La Cornetta: breve storia di un'esplorazione

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CadeSpi
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La Cornetta: breve storia di un'esplorazione

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PARTE I

La Cornetta è una piccola elevazione compresa tra la Corna Grande e la cima di Piazzo(a), passa di poco i 2000 metri (2057 m); il suo versante solatio presenta una caratteristica parete rocciosa gialla e verticale erosa da grottoni neri , alta circa 100 metri e terminante con un ardito torrione staccato. Dei brevi salti rocciosi ne proteggono la vetta erbosa, obbligando a percorrere un ampia S per raggiungere la cima, dove si trova una piramide di sassi e una piccola croce metallica. La parete nord, che incombe sulla selvaggia valle dei Bruciati è tutt’altra cosa. Poco visibile dal fondo valle e dalla strada, appare e scompare per brevi attimi salendo i tornanti che portano a Ceresola di Valtorta. E’ da qui che l’ho notata la prima volta, da dove si mostra come una grande parete calcarea alta quasi 500 metri. Ho cominciato a cercare, prima sulle mappe, poi un giorno d’inverno sono andato a fotografarla dalla strada che porta alla frazione Costa di Valtorta, per studiarne le linee innevate, portando a casa l’idea di una parete tetra, con grandi strapiombi e cominciando a tracciare delle linee immaginarie.

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Ho poi cercato informazioni e note storiche, senza grande successo:
ho trovato solo due salite, del 1934 e del 1935, entrambe di una cordata comasca, di cui non era stato possibile avere notizie dettagliate oltre alle scarne note della Guida ai Monti d’Italia: “per il versante NORD: ore 6; 4° grado con passi di 5° - itinerario tracciato da L. Pozzi e M. Valvassori il 7 ottobre 1934”. Un ritaglio dello Scarpone del ’35 specificava poco di più, oltre a precisare che l’attacco si trovava in corrispondenza di un piccolo nevaio. I locali parlano anche di una via di salita facile, seguita dai cacciatori, di cui però non si riescono ad avere notizie.
Sono poi presenti due vie a spit, Diedrone e Padania, relazionate e ripetute, ma su una piccola struttura ben distinta (e distante) dalla parete nord della Cornetta.
Persino per gli escursionisti i sentieri della valle dei Bruciati sono ostici e poco evidenti. Così, basandomi su una vecchia mappa, immagino inizialmente di approcciare la parete dalla valle Secca, prendendo una traccia che poco sopra la baita Abitacolo risale verso una piccola altura denominata Legni Marci e poi traversa sopra una prima fascia rocciosa sotto tutta la parete nord.
Le note e le fotografie sono rimaste in una cartella per un paio di anni, finché per vari e motivi e soprattutto per il socio giusto è giunto il momenti di dare un'occhiata.

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Ultima modifica di CadeSpi il venerdì 21 settembre 2018, 18:04, modificato 2 volte in totale.
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Purtroppo Il primo tentativo però si infrange miseramente a metà strada tra Legni Marci e la parete, perché la traccia si perde tra mugheti insuperabili e speroni rocciosi instabili. Capiamo però due cose: innanzitutto che la parete non è unicum, ma è articolata in diverse parti distinte e che solo una di queste porta realmente alla vetta. Secondo: che la parte sinistra (est), separata dalla parete principale, che si presenta verticale e compatta, è di difficilissimo accesso per colpa di una barriera di mughi.

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Nel pomeriggio, lasciati gli zaini, facciamo un secondo approccio alla parete passando dal gerone che scende dai Bruciati e ci imbattiamo in alcuni ometti e tracce di passaggio. Seguendoli, tenendo sempre le deviazioni a sinistra, arriviamo in breve e tutto sommato facilmente, in vista della parete ma considerata l’ora ci accontentiamo di osservarla da lontano. In giallo la traccia che abbiamo cercato inutilmente cercato di seguire. In rosso la rotta corretta per accedere alla parete nord. In verde la normale.

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Ritorniamo dopo un mese, con l’idea di esplorare la parete più che di salirla, perché le giornate sono oramai brevi e ci preoccupano le sei ore impiegate dalla cordata del ’34. Risaliamo velocemente il sentiero già percorso fino ad arrivare al caratteristico emiciclo di roccia che si trova circa 200 metri prima dell’inizio della parete vera e propria. Notiamo la qualità della roccia, molto bella e lavorata, e immaginiamo che sia stata la sede del nevaio indicato come punto di attacco della relazione. La parete principale, osservata da qui, perde tutta la sua compattezza e si presenta come un labirinto di creste, incise da canali e inframmezzata da strapiombi gialli.

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Curiosamente tutte le linee sembrano andare da destra a sinistra, creando un sistema di “quinte” sovrapposte che rendono difficile individuare una via diretta alla cima. Inoltre appare evidente che la cima vera e propria non è visibile, perché arretrata rispetto alla parete per una amplissima cengia erbosa. Ci portiamo all’attacco del canale più evidente, costituito da un diedro camino nero sotto la verticale di un grande tetto, ma decidiamo di non “entrare in parete”. Incontriamo invece una traccia che passa sotto tutta la parete e, immaginando che si tratti della stessa che avevamo cercato di seguire la volta precedente, la seguiamo a ritroso, passando sotto 2 ulteriori canali e arrivando a un caratteristico passaggio in cui il sentiero entra in una grotta. Qui è presente un cordino con alcune asole e nodi per facilitare il superamento di un tratto friabile. Di sicuro qui passano cacciatori, anche se magari non in tempi troppo recenti (il cordino non va usato in quanto ancorato a roccia marcia).

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Torniamo sui nostri passi e attacchiamo il primo canale sulla sinistra della parete, consci che poco sopra dovrebbe girare verso destra e portarsi in un vallone prativo. Abbiamo corda e scarpette ma non usciranno mai dallo zaino. Saliamo nel canale e per creste, senza passaggi obbligati, tenendoci su difficoltà fino al III° e cercando sempre la roccia migliore, che risulta infatti molto bella.

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Ci spostiamo progressivamente verso la parte centrale della parete, rimanendo tuttavia lontani dalla parte alpinisticamente più interessante.

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Arrivati nell’ampio cengione (ma più corretto chiamarlo “conca”) sotto la cima, per cresta su roccia ottima raggiungiamo la vetta.

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Anche se la salita non può definirsi fino in fondo “arrampicata” siamo soddisfatti, sia perché è la prima volta che arriviamo in vetta, sia perché abbiamo capito molto della morfologia della parete: è infatti costituita da grandi quinte rocciose che vanno da destra a sinistra. Il canale centrale separa le prime tre quinte da un’altra serie di strutture simili ma meno marcate, che terminano tutte sulla cresta nord ovest. Inoltre la parete è attraversata da parte a parte da almeno due cenge, a volte ampie a volte strette e franose, che permettono di spostarsi abbastanza agevolmente in orizzontale. E’ probabile che le cenge siano collegate e continue, e portino alla marcata traccia di sentiero che passa ai piedi della linea di cresta (versante nord), ma non le abbiamo mai esplorate completamente.

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PARTE II

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Passa l’inverno e passa la primavera, finalmente nevosa, e la Cornetta va nel cassetto, ma all’inizio dell’estate il progetto di salire la parte centrale della parete torna d’attualità. Abbiamo oramai individuato il percorso che dovrebbe aver seguito la cordata Pozzi-Valvassori, seguendo il canale fino alla cresta, e vorremmo provare una diversa possibilità, quella di mantenerci nell’articolata parte centrale andando a prendere uno dei due grandi diedri/camini che sono tra le poche strutture ben definite della parete. Una mattina di fine giugno ripercorriamo l’oramai ben noto avvicinamento e arriviamo alla falesia semicircolare, dove troviamo il nevaio.

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Anzi, per superare la falesia (tutta a destra) si fa una partenza speleoghiaccioalpinistica. Con grande sorpresa troviamo anche un pezzo di materassino da bivacco stracciato, a cui però non sappiamo dare un’età.

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Arriviamo all’attacco del canale centrale e partiamo. Con un tiro di 30 metri superiamo il primo diedro (III°-III°+, umido) e saliamo una bella placca facile. Poi proseguiamo fino alla fine della corda sul fondo del canale sostando su spunzone (S1, III+, 60 m).

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Il canale gira a destra sotto un salto e noi attacchiamo la parete di sinistra in prossimità di un diedro aperto che parte leggermente strapiombante. Saliamo tenendo bene a mente le foto della parete, mirando a portarci all’area di mughi sospesa sopra il grande strapiombo basale (S2, 50 m, IV-,III 1 cuneo lasciato).

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Con altri due filate facili saliamo fino a raggiungere la prima delle due cenge (100 m circa, passi di III). La seguiamo a sinistra per qualche metro, fino a un canale e risaliamo una caratteristica rampa su roccia buona che porta a un piccolo intaglio con un albero (S3, 25m, III, sosta su albero). Questa è la chiave di accesso alla parte centrale della parete e ai due diedri/camini.

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Attacchiamo la parete sopra l’albero, superando un bel tiro di 50 metri su roccia ottima e andando a sostare poco sopra sulle rocce di sinistra di sinistra di un canale erboso (60 m, IV+,III, IV-, 1 ch. su passetto strapiombante in uscita, sosta su chiodi da allestire). Attraversiamo il canale e puntiamo verso la parete gialla e la fessura camino di sinistra tra le due visibili identificabili dal basso e alla cui base sostiamo (S5, lasciato un cuneo).

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La fessura incide la parte terminale della parete, tra strapiombi gialli e verticali. La sale Davide, con arrampicata molto bella e una traversata da sinistra a destra leggermente strapiombante con un movimento strano e difficile (S6, 30 m, V, V+ sosta su chiodo e cuneo).

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Si prosegue poi nella fessura con un passetto iniziale di V° e ci si trova in cima a un poco marcato torrione (S7, 25 m, V, III, sosta su spunzone, cordone di calata). Con una doppia di 30 si scende e senza strada obbligata si sale in direzione della cima affrontando, se si vuole, un ultimo tiro di circa 50 metri sulla parete rocciosa di destra.

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