Parto tranquillo e salgo pian piano in quota; la giornata è incerta e preannuncia la primavera; nevischio sino alle nove , poi un po’ di schiarite; in breve tempo sono già in alto e le capre dove sono?
Trovo sulla neve fresca, a quota 1.700, ossa ben pulite che qualche animale, forse una volpe, ha lasciato e penso: “ahi … ahi … qui si mette male”. Salgo e intanto arriva il sole; lo zaino pesa con tutto quel sale e pane che avevo portato, oltre alla mia colazione; all’improvviso, in quel silenzio assoluto, sento un tintinnio: “tin, tin”; dirigo l’occhio nudo verso quella direzione, perché il cannocchiale non ci stava nello zaino, e ne scorgo subito una. Allora decido di salire e poi ridiscendere per non farmi scorgere, e così mi trovo a tu per tu con la capra; un pezzo di pane se lo merita; anche altre capre iniziano a muoversi verso di noi; ho appena il tempo di togliere il sale e chiudere lo zaino.
Così distribuisco il sale e poi il pane e le capre incominciano a leccarmi le mani e forse anche la faccia. Quando si sono calmate, inizio a contarle: sono undici adulte e un capretto dello scorso anno; sei hanno il collare di legno con un ciocchettino; cinque sono marroni, tre grigio-bianche, tre miste. Tutte in ottima salute, si spostano da un luogo all’altro. Al capretto faccio bere un po’ di coca-cola; nello zaino non rimane più nulla, ma va bene così. Scenderò con tanta soddisfazione per aver trovato le capre ancora vive e sicuro che vedranno presto la primavera in ottima salute.
