Inaugurazione sale Paleontologica ed Archeologica al Museo della Valle
Nella giornata dedicata alla conservazione del Patrimonio Culturale europeo, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia e con la Regione Lombardia, s’inaugurano due nuove sale espositive al Museo della Valle di Zogno riferite a due tematiche scientifico-culturali diverse: una paleontologica, l’altra archeologica.
La prima sala contiene i reperti fossili di pesci, rettili marini e terrestri, pesci volanti, crostacei e altro scoperti nel territorio di Zogno a partire dal 1976 e risalenti a circa 220 milioni di anni fa (era geologica del Triassico); la seconda presenta diversi manufatti di epoca preistorica e storica ritrovati a partire dal 1975 nel territorio di Zogno e in altre località della Valle Brembana, quali asce, punte di freccia e di lancia, raschiatoi di pietra, resti di tazze e vasi risalenti ad un periodo compreso tra il Paleolitico e l’epoca medioevale.
Il primo tipo di reperti è il risultato della fossilizzazione dei resti di animali morti sul fondo del mare tropicale che durante il Triassico esisteva al posto del Mediterraneo: un vasto mare chiamato Tetide collegato in modo molto aperto ed esteso con gli attuali oceani Atlantico e Indiano. Quando circa 50 milioni di anni fa cominciò un lento ma graduale avvicinamento dell’antico continente africano verso quello europeo questo mare si restrinse
formando il Mediterraneo mentre il corrugamento delle superfici terrestri portò alla formazione della catena alpina. A causa di questo avvicinamento il fondo dell’antico Mediterraneo, sul quale per milioni di anni si erano depositati i corpi di numerosi animali, in parte si sollevò ed occasionalmente affiorò in superficie sotto forma di strati pietrificati contenenti le testimonianze imprigionate di quella vita primordiale che, nella regione corrispondente al territorio di Zogno, rivelano forme già molto diversificate pur in tempi così remoti. Le loro dimensioni variano da 10 cm. a 200 cm. La preziosità di queste testimonianze sta sia nella loro grande antichità, sia nella loro rarità, sia nel loro loro ottimo stato di conservazione.
Il secondo tipo di reperti è quanto rimane degli strumenti e dei manufatti che gli abitanti della Valle Brembana utilizzarono nella vita di tutti i giorni per onorare e per ricordare i loro defunti. Essi ci parlano del mondo dei primi uomini che abitarono la Valle, i cacciatori ed i raccoglitori del paleolitico e del Mesolitico, e di uomini la cui vita era più simile a quella vita agricola e pastorale che ha caratterizzato il territorio fino a non moltissimi anni fa, ma che nasce durante il Neolitico. Nel Neolitico compaiono anche i primi contenitori di ceramica, utili a conservare, cuocere e consumare gli alimenti. Molti sono di fattura piuttosto grezza mentre altri rivelano una grande perizia sia nella produzione che nella decorazione. Altri reperti, quelli ritrovati nelle grotte e nei ripari del territorio di Zogno, utilizzati per seppellire i defunti dal Neolitico all’età del Bronzo, confermano che, già in epoche così lontane, esisteva la volontà di onorare e ricordare i defunti e sottolineare il loro legame con la comunità di appartenenza attraverso particolari riti e offerte funebri. Il valore di questi reperti non solo sta nella grande antichità, nell’unicità di alcuni manufatti e nella qualità di alcune lavorazioni ma, soprattutto, perché sono gli unici documenti sopravvissuti di una storia remota che, senza di essi, non potremmo raccontare La raccolta e la conservazione di queste testimonianze di vita, oltre a impedire la dispersione di un notevole patrimonio scientifico, serve a conoscere più a fondo la lunghissima storia della Valle Brembana e anche a promuovere la cultura del territorio; nella speranza che le nuove generazioni siano stimolate a continuare su questi passi proseguendo nella ricerca e nella conoscenza del passato, poiché su questa si basa anche una migliore conoscenza di noi stessi e del mondo che ci circonda in accordo con la massima secondo cui la Storia è maestra di vita.
Quando a Zogno c’era il mare:Pronto il museo dei pesci fossili con pezzi unici al mondo
Dopo oltre dieci anni di attesa il 20 settembre s’inaugura la sezione paleontologica. Reperti unici al mondo, come l’Endennia Licia.
«Brembodus ridens» (dal nome del Brembo), «Gabanellia agilis » (in onore di monsignor Giulio Gabanelli, già parroco di Zogno) ed «Endennia Licia» (dalla frazione di Zogno). Cosa sono? Pesci, i cui fossili, per la prima volta sono stati trovati a Zogno. Pezzi unici al mondo, tanto da avere una denominazione che li riporta senza possibilità di errore alla terra in cui vissero anche 200 milioni di anni fa e nella quale, invece pochi lustri fa, sono state trovate le loro tracce. Reperti paleontologici di rilevanza scientifica internazionale, quindi, (tra cui, per esempio, anche un rettile fossile simile a una tartaruga, lungo due metri e denominato «Psephoderma Alpinum») che, insieme ad altre decine, sempre ritrovati nei giacimenti fossiliferi di Zogno, finalmente, dopo un’attesa durata una quindicina d’anni se non più, troveranno la loro giusta collocazione. Il 20 settembre, infatti, al Museo della Valle di Zogno (museo prevalentemente etnografico inaugurato nel 1979 e gestito dalla fondazione Polli-Stoppani), aprirà la nuovissima sala paleontologica, che espone decine di pesci fossili provenienti dagli scavi di Endenna e Poscante finora in parte conservati nel museo della Vicaria di Zogno. Pezzi a volte unici che, purtroppo, negli ultimi anni, in attesa di una sede adeguata, dall’Università di Milano hanno preso la strada dei musei esteri. Reperti dal valore inestimabile da un punto di vista culturale di cui la valle – dove sono state ritrovate – è stata privata. «La sezione paleontologica del museo della Valle – spiega l’assessore al Turismo e vicesindaco Giampaolo Pesenti – rappresenta il traguardo finalmente raggiunto di un percorso durato oltre dieci anni, da quando si ottenne un finanziamento della fondazione Cariplo per l’allestimento della sezione. Da allora gli ostacoli burocratici sono stati tantissimi e tanto tempo è passato. «Alcuni fossili sono ormai persi, finiti in altri musei importanti: so, per esempio, di un reperto sempre trovato a Zogno, esposto a Barcellona. Grazie però alla passione, all’impegno di monsignor Giulio Gabanelli, di Onorato Pesenti e del ricercatore Andrea Tintori, oggi possiamo disporre di un patrimonio scientifico dallo straordinario valore. Che a breve apriremo al pubblico». La sezione paleontologica sarà ospitata in una sala al pianoterra del museo, spazio il cui allestimento iniziò nell’ormai lontano settembre 2003 e che solo, ora, superati tutti i passaggi burocratici e le autorizzazioni della Soprintendenza, trova compimento. Pezzi unici, si diceva. Come il «Gabanellia agilis», un fossile che rivela la presenza di una specie nuova tra i pesci: viveva 220 milioni di anni fa a Zogno, nel mare tropicale caldo della Tetide. «Lungo circa 25 centimetri, sui fianchi presentava un numero eccezionale di file di scaglie, ben 95, che gli consentiva un’eccezionale capacità di nuoto – lo descrive Tintori –. Per la voracità e le dimensioni un antenato dell’attuale Pirana, per la forma, invece, un piccolo antenato del tonno». «Le sue caratteristiche – concluse il ricercatore – sono così peculiari che costringono a classificarlo non solo come una specie nuova, ma anche come genere e come famiglia nuova». E lo storico di Zogno Giuseppe Pesenti, nel 1997, aggiungeva con un «appello alle autorità pubbliche competenti, facendo leva sulla loro sensibilità affinché questo immenso patrimonio culturale, turistico-economico, che il mondo intero ci invidia, possa essere conservato, difeso e divulgato attraverso un museo civico paleontologico da costituirsi nel territorio dei ritrovamenti, ovvero Zogno. Così facendo si eviterebbe che reperti tanto preziosi e rari vengano dispersi in vari musei italiani o esteri dimenticando spesso la loro origine e facendo perdere a Zogno e alla Valle Brembana un’importante parte della loro storia e del loro passato, in altre parole della loro identità». Con la nuova sezione paleontologica al museo della Valle ora quel traguardo è raggiunto. Ma dal 20 settembre aprirà anche la nuova sezione archeologica con l’aggiunta dei ritrovamenti degli ultimi vent’anni, in particolare relativi al culto degli antenati, al culto funerario, alle fortificazioni della valle: ci sono ceramiche, utensili, ma anche reperti ossei, rinvenuti a Zogno e a Ubiale Clanezzo. (fonte Eco di Bergamo