News - Cronaca dalla Valle Brembana

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claudio valce
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Da l'eco di Bergamo venerdì 25 novembre 2016

Piazzatorre, cade masso sulla strada
Era appena passato lo scuolabus


È il secondo episodio in poche settimane. E sale la paura, la gente non si sente più sicura.
Lo scuolabus diretto ad Olmo al Brembo era appena transitato, quando un masso di 2 metri cubi si è staccato ed ha invaso la carreggiata tra Piazzolo e il bivio per Piazzatorre. Tanta paura, ma soprattutto tanta rabbia. «È il secondo che cade sulla strada, uno a distanza di poche centinaia di metri dall’altro, nell’arco di una ventina di giorni. Non ci sentiamo sicuri» sbotta Gaetano Bonetti, consigliere comunale di maggioranza a Piazzatorre.

« Fortunatamente, in quel momento, la strada era libera, ma poteva andare peggio. Possibile che, per intervenire, si debba sempre aspettare dopo i disastri?». Solo venti giorni fa, sempre in territorio di Piazzatorre, in località Piazzole, era caduto un masso sulla strada comunale.
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elio.biava
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Addio a Guglielmo Locatelli,
il casaro, padre dello Strachitunt

È morto Guglielmo Locatelli, 85 anni, casaro pluripremiato di Vedeseta e riscopritore dello Strachitunt, il formaggio proclamato dallo chef Vissani come «il più buono d’Italia».

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foto di BEAN50

Guglielmo Locatelli non era solo «il» casaro pluripremiato, maestro nell’arte di fare formaggi e neo padre dello Strachitunt. Negli anni era diventato un simbolo della montagna che resiste, custode della tradizione e di antichi valori ma al tempo stesso grande innovatore. Con lui, lunedì 26 dicembre, all’ospedale di San Giovanni Bianco, si è spento un pezzo di storia importante della Valle Taleggio, della Valle Brembana e della cultura casearia.

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alla fiera Del Ritorno Sottochiesa 2011

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"tra i monti Alben e Regaduro nel canalone i suoi compagni lo trasportarono per sentieri scoscesi tra boschi e pascoli fino a Sottochiesa, adagiato su una rozza scala a pioli ricoperta di fronde"
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dvdb
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da eco di bergamo on line

Addio a Guglielmo Locatelli il casaro, padre dello Strachitunt

È morto lunedì 26 dicembre all’ospedale di San Giovanni Bianco, Guglielmo Locatelli, 85 anni, casaro pluripremiato di Vedeseta e riscopritore dello Strachitunt, il formaggio proclamato dallo chef Vissani come «il più buono d’Italia».

Guglielmo Locatelli non era solo «il» casaro pluripremiato, maestro nell’arte di fare formaggi e neo padre dello Strachitunt. Negli anni era diventato un simbolo della montagna che resiste, custode della tradizione e di antichi valori ma al tempo stesso grande innovatore. Con lui, lunedì 26 dicembre, all’ospedale di San Giovanni Bianco, si è spento un pezzo di storia importante della Valle Taleggio, della Valle Brembana e della cultura casearia.

Aveva ereditato il lavoro di contadino dai genitori e «fin da quando ero nella pancia della mamma – ricordò una volta – in estate sono salito in alpeggio», alla Sella e poi ai Piani di Artavaggio, sopra Avolasio di Vedeseta. Qui c’era il suo regno, un appuntamento che non ha mai mancato negli 85 anni della sua esistenza se non nel 1953 quando fu chiamato per il servizio militare. Ancora il giugno scorso, nonostante l’età e gli acciacchi, era voluto andare fin lassù, tra animali, stalle e casera. A fare quel formaggio che grazie a lui era salito agli onori delle cronache gastronomiche nazionali, proclamato durante una visita in valle dallo chef Gianfranco Vissani, come il «più buono d’Italia».
Guarda l’intervista realizzata da Lorenzo Pagnoni nel 2010 per BergamoTv.



Lo Strachitunt lo aveva riscoperto lui, dopo che buona parte della Valle Taleggio ne aveva abbandonato la produzione. Lui, tenacemente, aveva invece conservato la «ricetta», proponendo quel formaggio, alla fine degli anni Novanta, al «Formager» di piazzale Oberdan a Bergamo Giulio Signorelli. Da allora è stato un crescendo di notorietà, per lo stracchino rotondo e il suo neo padre.
“UN VERO VIAGGIO DI SCOPERTA NON E’ CERCARE NUOVE TERRE MA AVERE NUOVI OCCHI” (Marcel Proust)
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claudio valce
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da Bergamonews on-line 29 dicembre 2016

Precipita lungo il sentiero a Carona, muore escursionista

È precipitato lungo il sentiero che collega il rifugio Calvi, a Carona, al Brunone. La disgrazia è avvenuta intorno alle 14 di giovedì 29 dicembre. La vittima è un uomo di 56 anni, T.F. di Sorisole.
Ad individuare l’escursionista precipitato è stato un altro alpinista che ha dato l’allarme.
Immediato l’intervento dell’elisoccorso del 118. Il corpo del 56enne è stato trasportato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. La corsa in ospedale si è purtroppo rivelata inutile, il 56enne è spirato nel tardo pomeriggio di giovedì.
Ultima modifica di claudio valce il venerdì 30 dicembre 2016, 23:30, modificato 1 volta in totale.
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claudio valce
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da Bergamonews on-line 30 dicembre 2016

Carona, incidente al Pizzo Becco: elisoccorso in volo per due persone

Un altro incidente in montagna, nell'alta Valbrembana, dove giovedì 29 dicembre aveva perso la vita un escursionista 56enne di Sorisole
Poco prima delle 16 di venerdì 30 dicembre due elicotteri del 118 si sono alzati in volo per soccorrere due persone nella zona del pizzo Becco, sopra i laghi Gemelli, nel territorio di Carona. Sul posto anche una squadra del soccorso alpino di Valbondione. Secondo le prime informazioni uno degli escursionisti è precipitato riportando diverse fratture. Nulla di grave, invece, per quanto riguarda il secondo, che è riuscito a tornare a valle senza grosse difficoltà.
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claudio valce
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Da l'eco di Bergamo on line - Domenica 01 gennaio 2017

Incendio sul Monte Avaro a Capodanno
Fiamme forse innescate dai botti


Incendio nella notte di Capodanno sul Monte Avaro. Forse a innescarlo i botti di fine anno.
Incendio sostanzialmente domato sul monte Avaro, a monte degli abitati di Cusio e Santa Brigida, in Alta Valle Brembana, dove nella notte di Capodanno le fiamme ha raggiunto pascoli e bosco, probabilmente innescate dai botti. All’intervento di vigili del fuoco e squadre antincendio, si è aggiunto all’alba quello degli elicotteri che dall’alto hanno coordinato gli interventi di spegnimento.
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da L'Eco di Bergamo

Foppolo, al vaglio della procura i bilanci di Brembo Super Ski

E se il blitz sulle carte della gara d’appalto per la cabinovia di Foppolo fosse la chiave per mettere a fuoco i bilanci degli ultimi anni di Brembo Super Ski? Se i due filoni dell’inchiesta della procura che vede indagate per incendio doloso e turbativa d’asta quattro persone (il sindaco Giuseppe Berera, l’impiegata comunale Luisa Piredda, il manager della Graffer Sergio Lima e l’avvocato bresciano Antonio Ditto), fosse in grado di aprire porte nuove, allargando il campo degli indagati e delle ipotesi di reato? Il giorno dopo il tornado delle perquisizioni effettuate da carabinieri e finanzieri tra la Valle Brembana e Brescia, per gli inquirenti coordinati dal pm Gianluigi Dettori è il momento del primo vaglio delle carte. Tante, interessanti e potenzialmente capaci di spalancare nuovi scenari, è l’impressione che filtra dagli investigatori. Per capire che cosa c’è «dentro» i faldoni , i pc, i telefoni e le agende sequestrate da ci vorrà tempo, ma non è escluso che partendo dalle carte sulla gara d’appalto vinta dalla Graffer gli inquirenti decidano di mettere gli occhi sui bilanci degli ultimi anni della Brembo Super Ski, a poche settimane dal concordato. Per cercare di capire, andando a ritroso negli anni, come la società d’impianti abbia accumulato il passivo che l’ha portata vicino al fallimento: operazioni e investimenti sfortunati o condotte sospette, più o meno «interessate»? Nel frattempo la valle è in angosciosa attesa, ammette il commercialista Alberto Mazzoleni, sindaco di Taleggio e presidente della Comunità montana della Valle Brembana. Martedì mattina ha visto entrare carabinieri e finanzieri nel suo studio, a San Pellegrino. «In realtà lo studio è mio, ma è in uso al collega (Cristian Revera, ndr) depositario delle scritture della Brembo Super Ski – spiega Mazzoleni –. Non c’è nulla da nascondere: sono convinto che il collega lavori con le carte di cui dispone e sul contenuto delle quali la magistratura sta legittimamente indagando. Speriamo sia un iter veloce perché la comunità ha bisogno di risposte veloci». E chiare, per dissipare le ombre e la cappa di preoccupazione. «Siamo sempre stati preoccupati perchè questa vicenda è strana fin dall’inizio – continua Mazzoleni –. La posizione della Comunità montana? Abbiamo sempre pensato che la priorità fosse il funzionamento degli impianti, per questo abbiamo agito stanziando i fondi per la cabinovia (750 mila euro, ndr). Per quanto ne so, sindaci e imprenditori hanno sempre agito per il bene del territorio, non fosse così ci sentiremmo presi in giro. Se qualcuno ha compiuto irregolarità ne risponderà. Ma ora abbiamo bisogno di chiarezza, in un senso o nell’altro».
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da L'Eco di Bergamo

Meeting tra i narcos in Alta Val Brembana» E non è la prima volta
Nelle carte dell’Antimafia un incontro «al vertice» del narcotraffico a Valleve Nel 1990, sempre nel paesino, un’inchiesta di Falcone

I tentacoli della «Piovra» si sono spinti fin lassù, dove sembrerebbe difficile immaginarseli. Tra le valli bergamasche, a sfiorare le piste da sci o i sentieri delle Orobie. L’hanno ribattezzata «Stammer» (letteralmente, in inglese, «balbuzie»), ma l’ultima maxi-inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro parla chiaro, e porta sino a all’alta Valle Brembana: tra le centinaia di pagine di una maxi-operazione che ha disarticolato un’organizzazione dedita al traffico di cocaina sull’asse Colombia-Italia (54 indagati e sequestri per otto tonnellate di «polvere bianca»), ci sono anche rimandi significativi alla Bergamasca. Meeting tra personaggi calabresi ritenuti dagli inquirenti vicini alla ’ndrangheta e colombiani referenti dei cartelli della droga: ecco cosa sarebbe avvenuto, circa un anno fa, agli inizi del 2016, in un hotel (che risulta estraneo alla vicenda) di Valleve, in località Arale. Clan, narcos, ’ndrangheta in alta quota? Eppure non è la prima volta, nemmeno a Valleve. Anno 1990, operazione «Duomo Connection», inchiesta condotta da Ilda Boccassini e Giovanni Falcone e dai carabinieri guidati da Sergio De Caprio, il capitano «Ultimo», si fa luce sulle trame di Cosa Nostra al Nord: scattano arresti e sequestri, con una rete di investimenti immobiliari per riciclare il denaro sporco; le indagini giungono sino a Valleve, dove gli inquirenti ipotizzano il coinvolgimento di un tecnico comunale.

L’infiltrato e la raffineria Dai soldi alla droga, qualcosa era già successo in passato. Sempre nel 1990, a Rota Imagna viene scoperto il più grande laboratorio per la produzione di eroina del Settentrione, messo in piedi dal clan Sergi, potente clan di ’ndrangheta, e da Roberto Pannunzi, l’«Escobar italiano» (Pannunzi, peraltro, nel 1977 gestì per un breve periodo il Grand Hotel di San Pellegrino). E nel 1992: a giugno di quell’anno, a Olda, frazione di Taleggio, grazie a un carabiniere infiltrato, vengono messi i sigilli sulla prima «raffineria» di cocaina in Italia. Chi la «costruì»? La famiglia di Gaetano Fidanzati, elemento di spicco dei corleonesi di Cosa Nostra. Meno di vent’anni dopo, la storia di quest’ultimo boss s’intreccia nuovamente con la Bergamasca e le sue valli: il 5 dicembre 2009, da latitante incluso nell’elenco dei ricercati italiani più pericolosi, viene arrestato a Milano, ma il suo covo era una villa a Parre (ironia della sorte: l’immobile si trovava in via della Libertà). Nel 1994, nella prima relazione della Commissione parlamentare antimafia sul radicamento dei clan nel Settentrione, la peculiarità della Bergamasca era già stata messa sotto la lente: «La provincia di Bergamo è ritenuta dagli esponenti della criminalità zona di transito piuttosto sicura, che offre ampie possibilità di mimetizzazione. In particolare, le valli sono facilmente accessibili, ed è quindi agevole affittare abitazioni dove trattare affari o impiantare delle raffinerie». L’altro giorno, 23 anni dopo, se ne è avuta ancora conferma.
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da Bergamo NEWS

Foppolo, la Procura studia i conti in rosso di Brembo Ski

In mezzo alla montagna di atti e delibere sequestrati, ora la Procura di Bergamo scava anche nei conti in rosso di Brembo Super Ski, la società che gestisce gli impianti di risalita dei Comuni di Foppolo (75% delle quote), Carona (15%) e Valleve (10%). Evidentemente, chi indaga crede che anche nel passato finanziario della società possano trovarsi informazioni utili a ricostruire quelli che attualmente sono i due filoni dell’inchiesta. Primo: quello dell’incendio doloso che nella notte tra il 7 e l’8 luglio ha devastato le seggiovie Quarta Baita e Montebello a Foppolo; secondo: quello della presunta turbativa d’asta attorno al bando di gara indetto dal Comune per l’installazione della tanto agognata cabinovia, vinto dalla società bresciana Graffer Srl, unica a presentarsi.

Il sospetto degli inquirenti è che il bando sia stato tagliato su misura per fare vincere la società di Lonato del Garda, e che le fiamme abbiano conferito alla gara una condizione di urgenza, sbloccando al tempo stesso la cascata milionaria dei finanziamenti: quei 5 milioni e 187mila euro (iva esclusa) così ripartiti: 2 milioni e mezzo derivanti dal prestito a tasso agevolato di Finlombarda, altri due da privati, 750mila euro a fondo perduto dal Bim e 600 mila dalla convenzione regionale stipulata nel 2012. Dovrebbero essere analizzati i bilanci della società e il fascicolo di concordato preventivo depositato al tribunale di Bergamo da Brembo Ski per cercare di risanare i conti: in rosso di circa 14 milioni di euro stando al bilancio 2015. Settimana prossima, invece, dovrebbe essere presentato quello relativo all’anno 2016. Si cercheranno di comprendere le ragioni che hanno portato all’accumulo di un passivo così pesante, da suddividere tra banche e finanziatori vari (oltre 5 milioni di debiti), fornitori (3 milioni e mezzo) e non meglio specificati “altri debiti” (più o meno 4 milioni). Particolare attenzione potrebbe essere riservata alla verifica delle posizioni debitorie e creditorie dei soggetti e delle società implicate nella vicenda. Per quel che riguarda gli indagati, al momento risultano essere quattro: sono il sindaco di Foppolo Giuseppe Berera, l’azionista di maggioranza della Graffer Sergio Lima, la funzionaria comunale Luisa Carla Piredda e l’avvocato bresciano Antonio Ditto. Proprio la casa del sindaco Berera è stata perquisita da carabinieri e guardia di finanza nella mattinata di martedì 24 gennaio. Al primo cittadino (48 anni, in carica dal 2004) sono stati sequestrati telefono cellulare e agenda. “Stiamo facendo il punto della situazione, chiariremo tutto”, ha detto l’avvocato difensore Enrico Pelillo.

Sono state controllate anche l’abitazione di Santo Cattaneo, sindaco Valleve nonché presidente di Brembo Ski,  e gli uffici di San Pellegrino del presidente della Comunità montana Val Brembana Alberto Mazzoleni,  commercialista che in passato è stato revisore dei conti della società. Sull’altro fronte dell’inchiesta, quello bresciano, il blitz dei militari ha invece interessato l’abitazione di Sirmione dell’imprenditore Sergio Lima, 57 anni, proprietario della Graffer. Il primo nome a finire nel mirino degli inquirenti, visti anche i precedenti incendi che hanno interessato alcune delle ditte a lui riconducibili: quello del 19 dicembre 2012 al capannone di Gussago della Snowstar (azienda in liquidazione che sulle nevi di Foppolo aveva già svolto diversi lavori) e quello del 4 giugno 2014 alla Olli Scalve di Pezzaze, in alta Val Trompia.
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