Tratto dai Quaderni Brembani16 di Cristina Longhi1 e Francesco Milesi

Alla fine del 2016, Carlo Milesi durante un’escursione con il padre Francesco e il fratellino Giorgio lungo la riva sinistra del fiume Brembo, poco a nord dell’abitato di San Pellegrino, raccolse quello che, a prima vista, poteva sembrare un grosso chiodo ossidato. Il padre, osservandolo meglio, notò che il “chiodo” aveva una capocchia insolita: anziché essere battuta, come di consueto, era arrotolata. Pensò quindi di tenerlo e di cercare di comprenderne la natura. Il 10 febbraio 2017, decise di portarlo al Museo della Valle di Zogno, dove la custode, Monica Carminati, presumendo l’antichità del pezzo informò la Soprintendenza del ritrovamento. Dalle prime immagini inviate fu subito evidente che si trattava di uno spillone in bronzo del tipo con “testa a rotolo”, una foggia assai diffusa in Italia settentrionale nel corso dell’età del Bronzo (2200 - 900 a.C. circa) e della prima età del Ferro (900 - 600 a.C. circa)2. Purtroppo è impossibile, avendo il solo manufatto e considerata la grande diffusione geografica e cronologica della forma, stabilire una datazione puntuale e precisi richiami di carattere culturale. Inoltre esso è stato evidentemente trasportato dalla corrente del fiume, da un sito archeologico posto a monte, e depositato sulla piccola spiaggia su cui è stato ritrovato; l’oggetto è dunque privo del contesto di origine, che ci avrebbe permesso di raccontare almeno in parte la sua storia. Il valore di ogni reperto archeologico, infatti, non è racchiuso nel manufatto ma nel fatto che esso costituisce una testimonianza culturale della comunità che lo ha prodotto o che lo ha utilizzato. Un documento tangibile che consente di ricostruire un piccolo frammento della vita di chi ci ha preceduto sul territorio.