associazioni per la difesa del pastoralismo e altri organismi che nel loro insieme rappresentano in Francia tutto il mondo della pastorizia e dell’allevamento.

Al termine del convegno i partecipanti hanno sottoscritto una “Dichiarazione di Poschiavo per una montagna e una campagna europee libere dai grandi predatori”. Nel documento – di cui è imminente la pubblicazione in quattro lingue (italiano, tedesco, francese e inglese) – si rileva che “diversamente da quando vennero siglati accordi internazionali e stabilite politiche di protezione con l’intento di evitare l’estinzione dei grandi carnivori europei, oggi a rischio di estinzione in Europa non sono più i lupi, gli orsi e le linci bensì i pastori e gli allevatori di montagna”.

Si denuncia poi che “l’imposizione per legge e con politiche pubbliche – a prescindere dalla volontà delle popolazioni direttamente coinvolte - della vicinanza tra grandi carnivori e abitanti delle terre alte oggi, e domani anche delle campagne di pianura, è un’iniziativa autoritaria presa dagli Stati e dall’Unione Europea sulla testa delle popolazioni interessate. (…) Un’iniziativa che, nella misura in cui avesse successo, equivarebbe a un decreto di espulsione della gente delle Alpi e delle altre terre alte dalle sue sedi ancestrali” e una larvata forma di esproprio non indennizzato.

La dichiarazione si conclude tra altro con la ferma richiesta “che i problemi derivanti ad ogni livello dalla prossimità tra fauna selvatica, vita umana e attività agro-pastorali vengano d’ora in avanti affrontati non come corollari all’interno di programmi di protezione della fauna selvatica stessa bensì ab origine in sede politica, e con l’inderogabile partecipazione di rappresentanze delle popolazioni e delle categorie direttamente interessate, dei pastori, degli allevatori nonché di esperti di loro fiducia”.

I firmatari della Dichiarazione chiedono inoltre che: “la Convenzione di Berna per la protezione del lupo e degli altri grandi carnivori venga rinegoziata; il Manifesto sui Grandi Carnivori della Commissione dell’Ue attualmente in consultazione venga ritirato e un suo nuovo testo venga redatto con l’attivo contributo di esperti indicati dalle organizzazioni dei contadini, degli allevatori e dei cacciatori; la congruità in genere della vigente legislazione e delle vigenti politiche pubbliche ambientali ad ogni livello venga verificata con l’attivo contributo di esperti indicati dalle organizzazioni dei contadini, degli allevatori e dei cacciatori”.

Le organizzazioni che hanno sottoscritto la Dichiarazione provvederanno al più presto a presentarla ufficialmente in sede politica ad ogni livello.


RISOLUZIONE DI POSCHIAVO

Riuniti a Poschiavo / Le Prese su invito e per iniziativa dell’Associazione per un Territorio Senza Grandi Predatori, ATsenzaGP, i sottoscritti pastori, alpigiani, esperti della società e dell’economia delle terre alte, abitanti e frequentatori delle Alpi e delle campagne europee preoccupati per il ritorno incontrollato sulle Alpi dei grandi predatori che allunga ombre sul futuro della montagna non solo come meta sportiva e turistica ma innanzitutto come luogo di vita e di lavoro per chi sulla montagna vive e lavora da sempre.

Prendendo esempio dalla presa di posizione di AmaMont (Associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna dell'Arco alpino europeo) con la sua lettera al Governo del Cantone dei Grigioni del 6 agosto 2012, e confortati nel vedere come ad analoghe conclusioni siano recentemente giunte le più grandi organizzazioni di promozione e di rappresentanza del mondo alpestre e rurale europeo, e in particolare:
- il Gruppo Svizzero per le Regioni di Montagna, SAB, con il suo documento di base sul lupo dello scorso 21 febbraio,
- La Confederazione nazionale dei Coltivatori Diretti, Coldiretti (Italia), con il suo comunicato dal titolo “Manifesto grandi carnivori, l'Ue dimentica l'agricoltura” dello scorso 27 febbraio
- La Confédération paysanne, la Fédération Nationale Ovine de la FNSEA, Solidarité pastorale, l’ Association des pâtres de haute montagne, delle associazioni per la difesa del pastoralismo e altri organismi che nel loro insieme rappresentano in Francia tutto il mondo della pastorizia e dell’allevamento, con il loro comunicato congiunto dello scorso 5 marzo.

Dichiarano che:

diversamente da quando vennero siglati accordi internazionali e stabilite politiche di protezione con l’intento di evitare l’estinzione dei grandi carnivori europei, oggi a rischio di estinzione in Europa non sono più i lupi, gli orsi e le linci bensì i pastori e gli allevatori di montagna;

il ritorno indiscriminato del lupo come pure dell’orso e di altri grandi predatori sulle montagne e nella campagne europee è incompatibile con la presenza dell’uomo, e quindi pregiudica il presente e il futuro delle popolazioni che vi abitano e vi lavorano, nonché la funzione turistica di tali territori da parte delle popolazioni urbane;

l’imposizione per legge e con politiche pubbliche – a prescindere dalla volontà delle popolazioni direttamente coinvolte -- della vicinanza tra grandi carnivori e abitanti delle terre alte oggi, e domani anche delle campagne di pianura, è un’iniziativa autoritaria presa dagli Stati e dall’Unione Europea sulla testa delle popolazioni interessate. Un’iniziativa presa sotto la pressione di sentimenti non a caso diffusi soltanto tra gli abitanti delle grandi aree urbanizzate che non possono perciò avere adeguata esperienza e che non hanno adeguata informazione sulla realtà della compresenza di uomini e grandi carnivori sul medesimo territorio. Un’iniziativa che, nella misura in cui avesse successo, equivarrebbe a un decreto di espulsione della gente delle Alpi e delle altre terre alte dalle sue sedi ancestrali.

chiedono pertanto fermamente che:

1. si stabilisca il principio che i problemi derivanti ad ogni livello dalla prossimità tra fauna selvatica, vita umana e attività agro-pastorali vengano d’ora in avanti affrontati non come corollari all’interno di programmi di protezione della fauna selvatica stessa bensì ab origine in sede politica, e con l’inderogabile partecipazione di rappresentanze delle popolazioni e delle categorie direttamente interessate, dei pastori, degli allevatori nonché di esperti di loro fiducia.

2. la Convenzione di Berna per la protezione dei grandi predatori, in particolare del lupo e dell’orso, venga rinegoziata; e in particolare il suo articolo n. 22 venga rinegoziato così da consentire agli Stati firmatari di poter liberamente modificare le riserve stabilite per le specie protette dalla Convenzione adattando la normativa alla loro dinamica reale;

3. il Manifesto sui Grandi Carnivori della Commissione dell’Ue attualmente in consultazione venga ritirato e un suo nuovo testo venga redatto con l’attivo contributo di esperti indicati dalle organizzazioni dei contadini, degli allevatori e dei cacciatori;

4. la congruità in genere della vigente legislazione e delle vigenti politiche pubbliche ambientali ad ogni livello venga verificata con l’attivo contributo di esperti indicati dalle organizzazioni dei contadini, degli allevatori e dei cacciatori;

5. gli Stati si assumano l'intera responsabilità dell'introduzione dei grandi predatori sull'arco alpino, con tutti gli effetti collaterali derivanti, senza pretendere di appellarsi, come accade in Svizzera, a un principio del diritto romano oggi superato: quello secondo cui i grandi predatori viventi sarebbero "res nullius". Nella condizione moderna infatti, la fauna selvatica sussiste soltanto perché protetta e gestita dagli Stati, che quindi ne sono detentori responsabili a norma dei codici di diritto civile non meno di quanto analogamente sono responsabili per ciò che li concerne i detentori di animali domestici

6. non si consideri come risolutiva la formula dell’indennizzo a mezzo di assicurazioni dei danni causati dalle predazioni dei carnivori poiché con tale formula in primo luogo restano scoperti i danni indiretti, spesso più gravi di quelli diretti; e in secondo luogo la responsabilità civile in materia dell’Unione Europea (nel caso dei Paesi che ne fanno parte), dello Stato e degli altri enti di governo del territorio eventualmente coinvolti diventano de facto inoppugnabili.

Poschiavo (Grigioni, Svizzera), 29 marzo 2014
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da Radio Svizzera Italiana

Un orso avvistato nei Grigioni
E' stato visto a Zernez. Dovrebbe essere M25, un esemplare definito "problematico" in Trentino


Dopo che giovedì sera un orso era stato notato mentre attraversava la Val Monastero, venerdì mattina lo stesso animale è stato notato da un automobilista a Zernez, sulla strada cantonale in direzione di Brail. Sembra che si tratti dell’orso M25, un maschio di due anni che era stato catturato in Alto Adige lo scorso febbraio e al quale i guardiacaccia italiani avevano inserito un collare di controllo elettronico. M25 ha già ucciso delle pecore in Trentino Alto Adige e per questo le autorità di Bolzano lo hanno definito "problematico". Essendo munito di radiocollare GPS, l’esemplare avvistato a Zernez dovrebbe essere localizzabile rapidamente, pur se non in tempo reale. Al momento non si sa infatti in quale direzione si stia muovendo attualmente. Intanto l’Ufficio caccia e pesca retico avvierà la procedura già adottata con M13, ossia i guardiacaccia seguiranno gli spostamenti dell’orso e interverranno in caso di bisogno.

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da Radio televisione Svizzera

Orso sfuggente nei Grigioni
Il trasmettitore di M25, avvistato settimana scorsa, non ha inviato segnali negli ultimi giorni


L'orso M25 proveniente dall'Italia entrato la scorsa settimana nel canton Grigioni sfugge alla sorveglianza dell'Ufficio per la caccia e la pesca. Il trasmettitore, applicato al maschio di due anni in Tirolo perché aveva aggredito delle pecore, non ha inviato segnali durante il fine settimana. Lo comunica oggi il responsabile dell'Ufficio Georg Brosi. Gli scorsi giorni il grande predatore si è trattenuto in Engadina, nell'area di Zernez, dove nella notte tra venerdì e sabato ha sbranato due pecore. Sabato sera era poi stato avvistato più volte a sud del passo della Flüela. Le autorità ricevono sul telefonino segnali sulla posizione dell'orso ad intervalli di otto ore. Il fatto che durante il fine settimana non sia stato inviato alcun dato potrebbe esser dovuto, secondo Brosi, alla posizione priva di segnale GPS in cui si trova l'animale. L'ipotesi che il trasmettitore sia danneggiato è piuttosto improbabile, sostiene Brosi.
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