Prima della chiesa parrocchiale noto in un giardinetto sulla sinistra, un monumento: un grosso masso eroso delle acque del fiume, sopra un uccello che spicca il volo e alla base, scolpito in una diversa pietra, un cappello, il simbolo degli Alpini.
Un’ora prima, mentre facevo colazione, ho visto nella diretta di
Bergamo TV, il primo settore dello sfilamento: le fanfare, i gonfaloni dei vari enti, il labaro dell’Associazione Nazionale Alpini, e poi sulle jeep, con i loro consumati cappelli, i
Reduci di Guerra, gli ultimi testimoni di una triste storia.
Grande, grande emozione e commozione nel vedere questi Alpini: Uomini che hanno visto morire al loro fianco fratelli e amici, Uomini non hanno mai potuto cancellare dalla mente e dal cuore gli orrori della guerra, ma che ora sfilano fieri pensando che la loro sofferenza non è stata invana.
A loro è stato chiesto di sacrificare la giovinezza, hanno lottato per la Patria e hanno lottato per tornare nella loro terra e crescere una nuova famiglia.
Ora sono lì, con una forza di spirito di eterni ragazzi.
Grazie