Seggiovie di San Simone - Dialogo Quarti-Comune
Valleve. Incontro ieri tra il commissario e la società proprietaria degli impianti: «Gettate basi per il futuro»
«La condivisione d’intenti c’è: vogliamo dare una speranza a San Simone». Clamoroso al Cibali, direbbe Ciotti: forse qualcosa di buono si muove a monte di Valleve. Le domande sull’impasse della stazione in effetti fioccavano da un anno a tormentone: perché San Simone è sprofondata nella palude? Perché gli impianti sono chiusi da tre anni? Perché non vengono restituiti al proprietario, la San Simone Evolution di Franco Quarti, come da sentenze del Tar? Perché la società e il Comune, i commercianti e i villeggianti non si siedono al famoso tavolo comune, cercando una mediazione ragionevole?
Che fine fanno le seggiovie?
Domande finora retoriche, ma da ieri c’è una novità. L’incontro che ha prodotto la «massima condivisione d’intenti» è il rendez-vous a Bergamo tra il commissario prefettizio di Valleve Andrea Iannotta e il titolare della San Simone, Franco Quarti, proprietario di gran parte degli impianti. Oggetto: trovare un terreno d’incontro, non più di scontro, tra le richieste risarcitorie della San Simone, legittimate dalle sentenze del tribunale, e l’impasse del Comune, motivata dalle casse vuote di soldi e speranza, in attesa finora vana della decisione della Corte dei Conti su un piano ventennale di rientro del debito formulato senza tenere conto delle cause.
E perciò verosimilmente destinato alla bocciatura.
In mezzo la realtà: Valleve senza San Simone non può esistere; San Simone senza impianti funzionanti neppure. Che si fa? Ieri, forse, la ta.«Siamo sulla strada buona, sono stati riallacciati i rapporti per garantire un futuro a San Simone, passando dalla composizione delle vertenze in essere», ammette Iannotta. Un passo avanti che dovrà passare al vaglio dei fatti. «Ma stiamo lavorando con condivisione d’intenti per poter dare una speranza alla stazione. Per farlo non è sufficiente riaprire gli impianti ma lavorare per lo sviluppo», spiega Quarti. Non un colpo di teatro, ’incontro di ieri, ma un punto fermo dopo mesi di abboccamenti, incontri annunciati, scambi epistolari. Il dialogo continuerà ma lo scenario sembra delineato e assomiglia a un sorriso. Restano le zone d’ombra, a partire dalla questione delle seggiovie Camoscio e Sessi-Cima Siltri di proprietà delle due società di leasing Alba e Mediocredito Italiano. Abbandonate come il resto della stazione. A novembre una sentenza del Tar ha imposto la restituzione dei terreni (alla San Simone) alla partenza degli impianti liberi da vincoli, quindi dalle seggiovie, ma nulla si è mosso. Che cosa faranno i leasing? Smantellare vorrebbe dire spendere centinaia di migliaia di euro; non smantellare implica cedere gli impianti al Comune (che non ha soldi) o alla San Simone a prezzo di costo o quasi. I leasing nicchiano da mesi, ma senza la soluzione del rebus l’apertura Comune-San Simone rischia di non avere forza e il futuro della stazione neppure. Urgono risposte.