La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

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La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

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La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

di Enzo Rombolà

Guide spirituali Parrocchia di San Giovanni Apostolo ed Evangelista

In occasione del 150° anniversario del dies natalis di Giovanni Maria Vianney, Santo Patrono di tutti i parroci del mondo, il Santo Padre Benedetto XVI ha proclamato, lo scorso 19 giugno, un “Anno Sacerdotale”, per contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti, per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi.

La Redazione del Bollettino parrocchiale ha ritenuto di ricordare, in occasione dell’ ”Anno Sacerdotale” tutti i sacerdoti che, con il titolo di “parroci”, “rettori”, “curati” o “presbiteri”, nel corso dei secoli si sono succeduti alla guida della nostra Parrocchia, e che, con la loro opera hanno fatto nascere e tramandare ai posteri, la fede in Dio, facendone una comunità cristiana. Attraverso il loro ricordo avremo la possibile di ripercorrere la nascita e l’evoluzione della Chiesa a San Giovanni Bianco, dall’origine ad oggi, ed è un modo per esprimere la nostra riconoscenza ed il nostro grazie per quello che hanno fatto, proponendo ogni giorno con umiltà e coraggio i gesti e la parola di Cristo.

Ciò, inoltre, ci consentirà di delineare in modo chiaro la figura del sacerdote, in seno alla Chiesa, figura con sempre adeguatamente valorizzata e spesso sottoposta a critiche ingiuste ed ingenerose, partendo dal principio che il sacerdote è prima di tutto un uomo, con le sue virtù e le sue debolezze, il quale, ricevuta la chiamata di Dio, ha risposto positivamente, mettendo la propria vita a Sua disposizione. Mentre a noi cristiani e richiesto di dedicare a Dio solo qualche ora, o addirittura pochi minuti al giorno, e spesso ci dimostriamo insofferenti, i sacerdoti hanno scelto liberamente di dedicare tutta la loro vita, 24 ore al giorno, al loro Ministero sacerdotale, al servizio di Dio e della comunità cristiana in cui operano. Con il sacramento dell’Ordine Sacro si imprime per sempre nella loro anima il carattere di ministro di Dio e loro unico fine diventa la Sua gloria e la salvezza degli uomini.

Ogni cristiano ha il dovere di sostenere i sacerdoti ed aiutarli a svolgere la loro missione, con la preghiera, la solidarietà e la collaborazione, quando necessaria, impegnandosi da laico, nella comunità in cui vive. E’ necessario premettere che la ricerca non è stata facile, soprattutto per i primi anni, anche perché nell’archivio parrocchiale non vi sono documenti anteriori all’anno 1630, probabilmente bruciati a seguito della peste che ha colpito le comunità della Lombardia, seminando dolore e morte. San Giovanni Bianco ha avuto ben 230 morti di contagio, su una popolazione di circa 800 persone.
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Re: La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

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I sacerdoti succedutisi alla guida della Comunità cristiana di San Giovanni Bianco, dalle origini ad oggi, sono i seguenti:

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Re: La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

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Prime notizie sulla chiesa sangiovannese

Le prime notizie sulla comunità sangiovannese sono scarse e frammentarie, non sufficienti per delineare in modo esauriente le vicende storiche dei primi anni. Una pergamena conservata nell’Archivio Capitolare di Bergamo, contrassegnata con il numero 2269, contiene un atto di vendita, redatto a Calusco nel 1090, con il quale Attone cede a Petrum ed Albertum barba, nipoti ed abitanti nella città di Bergamo, terre in Val Brembana in località Sentino, Campo Cervio, Laplanca, Campo Tillio, Cespedusso, Turcola, Canexe, Anconia e in Cullo. Il cedente si riserva la “potestatem” di quattro pezze di terra prative e campive nel luogo detto Planca lavorate da “Martinum galtaldium” e il pascolo di detto Martino è la “decima” di una pezza di terra prativa che fu un tempo per Mauro Balduini e che spetta “ad capella Sancte Mariae de Brene”.

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Pergamena dell'anno 1243 con indicata per la prima volta l'esistenza della chiesa di San Giovanni Bianco

Attone e figlio di Alkerio capostipite della famiglia dei conti di Calusco e Carvico, proprietario anche del castrum di Sombreno e del Monte Giglio e dice di essere de loco Brene qui profeso sum ex natione mea legem vivere (longobardorum). Si tratta di una delle famiglie più potenti del periodo medioevale, il cui dominio si estendeva da Milano a Bergamo, con giurisdizione su un territorio vastissimo. Per chi volesse approfondire le vicende della famiglia dei Conti di Calusco rimandiamo al volume “Lombardia Feudale” di François Menant, pubblicato nel 1992 dalla Casa Editrice Vita e Pensiero dell’Università Cattolica di Milano. La stessa pergamena è stata pubblicata e commentata dal Professor Salvetti Tarcisio, (*) nella storia di “San Giovanni Bianco e le sue contrade”, indicando il 1093 quale anno di stipula dell’atto di vendita.

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Atto delimitazione confini Comune San Giovanni Bianco

E’ di circa cinquanta anni dopo, redatto a Sentino il 15 e il 16 novembre al 1243, dal notaio Zambello “de Zuchis” della Pianca, il primo documento nel quale è indicata la “chiesa di San Giovanni Bianco”. E' una pergamena conservata nell’Archivio Vescovile della Curia di Bergamo, contrassegnata con il numero 2207 e contiene la ricognizione dei beni posseduti dalla Cattedrale di Bergamo, nel Comune di San Giovanni Bianco, nella zona compresa tra la riva sinistra del torrente Enna e la riva destra del Fiume Brembo. Sono diciannove appezzamenti di terreno, di varie dimensioni, per uno dei quali, è indicato come confine un sentiero che dalla Roncaglia Entro conduceva alla chiesa (“…a meridie sentero per quod itur a loco de La runcalia de intra ad ecclesiam S. ti Ioannis Blanci”). L’importanza del documento e del tutto evidente, giacché dimostra l’esistenza, nel 1243, di un luogo destinato al culto nella comunità di San Giovanni Bianco. Nello stesso atto sono indicate le località in cui sono ubicati i terreni e le famiglie che li coltivano a titolo di affitto o altra forma di contratto. Le località citate sono esistenti ancora oggi, nella stessa zona: Sentino, Barzo, Costa de Sentino, Plazzasalina, Solem, Plazzola, Runcalia de Foris, Runcalia de Intra e Planca de Sentino. Rileviamo che i cognomi delle famiglie che abitavano le comunità indicate, (de Calcanionibus, Paninfurnis, Benzonibus, de Mauffonibus, de Bornengonibus, de Scatia, de Martinonibus, de Negronibus e de Zuchis) oggi sono in massima parte inesistenti, o hanno subito delle trasformazioni nel corso degli anni, ad eccezione della famiglia dei Paninfurnis che, pertanto e l’unica famiglia presente nella nostra comunità, ininterrottamente, da circa otto secoli.
Un’altra notizia rilevante per la chiesa sangiovannese è fornita dal Prof. Ettore Boffelli, di San Giovanni Bianco, cultore di storia locale, (**) il quale cita un documento del 1239, riportato dal Parroco di Strozza Giovan Battista Angelini (n.1690 – m.1767) nei suoi “Zibaldoni di alquanti nomi”, nel quale viene indicato un “fu Lazzaro figliolo del signor Gio. Boselli chierico della chiesa di San Giovanni Bianco”.

Il vocabolo chierico (clericus), citato in quel periodo in opposizione a quello di “presbiter” svolgeva nella comunità cristiana funzioni definite minori, consistenti nell’apertura e chiusura delle porte della chiesa, la pulizia dei locali, lettura della Scrittura e dell’Epistola, accompagnare e servire il sacerdote che celebrava sull’altare, al quale erano conferite le funzioni maggiori, compresa l’amministrazione dei sacramenti.

Riteniamo, comunque, importante la presenza, nella prima metà del XII secolo, di una figura dedita in modo permanente al servizio della comunità cristiana, anche se non può essere annoverata tra le guide spirituali, in senso stretto. Ancora più rilevante, la notizia, in considerazione che il cognome Boselli non lascia dubbi sull’appartenenza della persona a una delle famiglie più importanti di San Giovanni Bianco, indice del radicamento della fede cristiana sul territorio.
Dopo circa un secolo, il 10 agosto 1347, tra i testimoni di un atto rogato dal notaio Simone de Pilis, a Bergamo, compare, un Durando Tricardo beneficiario della Chiesa di San Giovanni Bianco “…benefitialis ecclesie S. ti Ioannis Albi…”. Lo stesso era presente, sempre in veste di testimone, anche in un atto precedente, 17.10.1346, dello stesso notaio, identificato con la semplice qualifica di “Benefitialis”. Dobbiamo aggiungere, che Durando Tricardo era nipote del vescovo di Bergamo Bernardo Tricardo, il quale fu nominato nel 1342 e rimase in carica per circa sette anni, fino al 1349, quando fu nominato vescovo di Brescia, dove morì il 15 marzo 1358. Durando Tricardo non aveva solo il beneficio della Parrocchia di San Giovanni Bianco, poiché era titolare anche del beneficio della Parrocchia di San Dalmazio di Paderno. Altri tre nipoti del vescovo erano titolari di benefici e non avevano ricevuto neanche gli ordini sacri, anzi, uno aveva solo sedici anni. Per amore del vero dobbiamo chiarire che l’accusa di simonia è stata rivolta al vescovo dal Capitolo della Cattedrale di Sant’Alessandro, con il quale era in corso “…Una guerra aspra…”, come la definisce il Ronchetti (***) da diversi anni. Sembra inoltre, che i titolari dei benefici, non abbiano mai messo piede nelle rispettive parrocchie, limitandosi a riscuotere quanto loro spettante. Rimandiamo ancora alla storia del Professor Salvetti, per chi volesse approfondire le vicende di questo periodo. (**)

A prescindere della presenza e dell’esercizio del ministero sacerdotale, da parte di Durando Tricardo, nella comunità sangiovannese, ritengo doveroso sottolineare che la chiesa di San Giovanni Bianco è comunque dotata di un beneficio che, senza ombra di dubbio, significa l’avvenuto raggiungimento dell’autonomia dalla Pieve di Dossena, dalla quale dipendeva. Sappiamo anche che il beneficio ammontava a otto lire, che erano corrisposte in due rate di quattro lire ciascuna, il 10 agosto festa di San Lorenzo e l’11 novembre festa di San Martino, di ogni anno e che erano sufficienti per mantenere in modo decoroso la chiesa. Tenuto conto delle condizioni disagiate in cui vivevano in quel periodo gli abitanti delle comunità della Valle Brembana, dotare del beneficio la chiesa voleva dire, molte volte, privarsi del necessario. Se la comunità cristiana di San Giovanni Bianco l’ha fatto, e indice del raggiungimento di una maturità di fede degna di encomio.

* Salvetti Prof. Tarcisio:”San Giovanni Bianco e le sue contrade” Ferrari Edizioni, anno 1994.
** Boffelli Prof. Ettore: “San Giovanni Bianco di Valle Brembana – Terra di Bergamo” Stamperia Stefanoni di Bergamo, anno 1998.
*** Giuseppe Ronchetti:”Memorie Istoriche della Città e della Chiesa di Bergamo.
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Re: La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

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Prima di proseguire nell’esame dei documenti relativi ai primi anni della chiesa sangiovannese, riteniamo opportuno chiarire ulteriormente quanto detto precedentemente: dal 1348, al 1474, un periodo di 127 anni, i documenti conosciuti ci consentono di rilevare il nome dei rettori della chiesa soltanto per 5 anni. Il che, purtroppo, non ci da la possibilità di avere una conoscenza esauriente della crescita della fede nella popolazione sangiovannese in quel periodo. Alcuni elementi, che non mancheremo di sottolineare di volta in volta, ci inducono a pensare che fosse solida e ben radicata, ma, ci troviamo nella condizione di chi, se possiamo ricorrere ad una immagine, dalla forma di cinque isolotti affioranti da una distesa d’acqua, deve cercare di descrivere le terre sommerse.

Dopo Durando Tricardo, che come riportato precedentemente, risultava beneficiario della rendita della chiesa di San Giovanni Bianco,nel 1347, abbiamo un periodo di tredici anni privo di notizie. Possiamo concordare con quanto dedotto dal Prof. Salvetti (*) che con il trasferimento a Brescia del vescovo Bernardo Tricardo, avvenuto nel 1349, anche il nipote abbia seguito lo zio lasciando definitivamente Bergamo.

Nel 1360, appunto dopo tredici anni, veniamo a conoscenza che titolare del beneficio della chiesa di San Giovanni Bianco è Guidotus de la Crota, sostituito da Pecino de Ulmo, il quale non aveva ricevuto ancora gli ordini sacri, ma era molto probabilmente “chierico” e quindi autorizzato a svolgere solo le funzioni “minori”. La notizia è contenuta nel fascicolo del mese di marzo 1957 del notiziario Bergomum, pubblicato dalla biblioteca Angelo May di Bergamo. Di Guidotus de la Crota non abbiamo altre notizie e risulta solo in un documento del 1347, nel quale viene indicato “arciprete” della Chiesa di Bergamo. Pecino de Ulmo, molto probabilmente apparteneva alla famiglia del Mascheroni di Olmo al Brembo, nota in quanto alla stessa famiglia apparteneva il famoso Merino, capo della fazione dei guelfi della Valle Brembana. Sappiamo che Pecino de Ulmo riscuoteva il beneficio di otto lire, rimasto invariato rispetto a quello riscosso da Durando Tricardo.

Dopo circa trenta anni ci giunge notizia di Montino de Berlingonibus, il quale è stato sicuramente “rettore” della chiesa di San Giovanni Bianco dal 2 giugno 1389 al 27 dicembre 1391. Sangiovannese, originario della contrada di Piazzalina, era figlio di Giovanni Berlingoni e di Giovanna, originaria di Averara. In un documento redatto in data 2 giugno 1389, dal notaio Guglielmo de Marinonibus, a Gorle nel palazzo destinato alla “villeggiatura” dei vescovi, contenente un accordo tra il vescovo di bergamo Branchino Besozzi ed i rappresentanti delle Comunità di Fondra, Trabuchello, Branzi, Carona, Valleve e Foppolo risulta presente in qualità di testimone “Presbiter Montinus del S.to Iohanne Albo rector ecclesia ….dicti loci”. Alla fine de 1391, con atto rogato dal notaio Giovanni Negroni della Pianca, sotto il portico della nostra chiesa, il 27 dicembre, Montino Berlingoni rinuncia definitivamente al beneficio ed alla cura delle anime della chiesa di San Giovanni Bianco. Probabilmente passò al servizio della Cattedrale di Bergamo, dove due anni dopo “mansionario”. Le sue tracce si perdono definitivamente nel 1401.(*)

Passano esattamente cinquant’anni, prima che ci giungano altre notizie sulla chiesa di San Giovanni Bianco. Sono purtroppo anni di disordini dovuti alle continue guerre tra guelfi e ghibellini, che venivano combattute senza esclusione di colpi tra i paesi della valle, schierate da una parte o dall’altra, e addirittura tra le famiglie della stessa comunità. Notizie dettagliate vengono fornite dal notaio Castello Castelli, originario di San Gallo, nel suo “Chronicon” un manoscritto conservato nella Biblioteca Angelo May di Bergamo, che narra gli eventi che vanno dal 1378 al 1407. Con il passaggio di Bergamo e del suo territorio sotto il dominio di Venezia, avvenuto effettivamente il 7 maggio 1428, quando i commissari di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, consegnarono la città di Bergamo e del suo territorio agli ambasciatori della Serenissima, la situazione si avvio verso la normalizzazione ma le guerre continuarono senza tregua, soprattutto tra la Repubblica veneta ed il Ducato di Milano, interessando da vicino San Giovanni Bianco e la valle Brembana con invasioni e devastazioni da una parte e dell’altra. Dobbiamo ricordare che il confine tra i due stati era a poche miglia da San Giovanni Bianco, nella Val Taleggio.

Una delle conseguenze del passaggio di Bergamo sotto il dominio di Venezia, fu la nomina a vescovo di Bergamo, il 21 ottobre 1437, de parte del Papa Eugenio IV, del patrizio veneto Polidoro Foscari, il quale differì il suo ingresso a Bergamo fino al 29 ottobre dell’anno 1441, per evitare di essere coinvolto nelle vicende belliche di cui abbiamo appena accennato. Il 12 luglio 1440, con provvedimento del Vicario Generale della Diocesi, al presbitero Giovanni o Zaninus de Bosellis, come viene indicato in un documento del 1469, viene affidata “in commendam” per sei mesi la Chiesa parrocchiale di San Giovanni Bianco, con diritto di godimento del relativo beneficio ecclesiastico. Con un atto successivo, del 31 luglio 1441 venne prorogato l’incarico per altri sei mesi e, probabilmente, alla scadenza l’affidamenti venne rinnovato, almeno fino al 1469 quando viene indicato, in un documento del 7 agosto in cui compare come testimone, come rectore ecclesie S.ti Johannis Albi.(*). Dobbiamo rilevare, a questo punto, una incongruenza: in un documento del 25 maggio 1444, viene citato come testimone Venerando Viro D. Presbitero Mafio de Grati rectore ecclesia Domini Sancti Johannis Apostoli Evangeliste Bianchi. Il documento è conservato nell’archivio della Parrocchia di San Giovanni Bianco e fa parte di un insieme di atti, di periodi diversi, raccolti sotto il titolo “Pro Causae Bosellis”dal notaio Bernardo fu Antonio Baruchelli dei Rota, della Pianca. Lo stesso documento, con il quale vengono stabiliti i confini del Comune di San Giovanni Bianco, viene citato dal Prof. Salvetti (*) con la data del 15 maggio 1494 e pertanto riteniamo si tratti di un errore di trascrizione.

Risale a questo periodo, esattamente il 19 aprile 1447, la consacrazione della chiesa di San Giovanni Bianco ad opera del vescovo Polidoro Foscari, prima di lasciare definitivamente la nostra Diocesi il 20 maggio 1448. Riteniamo doveroso riportare la notizia desunta dalla Storia di San Giovanni Bianco del Prof. Ettore Boffelli, (**) che la chiesa di San Giovanni Bianco venne eretta in parrocchia autonoma nel 1451 dal vescovo Baroni. La notizia, come chiarisce l’autore stesso, è tratta dalle note aggiuntive, ad opera del Cardinale Giorgio Gusmini, del volumetto La sacratissima Spina di N. Signore Gesù Cristo, scritto nel 1895 dal sacerdote Remigio Negroni non è però suffragata da documenti ed il nome del vescovo dovrebbe essere Giovanni Barozio che ha retto la diocesi di Bergamo dal 5 novembre 1449 al 7 gennaio 1465.
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Dalla seconda metà del 15° secolo in più, è possibile seguire le vicende della Chiesa sangiovannese, con una certa continuità, almeno per quanto riguarda il nome dei rettori che si sono succeduti alla sua guida. Sono ancora pochi e lacunosi i documenti esistenti e la situazione sarà tale almeno fino al 1509, potendo contare solo su atti notarili, nei quali le persone interessate sono indicate solo come testimoni o parti in causa e non è quindi possibile ricostruire in modo completo le vicende che hanno interessato la nostra comunità.

Riteniamo inoltre opportuno, a questo punto, precisare, per meglio comprendere la situazione, che, a differenza delle altre parrocchie del Comune, dove i rettori erano eletti dai capifamiglia riuniti in Consiglio generale, con contratto a termine, della durata due anni,il rettore della nostra parrocchia era nominato direttamente dal Vescovo di Bergamo. E’ vero che, appena preso possesso della parrocchia doveva sottoscrivere un atto di “accordio”, predisposto da alcuni procuratori a ciò delegati dal Consiglio generale, e che doveva rispettare rigorosamente sotto pena di decadenza i “capitoli” in esso contenuti, ma indubbiamente la posizione in cui venivano a trovarsi era più favorevole per svolgere con una certa libertà il loro ministero. Credo che sia dovuta a questa diversa situazione se i rettori della Chiesa di San Giovanni Bianco abbiano retto la parrocchia per periodi molto lunghi, soprattutto se rapportati alla durata dei rettorati delle parrocchie vicine, che in genere s’interrompevano dopo la scadenza dei due anni previsti dal contratto iniziale ed era molto difficile trovare i propri sostituti.

Dopo Zaninus de Bosellis che, seppure a titolo provvisorio, era stato nominato rettore della parrocchia nel 1440 e che probabilmente vi rimase per diversi anni, alla sua cessazione gli successe sicuramente Maffio Grataroli originario della frazione di Oneta, di San Giovanni Bianco, anche se è incerta la data d’inizio e fine del suo mandato alla guida della Chiesa di San Giovanni Bianco. Nella sacrestia vecchia, della chiesa parrocchiale, dove sono effigiati gli stemmi con i nomi e la data di nomina, dei rettori che si sono succeduti nel corso degli anni, alla guida della parrocchia, troviamo, infatti, un P(presbiter) Maphèus Gratarolus electus retor ann 1451.

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Il pittore Antonio Tarenghi che si è gentilmente prestato a esaminare gli stemmi raffigurati, ritiene che per la tecnica usata e le modalità di esecuzione, si possano far risalire a un periodo compreso tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 e pertanto i dati contenuti sono quelli conosciuti al momento della loro esecuzione, quindi poco attendibili dal punto di vista storico.

E’ opportuno, inoltre, precisare che l’attuale sacrestia vecchia, posta a nord della chiesa parrocchiale, è stata costruita nel 1651, come risulta da un documento di cui il compianto professor Salvetti Tarcisio mi ha consegnato una fotocopia. Si tratta di una relazione inviata da Don Silvestro Grataroli (Rettore della parrocchia di San Giovanni Bianco dal 1652 al 1708) a Donato Calvi e conservata nella Biblioteca Civica di Bergamo.

In questo documento è confermato che la sacrestia è stata costruita nel 1651, “a spese del molto R.do D. Girolamo Bosello curato già di quella Comunità”. Le notizie desumibili dal ciclo pittorico menzionato, sono quindi, quelle di cui si era a conoscenza nel periodo di esecuzione che, contenevano sicuramente delle imprecisioni. Da documenti inoppugnabili, citati dal Prof Salvetti, (*) e che sarebbe troppo lungo indicare, rileviamo che nel 1469 era ancora a capo della Chiesa di San Giovanni Bianco Zaninus de Bosellis e che l’inizio del rettorato di Maffio Grataroli può essere ragionevolmente collocato tra il 1470 e il 1480 e la sua fine tra il 1502 e il 1504.

Alla luce di quanto esposto, possiamo rilevare che, molto probabilmente, la reliquia della Sacra Spina è stata consegnata da Vistallo Zignoni tra le sue mani, nel 1495 o nel 1496. Sappiamo, infatti, che durante la battaglia di Fornovo Val di Taro (Parma) avvenuta, 6 luglio 1495, Vistallo Zignoni, al servizio del Marchese di Mantova, fece prigioniero un valletto del re di Francia Carlo VIII, venendo in possesso di un reliquiario contenente una Sacra Spina della corona di Gesù e che, pochi giorni dopo, consegnò il reliquiario con il suo contenuto, eccetto la Sacra Spina, alla Repubblica di Venezia. Ottenne benefici rilevanti riconosciuti con un atto ducale del Senato Veneto del 16 agosto 1495. Della Sacra Spina non si hanno notizie fino alla visita Pastorale del Vescovo Polidoro Lippomano, compiuta il 4 settembre 1536, nei cui atti conservati nell’Archivio della Curia vescovile si accenna a “un bellissimo reliquiario ricoperto di damasco, nel quale c’era una spina della Corona di N. Signore.”. (**.). Ragionevolmente possiamo ritenere che la reliquia sia stata consegnata da Vistallo Zignoni al rettore della Chiesa di San Giovanni Bianco, pochi giorni dopo esserne venuto in possesso: data l’importanza che alla stessa attribuiva, non avrebbe mai conservato in privato un simile tesoro.

Riguardo alla mancanza di notizie della reliquia negli atti che si riferiscono alle visite pastorali avvenute tra il 1495 e il 1536, si può ipotizzare che ciò sia dovuto a un atto di prudenza, essendo ancora in vita Vistallo Zignoni e, la presenza a San Giovanni Bianco della Sacra Spina poteva essere messa in relazione con la mancata consegna della stessa, con il resto delle reliquie, alla Repubblica Veneta. In sintesi, se Vistallo Zignoni avesse trattenuto la Sacra Spina per farne dopo alla sua comunità, senza farne menzione alle autorità di Venezia, aveva tutto l’interesse che l’azione, seppure lecita, non fosse portata a conoscenza delle autorità stesse. Naturalmente si tratta solo di un’ipotesi, basata sui documenti ora noti, che non ci consentono di ricostruire diversamente la vicenda.

Ci siamo dilungati nel delineare l’arrivo della Sacra Spina a San Giovanni Bianco, consapevoli dell’importanza che la stessa riveste per la nostra comunità, sotto l’aspetto storico, sociale e, soprattutto, religioso. Considero la presenza della reliquia della Sacra Spina nella nostra comunità, prima di tutto un grande dono fatto da Dio, attraverso il sangiovannese Vistallo Zignoni, che nel corso dei secoli ha dato la possibilità di meditare adeguatamente il mistero della Croce e crescere nella fede verso Dio. Identificandosi e riconoscendosi nella tradizione della sacra reliquia la comunità ha trovato la propria unità e identità, mantenuta gelosamente per oltre cinque secoli, dal Suo arrivo a San Giovanni Bianco, a oggi.
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Don Maffio Grataroli resse la parrocchia di San Giovanni Bianco per circa trent’anni, probabilmente fino al 1504, quando cessò per morte o per dimissioni. Alla guida della Chiesa di San Giovanni Bianco, secondo la sequenza degli stemmi effigiati nella vecchia sacrestia della chiesa parrocchiale, dovrebbe essergli succeduto Antonio Boselli, il cui stemma compare subito dopo quello di Maffio Grataroli, con l’indicazione del 1496, quale data di elezione. Nella realtà, la successione non è stata priva di contrasti e tra i due “rettori” sopra indicati, ce ne sono stati almeno altri due che, seppure p er breve tempo, hanno guidato la nostra comunità tra il 1505 e il 1509, anno in cui, con molta probabilità si è insediato per un lungo periodo, Antonio Boselli.I contrasti nella successione, suscitano qualche perplessità, perché, dalle notizie in nostro possesso, non si può dire che le rendite della parrocchia consentissero di vivere negli agi. In un documento del 1544, di cui riferiremo più dettagliatamente in seguito, il sangiovannese Giovanni Benzoni di Sentino, interrogato, riferisce al Vicario della Val Brembana Inferiore, di essere a conoscenza che il presbitero Maphio Grataroli “… diceva di aver poca intrata et che li davano un soldo per focho per sua sostentacione. Ma lui haveva una posessione per la qual el viveva assai sufficientemente …”.

In un atto del 13 aprile 1505, del notaio Antonio Elia Raspis, conservato nel faldone n. 752 dell’Archivio di Stato di Bergamo, tra i testimoni è indicato un Varisco de Cararia, “beneficiale della Chiesa di San Giovanni Bianco”. Lo stesso è citato in un atto successivo, del 26 settembre dello stesso anno, rogato ancora dal notaio Antonio Elia Raspis e conservato nello stesso faldone. Pochi mesi dopo, ha inizio una vertenza per la successione alla guida della parrocchia di San Giovanni Bianco tra il “prete” Antonio Boselli e il “presbitero” Giovanni Pietro de Pelizonis di Alzano, che doveva durare circa quattro anni e che possiamo ricostruire solo sommariamente, esaminando il contenuto di alcuni atti notarili.

Con atto in data 13 gennaio 1506 del notaio Antonio Elia Raspis, conservato nel faldone n. 752 dell’Archivio di Stato di Bergamo, Antonio Boselli affida l’incarico e tre procuratori, tra i quali il conte Gaspare Boselli di Bergamo, di assisterlo “…in omnibus sui causi set littibus…” e di fargli ottenere il beneficio della Chiesa di San Giovanni Bianco, contro le pretese del “presbitero” Giovanni Pietro de Belinzonis di Alzano il quale asseriva che quel beneficio era stato conferito a lui “in commendam”. A seguito della situazione che si era creata, è costretto a intervenire anche il Comune di San Giovanni Bianco che, è opportuno ricordare, anche se non eleggeva direttamente il rettore della Chiesa, che era nominato dal vescovo di Bergamo, concordata con lo stesso tutte le condizioni per una corretta gestione della parrocchia, compreso l’aspetto economico.

Il 21 ottobre 1507, infatti, i capifamiglia furono riuniti nei pressi del cimitero, per eleggere un gruppo di esperti in diritto, di Bergamo, costringendo nel frattempo, Antonio Boselli, in qualità di “rettore” della Chiesa, a celebrare almeno le messe e amministrare i sacramenti “…ad cogendum…”. L’atto del notaio Giovanni Raspis è conservato nel faldone n. 1140 dell’Archivio di Stato di Bergamo. E’ opportuno chiarire che il cimitero, presso il quale è stata indetta l’assemblea dei capifamiglia, era nei pressi della chiesa parrocchiale. L’anno successivo, in data 30 luglio 1508, fu indetta una nuova assemblea dei capifamiglia, all’interno della chiesa, alla presenza del Console Giovanni di Capatelli, dalla quale furono nominati altri tre procuratori, Giovanni Filippo Grataroli, Angelo “Saraceno” Grataroli e Giovanni de Lupis, con il compito preciso di difendere gli interessi della comunità di San Giovanni Bianco, gravemente compromessi dalla lite in corso, con espresso mandato di presentare istanze alle sedi opportune, ed in particolare a Bergamo, Milano, Venezia e Roma.
Nelle città indicate, ricordiamo, avevano sede le autorità civili e religiose che in qualche modo avevano la possibilità di intervenire nella vertenza.
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Re: La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

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l verbale dell’assemblea, redatto dallo stesso notaio Giovanni Raspis è conservato nel faldone n. 1140 dell’Archivio di Stato di Bergamo. Poco più di un anno dopo, esattamente il 21 settembre 1509, il Console di San Giovanni Bianco Gabriele Grataroli, riunì in assemblea i Capifamiglia, nella casa del notaio Giovanni Raspis per deliberare l’aumento dei difensori del Comune da tre a otto, tra i quali fu incluso Pietro Raspis residente a Roma. Un doveroso chiarimento per meglio comprendere la situazione: il Comune di San Giovanni Bianco: era amministrato da due Consoli e sei Sindaci eletti dal Consiglio generale. Sappiamo, inoltre, che contava 522 abitanti, alla fine del 1500 e aveva 145 fuochi, che corrispondono alle famiglie residenti. Non abbiamo i verbali dei processi conseguenti le nomine indicate, ma l’esito è stato sicuramente favorevole ad Antonio Boselli che, come lo stesso dichiara al vescovo di Bergamo Pietro Lippomani, in occasione della visita pastorale il 4 settembre 1536, era titolare del beneficio da circa 28 anni a seguito della rinuncia di Giovanni Pietro de Pelizonis (“…Per resignationem domini Presbiteri Ioannis Petri de Pelizolis…”).

Dal contenuto di un documento posteriore di circa 35 anni, possiamo confermare la successione dei rettori della Chiesa Sangiovannese, come sopra delineata.
A seguito della concessione dell’autonomia alla Chiesa di Sant’Antonio Abate della Pianca, avvenuta gli inizi del XV secolo, nasce una vertenza tra la parrocchia di San Giovanni Bianco e quella della Pianca. Per tentare di comporre la vertenza il Vescovo di Bergamo da incarico al Vicario della Val Brembana Inferiore di “appurare i fatti” come diremmo oggi. Il Vicario, il 21 agosto 1544 procede all’interrogazione di quattro testimoni, chiedendo se ricordavano i nomi dei “rettori” che avevano governato la Chiesa di San Giovanni Bianco negli ultimi anni.

Il verbale dell’interrogatorio è conservato nell’Archivio della Curia Vescovile di Bergamo, nel faldone della Parrocchia di San Giovanni Bianco e siamo perciò in grado di ricostruire il contenuto delle testimonianze rese. Il primo interrogato, Bernardino Gervasoni di 55 anni di Costa dei Lupi, dichiara che andando indietro di circa 45 anni, e quindi intorno al 1490, si ricorda di Maffio Grataroli e di Antonio Boselli. Il secondo e il terzo testimoni, Verdi Cipriano della Roncaglia Dentro e Antonio Siboldi di Sentino, confermano quanto dichiarato dal primo testimone. Il quarto testimone, Giovanni Benzoni di Sentino, ma residente a Palazzo, di anni 73, dichiara che, negli ultimi 60 anni e quindi dal 1475 circa al 1534, alla guida della Chiesa di San Giovanni Bianco si sono succeduti: “Reverendos dominos presbiterum Mapheum de Gratarolis, presbiterum Guariscum de Cararia et dominum Presbiterum Antonium de Bosellis”.

Prendiamo atto, pertanto, che dopo Maffio Grataroli, è stato rettore della Chiesa Guarisco de Cararia, per poco tempo e Giovanni Pietro de Belinzonis, prima delle sue dimissioni e la nomina di Antonio Boselli, del quale ci ripromettiamo di ricostruire il lungo periodo di governo della nostra parrocchia.
Per chi volesse approfondire la complessa vicenda, rimandiamo alla Storia di San Giovanni Bianco del Prof. Salvetti, che con dovizia di particolari la ricostruisce per intero.(*)

Salvetti Prof. Tarcisio: ”San Giovanni Bianco e le sue contrade” Ferrari Edizioni, anno 1994.
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La Storia dei Parroci di San Giovanni Bianco

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Antonio Boselli

Antonio Boselli, figlio di Pietro e di Franceschina dell’Ulmo, appartenente a una delle più importanti famiglie di San Giovanni Bianco, fu nominato rettore della Chiesa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista nel 1509 e resse ininterrottamente la parrocchia per 38 anni, fino al 1547, anno della sua morte.
Come abbiamo accennato nel capitolo precedente, l’inizio della sua missione sacerdotale fu alquanto burrascoso ed egli fu costretto a difendere il proprio diritto in una controversia durata oltre tre anni, nel corso della quale si fece rappresentare da procuratori di chiara fama nelle sedi opportune e specificatamente a Bergamo, Milano, Venezia e Roma. Non meno burrascosi furono i primi anni del suo rettorato nella nostra comunità religiosa, avendo dovuto affrontare, subito dopo la sua nomina, un’annosa vertenza con gli abitanti della frazione della Pianca che aspiravano ad avere l’autonomia della loro parrocchia con un proprio parroco, eletto direttamente dai capifamiglia.

Risale, infatti, allo stesso anno della sua nomina a rettore, il 1509, un documento conservato nell’Archivio di Stato di Bergamo, redatto dal notaio Giovanni Raspis, in data 29 ottobre, in casa di Antonio Negroni, detto “Muscha” della Pianca, con il quale i “vicini” della contrada incaricano due procuratori di rappresentarli nelle liti che avevano in corso con il Comune di San Giovanni Bianco, “Pro cura, beneficio ed gubernatione” della loro Chiesa. Tra i presenti è menzionato anche il presbitero “Giovanni de Bozijs di Albino” con il titolo di ”benefitialis” della Chiesa di sant’Antonio della Pianca.
Pre Antonio Boselli, com’è indicato nei documenti, non poteva far finta di niente, in quanto, tra gli obblighi che aveva assunto all’atto della nomina, vi era l’assistenza religiosa ai fedeli, “compresi quelli della Pianca”. In parole povere, come contropartita per il suo impegno, gli doveva essere corrisposto il beneficio spettante, che gli abitanti della Pianca non avevano nessuna intenzione di pagare, dovendo già mantenere da soli il curato, da loro nominato rettore della parrocchia. Non è facile comprendere cosa possa aver generato una situazione così ambigua. Possiamo ipotizzare che sia dovuta ai diversi criteri in base ai quali erano scelti i rettori delle due parrocchie: a San Giovanni Bianco era nominato (= investito del suo ruolo) dalla Curia di Bergamo e il Comune concordava le condizioni fra le quali c’era il compenso da corrispondere; alla Pianca era eletto (= scelto tra i presbiteri disponibili) dai capifamiglia della frazione e la scelta era ratificata dal Vescovo di Bergamo.

Molto probabilmente, però, la situazione era anche la conseguenza del disordine in cui erano costrette le nostre comunità, coinvolte in una guerra aspra e lunga che vedeva da una parte schierata la Repubblica di Venezia e dall’altra la Lega di Cambrai sostenuta dal Papa Giulio II e della quale facevano parte quasi tutti gli altri stati d’Europa e che ha interessato direttamente la terra di Bergamo occupata dai Francesi dal 1509 al 1517. La vertenza, comunque si trascinò per molti anni ed ebbe dei risvolti anche tragici, che toccarono direttamente Antonio Boselli. Nel 1519, mentre si accingeva a celebrare la messa all’altare di san Nicola, nella chiesa di San Giovanni Bianco, fu affrontato da tal Pasinetto di Piazzalina, fratello di Raffaele che era genero di Antonio Negroni, detto “Muscha” della Pianca, che armato di spada minacciò: “Pre Antonio, se non ti levi da lo altare ti farò poco apiacere”. Ricordiamo che Antonio Negroni detto “Muscha” è lo stesso che aveva ospitato in casa la riunione dei capifamiglia della Pianca, per nominare i due procuratori che avevano l’incarico di rappresentare la comunità, nella vertenza in corso con il Comune di San Giovanni Bianco in merito alla gestione della parrocchia. Lo stesso anno, durante la celebrazione della festa del Corpus Domini a Cornalita, il Pasinetto uccise Davide Boselli, parente del rettore della Chiesa di San Giovanni Bianco, che era venuto alle mani con Antonio Negroni detto “Muscha”.

Il clima di esasperata contrapposizione deve essere alla base del richiamo subito dal rettore Antonio Boselli, qualche anno dopo, dal Vescovo, a seguito di una lamentela dei “reggenti” del Comune. Richiamo che, alla luce dei documenti noti, era del tutto immeritato, tanto che, il 3 marzo 1521, numerosi “vicini” di San Giovanni Bianco, si riunirono nello studio del notaio Giovan Francesco Raspis, per attestare che da Antonio Boselli essi avevano sempre ricevuto la massima assistenza, che erano pienamente soddisfatti dal servizio reso dal loro “rettore” fino a quel giorno e che egli, in fondo, aveva scrupolosamente rispettato i patti a suo tempo sottoscritti.

Ribadivano, inoltre, di non essere in alcun modo responsabili del richiamo fatto dal Vescovo, da loro non sollecitato e che non condividevano.(*)
Anche se la visita pastorale alla parrocchia della Pianca, da parte del Vescovo di Bergamo Pietro Lippomani, il 16 settembre 1536, di fatto, ne sanciva la sua autonomia, da quella di San Giovanni Bianco, le cose non andavano ancora per il verso giusto tanto che, nel 1544 la Curia di Bergamo affidava incarico al Vicario della Val Brembana Inferiore di appurare i fatti concernenti i contrasti esistenti tra le due parrocchie.

Dalle testimonianze rese al Vicario, in data 21 agosto 1544, dalle persone convocate, emerge la situazione esistente:
Antonio Siboldi di Sentino dichiara di essere a conoscenza che gli abitanti della Pianca erano da sempre sottoposti alla Chiesa di San Giovanni Bianco nella quale era loro riservata una cappella e che li ha sempre visti venire a messa, per molti anni, a “Santo Ioanne Bianco”;
Bernardo Gervasoni, della Costa dei Lupi dichiarava, a sua volta, di aver sempre visto Antonio Boselli recarsi alla Pianca per celebrar messa nei giorni stabiliti.
La divisione tra le due parrocchie era comunque un fatto compiuto e non c’era spazio per i ripensamenti, anche se, per la limitatezza dei mezzi disponibili, la comunità della Pianca ha avuto negli anni futuri, difficoltà a mantenere la propria autonomia.

Anche la parrocchia di San Giovanni Bianco, del resto, aveva difficoltà a corrispondere un beneficio che consentisse al proprio rettore di avere un tenore di vita decoroso, tanto che, parecchie volte, Antonio Boselli ha sottolineato le sue condizioni economiche precarie, che gli consentivano di vivere decorosamente solo grazie all’aiuto della sua famiglia. Nonostante tutto i fedeli di San Giovanni Bianco hanno dimostrato di apprezzare l’opera svolta dal loro rettore e l’hanno apertamente dichiarato in occasione della visita pastorale, la prima in assoluto per la nostra parrocchia, effettuata dal Vescovo Pietro Lippomano il 4 e il 5 settembre 1536. Gabriele Grataroli di Oneta, interrogato del Vescovo, lodò la diligenza del rettore nel compiere il proprio dovere. Diligenza confermata da Zanetto Benzoni di Sentino il quale aggiunse che non c’erano mai state dicerie sul suo conto, anche se capitava talvolta che il parroco alzasse un po’ il gomito, mai però fino al punto di ubriacarsi.

Si trattava, tutto sommato, di peccati veniali.
Riteniamo opportuno, sottolineare, che dagli atti della visita pastorale, emerge per la prima volta, la presenza, tra gli oggetti esaminati dal Vescovo, della reliquia della Sacra Spina nella chiesa di San Giovanni Bianco. Il testo in latino rivela “Tabernaculum pulcherrimum opere damasceno factum in quo est dumus ex Corona spinea Domini nostri”(**).

(*)Salvetti Prof. Tarcisio: ”San Giovanni Bianco e le sue contrade” Ferrari Edizioni, anno 1994.
(**)Archivio Parrocchia di San Giovanni Bianco:atti visita pastorale Mons. Pietro Lippomani 4 e 5 settembre 1536.


Immagine

Stemma del Rettore Antonio Boselli

(Continua)
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Bernardino Boselli

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Bernardino Boselli (prima parte)

Nel 1547, alla guida della Chiesa di San Giovanni Bianco, Bernardino Boselli succede allo zio Antonio, del quale era stato collaboratore negli ultimi quattro anni. Era figlio del fratello Lorenzo, pittore e corriere veneto. In realtà, più che collaboratore, sembra abbia sostituito lo zio alla guida della parrocchia, il quale non era in condizione di assolvere i compiti che la carica comportava. imase in servizio per oltre 50 anni, fino al 1596, quando rinunciò all’incarico, sostituito a sua volta dal nipote Bartolomeo, figlio del fratello Roberto. li anni del suo rettorato sono stati caratterizzati da una profonda opera di rinnovamento della Chiesa, in base al nuovo modello di spiritualità elaborato durante le sessioni del Concilio di Trento, durato, con lunghe sospensioni e spostamenti di sede, quasi vent’anni, dal 13 dicembre 1545 al 15 dicembre 1563. I decreti approvati delineano la via da seguire per la moralizzazione della Chiesa, ponendo come base uno spirito nuovo, più aderente ai valori cristiani. La riforma Protestante di Martin Lutero e gli eventi successivi, avevano sconvolto la vita della Chiesa, che era stata costretta a cercare di ristabilire l’unità, dopo lo scisma d’occidente, porre fine alle incertezze teologiche, riformare i costumi e la disciplina ecclesiastica ed eliminare la corruzione. Le conseguenze anche per la Chiesa di San Giovanni Bianco furono rilevanti e ben otto Visite Pastorali si sono succedute durante il periodo della sua reggenza della parrocchia. Gli atti delle visite, conservati in copia nell’Archivio Parrocchiale, ci consentono di ricostruire in modo esauriente la vita religiosa nella nostra Comunità, durante il cinquecento. Lunedì 3 settembre 1548, subito dopo la sua elezione, riceve la visita del Vescovo di Bergamo Mons. Vittore Soranzo. Gli atti della visita, relativi alla Parrocchia di San Giovanni Bianco e della Pianca, comprendono poco più di sei pagine manoscritte, e contengono numerosi richiami per le inadempienze rilevate, forse dovute alla giovane età di Bernardino Boselli, con la diffida a non perseverare sulla strada intrapresa. Il Rettore ringraziò il Vescovo e promise che avrebbe obbedito agli ordini ricevuti. (**).

Il 3 settembre 1560 è eseguita la seconda visita pastorale al Rettore Bernardino Boselli ma resta in dubbio il nome del Vescovo che l’ha eseguita. Il Sac. Goffredo Zanchi, autore del volume dedicato alla Sacra Spina, indica il Vescovo Agostino Lippomano, quale esecutore della stessa. Nome che è errato giacché nella cronotassi dei Vescovi di Bergamo troviamo un Luigi Lippomano morto il 15 agosto 1559. A margine degli atti concernenti la visita, due pagine manoscritte, è indicato il nome di Mons. Luigi Lippomani che molto probabilmente dovrebbe essere Luigi Corner o Cornaro, rimasto in carica fino al 15 luglio 1561, giorno delle sue dimissioni perché nominato cardinale e rassegno la Chiesa di Bergamo al nipote Federico Cornaro. Dagli atti, non emergono rilievi, segno che i richiami del Vescovo Mons. Soranzo, si erano dimostrati salutari e il Rettore aveva corretto il proprio comportamento.(**). Il 15 agosto 1567 arriva la terza Visita Pastorale effettuata da Mons. Federico Cornaro. Dagli atti della visita, poco più di dodici pagine manoscritte, emerge la situazione economica della parrocchia, che costringe il Rettore a vivere in condizioni precarie se non in vera e propria povertà. Lamenta, infatti, la mancanza della canonica, per cui era costretto a vivere in casa del fratello Agostino, e di utensili di proprietà della Chiesa. Anche il “Beneficio” di cui era dotata la parrocchia era esiguo: rendeva solo quattro lire all’anno e i “vicini” dovevano corrispondere altre 85 lire. Il rettore concludeva amaramente: “Io non voglio più far qui sta cura la quale è faticosa non avendo altro emolumento di quello ch’ho detto…”. Il giudizio dato al Vescovo dalle persone interrogate è, tutto sommato, positivo, se si esclude l’inclinazione a bere qualche bicchiere di vino in più, puntualmente rilevata come vizio. Francesco Boselli, infatti, dichiara: “ …Esso prè Bernardino non ha altra menda o vicio scandaloso, se non che lui beve volentieri ed alle volte si allegra, cosa che fa male a un sacerdote, massime curato…Lui non gioca danari, ma alle volte in compagnia gioca qualche boccale di vino…Lui ha fatto mormorare questo Comune perché lui usa di farsi pagar se qualche persona vol far sepelire i morti suoi in Chiesa et si fa pagar da alcuni uno scudo, da altri mezzo, et da chi più e da chi meno”.

Subito dopo, Teutaldo Negroni dei Rota, abitante in Roncaglia Dentro e Sindaco della stessa contrada, interrogato, risponde: “…pre Bernardino è homo da bene, di bona vita et di boni costumi et non conosco in lui mancanza alcuna …che sol Dio è senza difetto…Lui non gioca ne bestemia, ma attende alla sua cura diligentemente …E’ vero che lui beve volentieri come fanno anche gli altri, ma io però non l’ho mai visto imbriaco et che habbi fatto disordini alcuno per bevere…”.La situazione non doveva essere diversa neanche nelle altre parrocchie, tanto che, Mons. Cornaro, ha ritenuto opportuno convocare nella casa di Pietro Boselli, in cui era ospite, un folto gruppo di sacerdoti, titolari delle parrocchie, cappellanie e mansionerie della zona, ai quali tenne un lungo discorso, esortandoli ad una condotta irreprensibile e raccomandando loro di recitare il breviario in chiesa ed a tempo debito e non per la strada o in luoghi profani. Dalla rendita di cui godeva ciascuno di essi, possiamo dedurre che le lamentele di prè Bernardino non erano infondate, in quanto si classifica tranquillamente all’ultimo posto, con 89 lire all’anno, con al primo posto ex aequo, con 200 lire all’anno di emolumenti, Angelo de Ganassis , “curato di Cornalba” e Giacomo Carrara, “rettore titolato” di Serina Alta. Ultima disposizione di Mons. Cornaro, che per la verità riteniamo eccessiva, fu l’imposizione a Bernardino Boselli di lasciare la casa del fratello Agostino, nella quale viveva anche la cognata, con una domestica ancora giovane e di cercarsi un’altra casa, per togliere ogni motivo di scandalo e di mormorazione.(**). Cominciavano a farsi sentire, probabilmente, gli effetti dei decreti approvati nel Concilio di Trento. Sei anni dopo, il 18 luglio 1573,lo stesso Vescovo risaliva in Valle Brembana, per effettuare quella che era la quarta Visita Pastorale che prè Bernardino riceveva.

Dagli atti della visita non si rilevano rilievi particolari. Vi è però una nota a margine della vicenda, rilevata dal Prof. Salvetti (*) che merita di essere menzionata, perché indicativa della situazione economica del tempi. Il Vescovo è stato ospitato, anche questa volta, da Pietro Boselli, nella quale abitava anche il figlio Roberto. Le spese sostenute dalla famiglia, per ospitare Monsignor Cornaro, dovevano essere ripartite, forse per decisione dello stesso Vescovo, con gli altri Comuni della Val Brembana. La sorpresa raggelò i rappresentanti del Comune di Camerata Cornello, quando, scesi a San Giovanni Bianco per corrispondere la loro quota di spesa e pensando di cavarselo con 25 o 30 lire al massimo, si videro presentare, da Roberto Boselli, un conto di ben 475 lire. Tirando e tirando, riuscirono a ridurre il conto a 300 lire, “…Ma non poterono ridurlo ulteriormente perché alcuni non osavano contraddirlo per rispetto del padre per essere uno dei principali del loco…” Decisero, pertanto, di esprimere il proprio disappunto al Vescovo con due lettere nelle quali comunicavano i fatti accennati, con dovizia di particolari, chiudendo con una amara considerazione: “Pagare quella spesa costituiva un grave danno de tanti poveri che moreno de fame”.

Contestavano, inoltre, i criteri adottati per il riparto della spesa, che era stata divisa in base al numero dei “fochi” senza tener conto della ricchezza posseduta dalle singole famiglie, noi diremmo oggi della loro capacità contributiva, e si congedavano da Mons. Cornaro dichiarandosi fiduciosi di “conseguire il giusto rimedio sapendosi per certo che a V:S:Ill.ma piena di bontà e di justitia dispiacerà de intendere tal disonestà e che darà convenienti rimedij non solo per questo ma per l’avenire ancora. Non avevano mancato di sottolineare che qualora il Vescovo “avesse avuto cento homeni con lui e più, la spesa che mette detto Roberto saria sopra bondante …per li tre pasti che V. S. Rev.ma ha fatto in ditto logo”. Conveniamo con il Prof. Salvetti che conclude rilevando che “La vicenda non fece certo onore alla famiglia Boselli, compreso s’intende il nostro “rettore”.(*)

(*)Salvetti Prof. Tarcisio: ”San Giovanni Bianco e le sue contrade” Ferrari Edizioni, anno 1994.
(**)Archivio Parrocchia di San Giovanni Bianco:atti visite pastorali.


(Continua)
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