Coltello Bergamasco

Segnalazioni e ricerche storiche in Valle Brembana..
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Emiliano
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Coltello Bergamasco

Messaggio da Emiliano »

Ciao a tutti,

vorrei iniziare una ricerca sul coltello bergamasco (spesso detto anche "coltello della Valle Brembana"), in rete si trova veramente molto poco, un sito in cui vi erano informazioni è sparito, un altro contiene solo qualche accenno ( http://digilander.libero.it/forgiaberg/bergamasco.htm )... il panorama è piuttosto desolante a_11
I coltelli "bergamaschi" attualmente sono prodotti in provincia di Lecco (Premana) e, saltuariamente, da artigiani locali. Mi chiedevo se qualcuno di voi disponesse di informazioni interessanti e/o immagini di vecchi coltelli (magari di famiglia).
L'impressione è che si stia perdendo, o che si sia già persa, una importante testimonianza della vita di un tempo nelle nostre valli.

Grazie per l'eventuale aiuto!

Emiliano
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andrea.brembilla
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da andrea.brembilla »

Bella storia! Confesso che ho sempre chiamato questo tipo di coltelli Opinel, dalla mitica marca. Non sapevo proprio che coltelli tutto sommato simili avessero origini bergamasche... a_11
Andrea Carminati, brembano; moderatore forum
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Emiliano
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da Emiliano »

Rispetto all'Opinel il bergamasco è di qualche secolo più antico :-)
Brembanus
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da Brembanus »

Credo che sappia tutto sui coltelli Flavio Galizzi di San Pellegrino Terme, animatore dell'Associazione Coltellinai bergamaschi.
Interessanti informazioni si possono trovare anche a Valtorta, dove fino a pochi anni fa venivano prodotti i coltelli A.P.V. (Annovazzi Paolo Valtorta).
Emiliano
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da Emiliano »

Brembanus ha scritto:Credo che sappia tutto sui coltelli Flavio Galizzi di San Pellegrino Terme, animatore dell'Associazione Coltellinai bergamaschi.
Interessanti informazioni si possono trovare anche a Valtorta, dove fino a pochi anni fa venivano prodotti i coltelli A.P.V. (Annovazzi Paolo Valtorta).
Sì, nella pagina che ho "linkato" vengono indicati i nomi che hai riportato... la difficoltà è contattarli, magari mando un'email ai Forgiatori Bergamaschi.
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lo shu
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da lo shu »

per aiutarti nella tua ricerca:

ho un vecchio coltello di mio bisnonno (classe 1854)
credo che il coltello non sia così vecchio ma potrebbe essere di fine '800 inizio '900
penso sia bergamasco ( mio bisnonno è sempre vissuto in valbrembana )
la forma è leggermente diversa da quelli che vengono realizzati attualmente
ho guardato su vari siti che parlano di coltelli regionali ma non ne ho trovato di simili
come puoi vedere dalle fotografie è abbastanza in cattivo stato ... ma dato gli anni...
il manico è la parte messa meglio e si vedono anche delle piccole incisioni ( poco evidenti nella fotografia )
5 serie di 3 puntini, 1 serie di 2 puntini e 3 serie da un puntino con due linee che li racchiudono
(la lavorazione è su entrambi i lati)
dimensioni:
manico 125 mm circa ( non so dirti di che essenza sia il legno, forse pero o ciliegio e non ha venature evidenti )
lama 85 mm circa ( in origine penso fosse di 120/122 mm )
la qualità del metallo non sembra delle migliori

la realizzazione è molto semplice con soli 4 pezzi
- manico
- lama
- fascetta ( ottone ? )
- rivetto

non ha sicurezza

la forma è semplice ma bella ( a mio parere ), lineare, elegante e molto funzionale
la forma del manico lo rende comodo da impugnare e la dimensione si adatta anche a mani grandi

è abbastanza leggero

allego una fotografia

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ho fatto anche uno schizzo di come poteva essere la lama

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saluti,

giovanni
Emiliano
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da Emiliano »

Grazie mille Giovanni a_14 molto interessante sia il racconto che le fotografie!!!
Emiliano
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da Emiliano »

Ho avuto la fortuna di trovare in una rivista del "Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana" un bellissimo articolo che vi ripropongo di seguito, spero possa essere di vostro interesse.
Ho in atto altre ricerche e varie idee mi passano per la mente, tra qualche tempo, dopo opportuna elaborazione, le pubblicherò nel forum.

Ecco l'articolo di cui scrivevo sopra:

Da Caccia in Val Brembana - Agosto 2005 - Anno IX - n° 25
Di Piergiorgio Mazzocchi

Nelle valli bergamasche, ad una economia basata su una povera agricoltura di montagna, è sempre stata affiancata un’attività artigianale di lavorazione del legno e del ferro, per integrare le entrate e per coprire i tempi morti dati dalle pause stagionali e vista anche la disponibilità di materie prime come legname, ferro e l’ abbondanza d’acqua da sfruttare come forza motrice. Soprattutto in inverno ci si dedicava alla costruzione di oggetti di supporto all’agricoltura o per la casa. Tra gli oggetti di uso quotidiano, indispensabili per chi lavora in alpeggio, nei boschi, o per chi si dedicava alla caccia, era il coltello da tasca.

Quel coltello tanto amato da essere quasi un oggetto di culto da parte di alcuni, che lo personalizzavano con intagli a motivi tradizionali e con il nome del proprietario. Della ricchissima produzione di armi bianche nel medioevo e fino al XVII secolo, armi in asta come alabarde, falcioni, ronconi, partigiane, prodotte a Zorzone e Oltre il Colle, alle lame e spade prodotte a Gromo, dove si producevano finissime spade e lame grezze da esportare ("traggonsi lame grezze da Gromo, Gandolì et Colaret" cita un documento del secolo XVII, conservato nella biblioteca Queriniana di Brescia), sino ai coltelli da macelleria prodotti a Clusone, esportati e apprezzatissimi in Inghilterra all’inizio del XX secolo, non rimaneva alla metà di quel secolo che la produzione di attrezzi agricoli dei magli e la piccola produzione locale di coltelli da tasca. Nelle nostre valli, già sin dal tempo dei romani, e forse anche prima, si estraeva il ferro, che era lavorato sul posto, ed è proprio grazie alla presenza di minerale ricco di ferro che si era sviluppata la produzione di armi bianche che cominciò a decadere con l’avvento delle armi da fuoco. Il coltello bergamasco è un manufatto esclusivamente da lavoro o d’uso quotidiano, ben lontano dai modelli e misure di altri coltelli italiani che già fin dal primo sguardo fanno capire che non erano certo stati fatti per tagliare un pezzo di bergna (carne secca, n.d.r) o di formaggio. Tuttavia proprio perché di uso quotidiano e oggetto personale raggiunse, grazie anche all’abilità, all’estro e in alcuni casi al gusto artistico del coltellinaio, una forma e un modello che si è guadagnato, sul libro “Coltelli d’Italia” di Giancarlo Baronti questo bellissimo riconoscimento "… uno di più belli tra i coltelli italiani, il coltello bergamasco, che con la mobilità delle sue semplici linee, la proporzionata leggerezza e insieme la potenza delle sue meditate forme riesce immediatamente a dare il senso della perfezione estetica e del rigore funzionale".

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Modello classico Valle Brembana


IL MODELLO BASE

Il coltello bergamasco tuttavia andrebbe meglio definito in quanto ci sono modelli diversi dovuti ai luoghi di produzione, modelli dettati anche dall’uso a cui era destinato. Si vengono così a formare due modelli principali, come ho avuto modo di definire modello Val Brembana e modello Val Seriana. Il primo è il classico bergamasco, con la lama ricurva, adatto a lavorare un pezzo di legno, forme di formaggio, scuoiare, costruire archetti. Si presenta con un filo ricurvo, una gobba sul lato opposto, vicina alla ghiera, che facilita l’impugnatura perché permette di appoggiarvi il pollice. Dalla gobba in poi, più o meno marcata a seconda del gusto del coltellinaio, si delinea uno sguscio tale da conferire la forma di una mezzaluna. Il manico di solito è in legno di bosso, a volte di corniolo. La produzione degli anni sessanta-settanta lo vede in faggio fino agli ultimi in ciliegio e in noce; vi sono tuttavia delle eccezioni rare, ma gustose di esempi in corno bovino (Foppolo e Pizzino). Anche il manico ha una forma molto particolare: è leggermente ricurvo per contenere la lama e termina, al tallone, con una elegante protuberanza che migliora la presa, oggi lo definiremmo di forma anatomica. La ghiera, oltre che di valore estetico serve per fissare meglio la lama, nei più antichi è in ferro ora è di ottone. Non esiste il fermo per la lama e questo è dovuto al fatto che, con il fermo, il coltello rientrava nei modelli proibiti. Le forme ci appaiono già abbastanza definite negli affreschi del ‘400, presenti sul nostro territorio, e anche in alcuni dipinti del secolo successivo. I primi coltelli tuttavia erano a tronco fisso. Il coltello chiudibile, anche se conosciuto, era più raro e soltanto in seguito per le restrizioni imposte, per motivi di sicurezza, si venne a formare la forma attuale chiudibile. A questo proposito è possibile vedere nel Museo della Valle, di Zogno, un’ordinanza austriaca del 1830, nella quale si stabilisce la forma e la misura dei coltelli permessi e le pene per chi portava modelli vietati.


ECCO I PIÙ ANTICHI

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Ecco uno dei dei modelli a tronco fisso più antichi. La lama più grande è probabilmente la più antica ritrovata fino ad oggi. La seconda non è mai stata montata sul manico, è rimasta un incompiuto. La lama del coltello intero si può far risalire negli Anni a cavallo dei secoli XVI-XVII. È montata su un corno di camoscio, probabilmente posteriore all’epoca della lama.

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Coltelli di Carona a lama fissa ma non antichissimi, probabilmente erano destinati all’uso in cucina.

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Coltello che in origine era a tronco fisso e rifatto successivamente a modello
chiudibile.

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Tronco fisso, molto vecchio, la lama già richiama il modello classico brembano.


LO USAVANO PER ACCENDERE IL FUOCO

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Vecchissimo serramanico, privo di punzone. Difficile stabilire l’età di questo coltello, una cosa è certa: sul dorso della lama presenta una zigrinatura a motivi apparentemente ornamentali, si tratta invece della parte metallica dell’acciarino. Sfregando la pietra focaia sul dorso della lama ( si nota sul pezzo una notevole usura), si ottenevano le scintille che cadendo sull’esca accendevano il fuoco. Noi siamo abituati ad accendere il fuoco con l’accendino, alcuni ricordano, o usano ancora i fiammiferi, ma l’uso dell’acciarino arriva almeno fino alla metà del secolo XIX .


IL COLTELLO A DUE MANI

Anche oggi ci sono dei tentativi di applicare un fermo alla lama per renderla più sicura. Io sono dell’idea che chi non sa usare un coltello come questo forse è meglio che non usi coltelli da tasca. Le lame erano anticamente ricavate da vecchie lime, balestre di carro e anche dal codolo della falce quando questa aveva raggiunto il limite del suo utilizzo, tuttavia anche in epoca piuttosto recente vi erano dei coltellinai che ricavavano in loco il metallo come, ad esempio a Mezzoldo dove Carlo Molinari, 1880 – 1944, estraeva in una località vicino all’attuale bar Baita il metallo. Preparava e ammassava il minerale all’interno di una catasta di legna e una volta esaurito il fuoco, portava a valle i blocchi di metallo che si erano formati con il calore, questo era poi purificato con martellatura. Questa tecnica molto probabilmente era usata anche in altre zone, in periodi di scarsità di materiale e certamente è quanto rimaneva della conoscenza delle tecniche usate nell’antichità per ricavare il metallo che si lavorava nelle nostre valli. Il Molinari di professione era boscaiolo e in inverno costruiva coltelli su ordinazione, possedeva una piccola fucina, senza maglio, preferiva usare acciao di lima, in mancanza di questo se lo autoproduceva. Costruiva anche modelli molto grandi per lavorare il legno ( vengono infatti impugnati come un coltello a due mani), i suoi coltelli, tra quelli vecchi, sono i più grandi: arrivavano, aperti, fino a 36 centimetri, come un pezzo in mio possesso, contro i 31 centimetri del modello di Cassiglio. A Mezzoldo erano attivi fino al 1925, in località Scaluggio, un maglio, una segheria e un mulino, posti a diversi livelli nella stessa casa per sfruttare meglio la caduta dell’acqua. Purtroppo l’ultima alluvione ha portato via tutto… Più su, verso il passo San Marco, più o meno nella zona già citata, c’era una fonderia. Quindi si lavorava tutto in loco!
Il coltellinaio rimasto più famoso in valle è Paolo Anovazzi di Valtorta scomparso negli Anni Ottanta del secolo scorso, è anche stato l’ultimo della vecchia generazione. Usava molto lame ricavate dalle lime, bosso per il manico, firmava le lame con il punzone APV ( Anovazzi Paolo Valtorta), possedeva una piccola fucina, senza maglio e anche suo padre era coltellinaio. A Valtorta esisteva anche una forte tradizione nella produzione di chiodi, alla quale si dedicavano diverse famiglie in inverno.

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Il grosso coltello usato a due mani di Mezzoldo


LAME RICICLATE DALLE FALCI

Altra famiglia molto famosa in valle era quella dei Belotti di Camerata Cornello che produceva non soltanto coltelli da tasca, ma anche pezzi da cucina, da macelleria e ferri agricoli. L’ultima produzione di coltelli non era firmata (esistono vecchissimi modelli con il punzone B, ma non è accertato che siano loro); tuttavia, i loro modelli sono riconoscibilissimi perché avevano i Belotti l’abitudine di lavorare il manico, sempre in bosso, con una zigrinatura a calcio di pistola ed anche se altri occasionalmente la usavano, questa è rimasta una loro peculiarità. Usavano per le lame vecchie lime, balestre e forse sono stati gli unici a riciclare il codolo della falce, che era fornito dallo stesso richiedente.
I Belotti erano abilissimi anche nel forgiare i ferri da miniera con una conoscenza molto approfondita anche sul minerale da estrarre e in base alla qualità di questo forgiavano, dopo aver analizzato il sasso, un ferro con tempra adeguate a questo usando la tecnica del fer assalat: su una lama morbida si applicava sul filo, per bollitura, una lamina più sottile di acciaio durissimo, tecnica questa conosciuta e applicata anche dai Celti e precede la tecnica dell’acciaio a strati o damasco.
Anche a Zorzone, ed è naturale data la secolare tradizione della produzione di lame, e del lavoro in miniera, era attivo fino agli Anni settanta, ottanta del secolo scorso Angelo Palazzi detto Pustì. Costruiva il modello classico della valle Brembana su ordinazione e a volte usava la zigrinatura come i Belotti, probabilmente su espressa richiesta del committente. A Carona vi erano magli, fucine, segheria e mulino (ora in fondo al lago artificiale) dove probabilmente si lavorava il metallo estratto sull’Armentarga. Fino agli Anni settanta è stato attivo Riceputi Giuseppe 1888- 1972, professione mugnaio e fabbro. Costruiva coltelli soprattutto per i bergamì, comunque su ordinazione. Punzone GR con il segno dell’unghia molto elegante che richiama un animale mitologico, forse un coccodrillo. Anche il figlio Fiorino Riceputi (1913-1973) era costruttore di coltelli, il soprannome di famiglia era i Ferdinancc). Il nipote che ci ha raccontato la storia possiede ancora tutta l’attrezzatura e non sa se c’erano altri coltellinai. Tuttavia possiedo tre coltelli con il punzone BC CARONA, il che fa pensare che nelle fucine si lavorassero un buon numero di coltelli da mandare sui mercati o nelle fiere, e che ci fossero altri coltellinai. Anche il coltello di Carona ha il manico in legno di bosso e la qualità dell’acciaio è elevatissima.

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Produzione APV - Annovazzi Paolo Valtorta

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Produzione Belotti di Camerata

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Lama punzonata BC Carona

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Bel modello con lama firmata Riceputi


IL PIÙ SCONOSCIUTO, E ANCHE IL PIÙ BELLO, È QUELLO DI FOPPOLO

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Il coltello più sconosciuto, ma senza ombra di dubbio il migliore per qualità dell’acciaio (forse lame di Carona), ed abilità di costruzione oltre a gusto artistico è quello forgiato a Foppolo dove erano attivi fino a circa settant’anni fa i Papetti, Antonio, Luigi e Sandro. Di professione bergamì, possedevano un piccola fucina dove in inverno costruivano coltelli e piccoli attrezzi su ordinazione. Erano anche bravissimi a scolpire il manico in bosso con animali mitici come si può vedere dalla immagine che proponiamo:

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Coltello di Foppolo di costruzione Papetti, ma con lama dal punzone ancora sconosciuto

Uno dei rarissimi esempi di manico in corno bovino proviene da questa famiglia, l’altro è di un certo Vitali, vissuto all’inizio del secolo scorso a Pizzino (Taleggio) dove faceva il bergamì transumante tra Pizzino d’estate e la bassa milanese in inverno. Costruiva coltelli in corno bovino, abbelliti con intarsi in ottone usando la tecnica del chiodo: praticamente eseguiva dei disegni ottenuti con una specie di punteggiatura fatta con chiodini di ottone con un ottimo risultato estetico. Probamente acquistava le lame.
Alti coltelli erano prodotti in zona Acquada (Zogno), ma non è dato saperne di più per il momento come del resto per Cassiglio.
Anche a Lenna nelle vicinanze del santuario della Madonna della Coltura probabilmente producevano coltelli Rinaldo Paganoni e Vittore Calvi.
Le due famiglie possedevano mulino, maglio e fucina. Poco lontano, in località Miniera, vi era effettivamente una miniera di proprietà della famiglia Calvi. Che qui si costruissero coltelli è qualche cosa di più di una supposizione, perché alcuni pastori (i Cler) ricordavano coltelli provenienti da quella zona.
Anche in valle Imagna, fino agli Anni Cinquanta del secolo scorso, si facevano coltelli da cucina in gran numero, e da tasca su ordinazione (specialmente roncole chiudibili), a Rota Dentro dalla famiglia Moscheni ( i Cinqui) che possedeva un maglio sul torrente Imagna.
Nel maglio di Clanezzo dove la famiglia Personeni ha lavorato dall’inizio del secolo scorso non si producevano coltelli da tasca, in compenso si forgiavano in gran numero di coltelli da cucina fino agli Anni Sessanta.


LA PRODUZIONE OGGI È A... PREMANA

Praticamente se si scava nella storia si può trovare una produzione di coltelli modelli Valle Brembana in ogni paese dell’alta valle, coltelli che venivano esportati anche in Francia dai nostri emigranti, soprattutto dai boscaioli e dai carbonai sin dall’ ‘800, e in numero di pezzi piuttosto elevato. Con la scomparsa degli ultimi coltellinai si è corso il rischio di perdere la tradizione del nostro coltello; tuttavia l’attaccamento e l’abitudine a quelle forme e linee da parte della nostra gente ha fatto in modo che la produzione fosse portata avanti dai coltellinai di Premana. Il coltello bergamasco non è nato a Premana, tuttavia, data la richiesta del mercato e dei rivenditori ( molti coltelli venivano prodotti per negozi con il punzone recante il cognome del rivenditore, quindi può capitare di vedere gli stessi coltelli con firme diverse), la produzione continua ancora oggi, sia nei modelli Valle Brembana sia Valle Seriana, anche se la qualità delle lame lascia un po’ a desiderare in confronto alla produzione autoctona. Va comunque riconosciuto il merito ai premanesi di aver mantenuto viva la nostra tradizione.
Negli ultimissimi anni, grazie anche all’interesse dei collezionisti e la voglia di una riscoperta della nostra coltelleria, è rinata una produzione bergamasca dei nostri coltelli. Si tratta di appassionati, saggiamente consigliati da qualche esperto come ad esempio Benedetto Valoti del “Maglio di Seriate”( la sua famiglia esercita la professione del maer – maestro di ferriera - da generazioni ) i quali hanno ripreso una produzione, piccola sì, ma di notevole qualità sia dal punto di vista estetico, anche con legni e materiale pregiato, sia nell’acciaio, riproducendo anche il damasco o acciaio a strati. Benedetto è anche il portatore di tradizione e conoscenza della lavorazione e forgiatura del gruppo di ricerca Coltellinai e forgiatori bergamaschi molto conosciuto anche fuori provincia, in Italia e anche all’estero. L’associazione, nata nel 1991, su iniziativa di una gruppetto di cultori, Emilio Alberici, Luca Pizzi, Danilo Brugali, Flavio Galizzi … che presero spunto dall’iniziativa di Eligio Ambrosioni di riproporre una dimostrazione della forgiatura del damasco nel maglio di Seriate di Benedetto Valoti. Anche a tutti i nuovi coltellinai e stimatori va un ringraziamento per il merito nel tener viva una tradizione a molti sconosciuta, per il rinato interesse che permette, ad altri di sfoggiare con gli amici un bell’oggetto del quale si va fieri e che è considerato di identità.


I COLTELLI DEL COMPRENSORIO

Anche il nostro Comprensorio ha fatto la sua parte per recuperare la tradizione dei coltelli delle nostre valli. Due infatti sono state le iniziative che hanno avuto al centro lame della Valle Brembana e della Valle Seriana. La prima è stata quella del Coltello Bergamasco, proposto nel 1999 ai Soci, quindi, nel 2003, è stata la volta del Coltello da pastore della Val Seriana, quello, per intenderci, a due lame.
Il primo dei due coltelli, quello Bergamasco, era squisitamente un serramanico da tasca di utilizzo contadino, di ogni giorno e perchè no per la caccia. Il secondo era una sorta coltello multiuso, specifico tuttavia per il pastore che aveva spesso necessità di praticare salassi agli animali con la lama più piccola.

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lo shu
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Re: Coltello Bergamasco

Messaggio da lo shu »

... molto interessante e ... sorprendente ( non mi aspettavo una produzione così varia )

certo che ne sanno fare di cose ste' Bergamaschi !!!

a me piace molto "Lama punzonata BC Carona"

giovanni
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