Questo articolo è molto in tema, ci serve a capire come i nostri governanti affrontano il problema dell'ambiente... come un'opportunità di affari, certemanete per le tasche di qualcuno, ma non per la salute nostra.
I soldi per comprare i giocatori dell'Xxxxxx Mmmmmm YYYYYYYY li prende da qui, da questo piccolo paese sulle coste sarde. Ma non sentitevi esclusi: anche voi contribuite a investire sulla squadra. Ogni volta che pagate la bolletta della luce. Sarroch è in provincia di Cagliari. Vi sorge lo stabilimento di raffinazione della Saras, la società di famiglia dei petrolieri YYYYYYYY, fondata nel 1962 da papà Aaaaaaa (già presidente dell'Xxxxxx). Dal satellite si vede che l'impianto è di gran lunga più vasto dell'agglomerato urbano. È sulla costa, per permettere l'attracco delle petroliere: un quarto del petrolio trasportato via nave nel mondo passa di qua, dal mare di Sardegna. È la più grande raffineria di petrolio del Mediterraneo per capacità produttiva: 15 milioni di tonnellate l'anno di petrolio grezzo trattato, che per la maggior parte viene dalla Libia e dal mare del Nord. Tra i clienti Shell, Repsol, Total, Eni, Q8, Tamoil.
I conti di Saras sono ottimi: 5,5 miliardi di euro di ricavi nel 2005, un bel più 48% rispetto al 2004, e utili per 332 milioni (ancora: più 47% sul 2004). E nei primi mesi del 2006 le cose marciano anche meglio, con risultati netti che raddoppiano rispetto allo stesso periodo del 2005. Saras dà lavoro a 1.600 persone. Ma il vero gioiello dell'azienda sta nell'angolo sudorientale dell'impianto: è la centrale elettrica Sarlux. La Sarlux è una società posseduta al 100% da Saras. La centrale produce energia elettrica bruciando gli scarti di lavorazione che la Saras produce raffinando il petrolio. Questo scarto si chiama tar, detto anche "olio combustibile pesante", una pece semi solida che potrebbe essere utilizzata per fare bitume, e che per essere bruciata viene gassificata e irrorata di ossigeno.
È un combustibile altamente inquinante, molto più del metano di solito utilizzato nelle centrali elettriche. L'impianto brucia 150 tonnellate di tar l'ora. Oltre a CO2, ossidi di azoto ed emissioni varie, a fine anno la combustione lascia in dote 1.400 tonnellate di scarti di zolfo e concentrati di metalli, come il vanadio e il nichel.
L'energia prodotta dalla centrale Sarlux viene tutta comprata da un ente pubblico, il Gestore del sistema elettrico (Grtn), che la paga il doppio di quanto varrebbe sul mercato. Questo accade perché per la legge italiana l'impianto Sarlus è un impianto "assimilato" alle fonti rinnovabili, e per tanto va incentivato come queste ultime.
Come sia possibile che una centrale che brucia scarti della lavorazione del petrolio sia pagata come fosse un impianto a energia solare lo dobbiamo al famigerato provvedimento Cip6 (comitato xxxxxxministeriale prezzi) del 1992. All'epoca il governo decise di agevolare la costruzione di impianti rinnovabili garantendo di comperare (all'epoca attraverso Enel) elettricità a un prezzo più alto, il doppio e in alcuni caso il triplo, e destinando alla collettività, attraverso le bollette, l'onere del sostentamento dell' energia pulita. Ma poi allargò questa opportunità anche a un numero limitato di altre centrali che utilizzavano fonti che definì "assimilate", e che di
rinnovabile non avevano nulla: per la precisione gas, carbone, tar, rifiuti. Da allora gli italiani pagano anche il 10% in più sulla bolletta pensando di contribuire alla diffusione di energia pulita. Invece l'80% di quei contributi finisce a impianti come quello dei YYYYYYYY. Per il 2005 parliamo di oltre 3,1 miliardi di euro (erano 2,3 nel 2004). Oggi il meccanismo Cip6 è stato superato da quello dei certificati verdi nato nel 1999, che non prevede fonti "assimilate", ma le convezioni stipulate nel passato sono ancora per la maggior parte attive.
Sarlux non è l'unica a trarre vantaggio da questa situazione. L'elenco dei beneficiari non è pubblico, ma sappiamo che metà della torta finisce a Edison, che appartiene ai francesi della Edf. Anche altri petrolieri, come i Garrone di Erg o i Brachetti Peretti di Api godono delle incentivazioni con impianti simili, che producono cioè elettricità bruciando scarti della lavorazione del petrolio (vedi box sotto).
Ma l'impianto dei YYYYYYYY ha qualche particolarità xxxxxxessante: la prima, è che è uno dei più grandi, con i suoi 575 megawatt di potenza e 4 miliardi di kilowattora prodotti l'anno. La seconda particolarità è che è tra gli ultimi ad aver accesso agli incentivi, visto che la convenzione è partita l'8 gennaio 2001. Tra l'altro la convenzione di Sarlux dura 20 anni, cinque in più rispetto a quanto stabilito dal provvedimento Cip6. Stando all'analisi della società, il prestito di oltre un miliardo di euro stipulato nel 1996 con Banca Intesa e Banca europea per gli investimenti per costruire l'impianto dovrebbe essere ammortizzato entro il 2011. Poi saranno dieci anni di guadagno netto. Un paradosso ulteriore è che più cresce il prezzo del petrolio, lo stesso che i YYYYYYYY vendono pochi metri più in là, maggiore è il contributo che lo stato riconosce all'impianto Sarlux in quanto fonte "assimilata" alle rinnovabili. Sarlux è strategica per i YYYYYYYY, tanto che anche nella fase di approvvigionamento del petrolio grezzo si tiene conto delle esigenze della centrale. È vero, rispetto al fatturato del gruppo i ricavi equivalgono solo a un decimo, ma gli utili di Saras sono per oltre il 36% riconducibili alla centrale elettrica (122 milioni di euro su 332). Senza gli incentivi produrre elettricità costerebbe moltissimo, molto più di quanto si guadagnerebbe vendendola (solo per l'ossigeno impiegato per la combustione Sarlux spende 50 milioni di euro l'anno). E se non vengono bruciati, gli scarti di lavorazione si tramutano, da fonte in guadagno, in un costo, perché sono rifiuti speciali e vanno smaltiti adeguatamente.
A maggio Mmmmmm e Gggggggggg YYYYYYYY, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Saras, hanno messo in vendita le azioni della società che detenevano a titolo personale, facendo sbarcare l'azienda in borsa. Oggi il 46% di Saras è in mano al mercato. I fratelli avranno comunque il controllo dell'azienda attraverso la finanziaria di famiglia Aaaaaaa YYYYYYYY s.a.p.a., che mantiene il 60% delle azioni.
La vendita di azioni ha fruttato ai fratelli poco meno di un miliardo di euro ciascuno. Immaginiamo che parte di questi soldi verranno investiti su qualche buon giocatore. Le azioni, vendute a 6 euro l'una, per lotti minimi di 600 azioni, sono andate a ruba. Il giorno dopo il debutto a piazza Affari, però, il titolo è crollato del 10%. A fine luglio chi ha investito in Saras perdeva il 20% (un'azione era quotata 4,8 euro). Per gli investitori che hano creduto in Saras non resta che sperare nel campionato.
Pietro Raitano
Altreconomia - n° 75, settembre 2006
Gli altri nomi dei "debitori"
Non solo YYYYYYYY. In Italia esistono almeno altre due centrali elettriche che bruciano scarti della lavorazione del petrolio e vengono incentivate come fossero fonti rinnovabili. La prima è a Priolo Gargallo (Siracusa), e appartiene alla IsabEnergy, a sua volta controllata dalla Erg della famiglia genovese dei Ggggggg. Anche in questo caso la centrale sorge accanto all'impianto di raffinazione. Nel 2005 IsabEnergy ha fatturato 522 milioni di euro (44 in più rispetto al 2004), almeno 300 dei quali derivanti dagli incentivi Cip6.
Per la società significano 94 milioni di euro di utili, che forse serviranno a comprare giocatori alla Ssssssss, di cui Ggggggg è proprietario. L'altro impianto è a Falconara Marittima (Ancona), e appartiene alla Api della famiglia dei conti Bbbbbb che a Falconara hanno una raffineria da 2,9 milioni di tonnellate l'anno di petrolio. Per loro almeno 150 milioni in sovvenzioni Cip6, su un fatturato del gruppo di 2,7 miliardi di euro e utili (raddoppiati in un anno) di 96 milioni.
In Francia metà della torta
I veri protagonisti dell'affare Cip6 sono i francesi di Edison, ai quali finisce oltre la metà dei contributi italiani per le fonte cosiddette "assimilate" alle rinnovabili. Delle 27 centrali elettriche Edison operanti sul territorio italiano, ben 19 sono incentivate anche se bruciano combustibile fossile. L'unica (magra) consolazione è che si tratta di metano, che tra gli idrocarburi è il meno inquinante. Nel 2005 Edison ha fatturato circa 5 miliardi di euro (più 16% rispetto al 2004):di questi, almeno un miliardo e mezzo sono sovvenzioni. Dopo essere stata controllata da Montedison prima e da Fiat poi, oggi Edison è in mano ai francesi di Edf, il colosso energetico statale. Formalmente la proprietà è della società "Transalpina di energia" che detiene il 71% delle azioni Edison. A sua volta, la Transalpina è per il 50% di Edf, e per la restante metà della Demi, controllata al 51% dall'Aem di Milano. Il resto delle azioni Edison sono detenute direttamente da Edf (17%) e quotate sul mercato (12%).