
Baroni al Diavolo, Diavolino e sconfinamento in val Seriana
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Re: Baroni al Diavolo, Diavolino e sconfinamento in val Seri
Una fulminea schiarita mi convince a ripartire alla volta del pizzo Tendina


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Re: Baroni al Diavolo, Diavolino e sconfinamento in val Seri
Scende la sera. Approfitto di una seconda schiarita per osservare il pizzo Gro


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Re: Baroni al Diavolo, Diavolino e sconfinamento in val Seri
E per fare un ultimo scatto al Tendina


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Re: Baroni al Diavolo, Diavolino e sconfinamento in val Seri
...Segue (sperando di non rimediare un'ammonizione per lo sconfinamento)
SECONDO GIORNO
Al trillare della sveglia, metto fuori il naso dal bivacco. Strabuzzo gli occhi in cerca di una stella che possa stimolarmi a partire. Ne scorgo una, poi un’altra e una terza. E molte altre. Sono le 5.00 ed è il segnale che attendevo: si parte alla volta del rifugio Brunone dove mi incontrerò con un nuovo amico.
In una mattinata senza luna sto percorrendo il sentiero delle Orobie alla luce della frontale con poche certezze. Non sono passati nemmeno venti minuti ma delle stelle non c’è più nemmeno l’ombra: sparite. Inghiottite dalle nebbie. Abbandono l’idea di salire il Gro. Se non avessi un appuntamento avrei anche potuto cedere alla tentazione di tornarmene a letto e a casuccia. Ogni montagna si tiene stretta la sua nube, il Brunone è maledettamente lontano e, come se non bastasse, fa un caldo indescrivibile!
Alle 6 di una mattinata priva di speranze, sto marciando a torso nudo senza una meta precisa. Se non son matto poco ci manca. Dannate Orobie, maledetta val Seriana: disabitata e perennemente preda delle nebbie.
Ci ragiono su. Concludo che conviene fermarsi per colazione. Un paio di yogurt, quelli sì, dovrei apprezzarli. Ed in un battibaleno, la schiarita che non t’aspetti: i Diavoli svettano possenti. E con loro il pizzo dell’Omo, il Poris, il Salto. Insieme. In una sublime visione. E poi… l’alba. E i primi raggi di un timido sole che scaldano e colorano quelle severe pareti. E in men che non si dica torno ad innamorarmi di queste bistrattate montagne. Ne percorro idealmente il crinale, me lo disegno in testa, in un anfratto dove poter andare liberamente a ripescarle tutte le volte che vorrò. Più concretamente le fotografo.
Al rifugio Brunone faccio la conoscenza di Marco, altro appassionato orobico. Insieme ci incamminiamo verso il passo della Scaletta, punto di partenza per l’aerea e panoramica traversata in cresta Cantonasc-Medasc-Soliva-Cavrin. Che vorremmo fare. Il condizionale è d’obbligo dal momento che le nuvole continuano a stazionare su tutti i picchi della valle. Con un buon ritmo raggiungiamo il suddetto intaglio: possiamo finalmente scorgere la valle di Caronno con il lago di Scais e la capanna Mambretti. Senza tentennamenti, proseguiamo verso ovest superando una prima elevazione. Certi tratti di cresta strapiombano in Valtellina ed il loro superamento necessita attenzione. Cautela che, per la verità, non viene meno neppure per le seguenti risalite e discese. Almeno fino alla bocchetta di Cantonasc. Durante tutto ciò le nebbie non ci danno tregua, permettendoci solo raramente di osservare parte del percorso che ci attende. Arrivano anche le prime gocce di pioggia, ma la nostra cavalcata verso la più alta delle cime del Medasc continua.
Proprio mentre stiamo per mettere piede sulla vetta però, udiamo un tuono in lontananza. Lanciamo un'esclamazione di sorpresa mista a terrore. In men che non si dica torniamo sui nostri passi fino alla bocchetta di Cantonasc, che, considerata la dizione di “bocchetta”, dovrà offrire un più o meno agevole percorso di rientro verso il sottostante sentiero delle Orobie. Per ripidi prati di umida festuca ci caliamo verso valle. Raggiungiamo il sentiero bollato nell’istante in cui chiazze di blu intenso sovrastano le nostre cime. Fortunatamente sarà solo un fuoco di paglia e, comunque, non avremmo avuto la forza per rifarci i 500 ripidi metri per la bocchetta. Per quanto mi riguarda, l’appuntamento con le altre due cime è rimandato al giorno nel quale avrò la voglia di rifarmi una tale trafila per l’avvicinamento.
L’avventura sarebbe finita qui, se non che io debba sciropparmi ancora circa altre 6 ore di cammino per il rientro a Carona. Delle quali almeno 2 e mezza, quelle in territorio seriano, le ho trascorse con il pensiero prevalente di quanto sanno essere indisponenti le Orobie, ampia parte delle restanti, invece, l’ho occupata facendo considerazioni su quanto fossi stanco, esausto, distrutto, dolorante.
La distanza dal lago del Prato a casa l’ho coperta in un tempo imbarazzante.

SECONDO GIORNO
Al trillare della sveglia, metto fuori il naso dal bivacco. Strabuzzo gli occhi in cerca di una stella che possa stimolarmi a partire. Ne scorgo una, poi un’altra e una terza. E molte altre. Sono le 5.00 ed è il segnale che attendevo: si parte alla volta del rifugio Brunone dove mi incontrerò con un nuovo amico.
In una mattinata senza luna sto percorrendo il sentiero delle Orobie alla luce della frontale con poche certezze. Non sono passati nemmeno venti minuti ma delle stelle non c’è più nemmeno l’ombra: sparite. Inghiottite dalle nebbie. Abbandono l’idea di salire il Gro. Se non avessi un appuntamento avrei anche potuto cedere alla tentazione di tornarmene a letto e a casuccia. Ogni montagna si tiene stretta la sua nube, il Brunone è maledettamente lontano e, come se non bastasse, fa un caldo indescrivibile!
Alle 6 di una mattinata priva di speranze, sto marciando a torso nudo senza una meta precisa. Se non son matto poco ci manca. Dannate Orobie, maledetta val Seriana: disabitata e perennemente preda delle nebbie.
Ci ragiono su. Concludo che conviene fermarsi per colazione. Un paio di yogurt, quelli sì, dovrei apprezzarli. Ed in un battibaleno, la schiarita che non t’aspetti: i Diavoli svettano possenti. E con loro il pizzo dell’Omo, il Poris, il Salto. Insieme. In una sublime visione. E poi… l’alba. E i primi raggi di un timido sole che scaldano e colorano quelle severe pareti. E in men che non si dica torno ad innamorarmi di queste bistrattate montagne. Ne percorro idealmente il crinale, me lo disegno in testa, in un anfratto dove poter andare liberamente a ripescarle tutte le volte che vorrò. Più concretamente le fotografo.
Al rifugio Brunone faccio la conoscenza di Marco, altro appassionato orobico. Insieme ci incamminiamo verso il passo della Scaletta, punto di partenza per l’aerea e panoramica traversata in cresta Cantonasc-Medasc-Soliva-Cavrin. Che vorremmo fare. Il condizionale è d’obbligo dal momento che le nuvole continuano a stazionare su tutti i picchi della valle. Con un buon ritmo raggiungiamo il suddetto intaglio: possiamo finalmente scorgere la valle di Caronno con il lago di Scais e la capanna Mambretti. Senza tentennamenti, proseguiamo verso ovest superando una prima elevazione. Certi tratti di cresta strapiombano in Valtellina ed il loro superamento necessita attenzione. Cautela che, per la verità, non viene meno neppure per le seguenti risalite e discese. Almeno fino alla bocchetta di Cantonasc. Durante tutto ciò le nebbie non ci danno tregua, permettendoci solo raramente di osservare parte del percorso che ci attende. Arrivano anche le prime gocce di pioggia, ma la nostra cavalcata verso la più alta delle cime del Medasc continua.
Proprio mentre stiamo per mettere piede sulla vetta però, udiamo un tuono in lontananza. Lanciamo un'esclamazione di sorpresa mista a terrore. In men che non si dica torniamo sui nostri passi fino alla bocchetta di Cantonasc, che, considerata la dizione di “bocchetta”, dovrà offrire un più o meno agevole percorso di rientro verso il sottostante sentiero delle Orobie. Per ripidi prati di umida festuca ci caliamo verso valle. Raggiungiamo il sentiero bollato nell’istante in cui chiazze di blu intenso sovrastano le nostre cime. Fortunatamente sarà solo un fuoco di paglia e, comunque, non avremmo avuto la forza per rifarci i 500 ripidi metri per la bocchetta. Per quanto mi riguarda, l’appuntamento con le altre due cime è rimandato al giorno nel quale avrò la voglia di rifarmi una tale trafila per l’avvicinamento.
L’avventura sarebbe finita qui, se non che io debba sciropparmi ancora circa altre 6 ore di cammino per il rientro a Carona. Delle quali almeno 2 e mezza, quelle in territorio seriano, le ho trascorse con il pensiero prevalente di quanto sanno essere indisponenti le Orobie, ampia parte delle restanti, invece, l’ho occupata facendo considerazioni su quanto fossi stanco, esausto, distrutto, dolorante.
La distanza dal lago del Prato a casa l’ho coperta in un tempo imbarazzante.
Ultima modifica di vezz il lunedì 27 agosto 2012, 14:48, modificato 1 volta in totale.
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Re: Baroni al Diavolo, Diavolino e sconfinamento in val Seri
Abbandonata ogni velleità alpinistica, mi concedo una pausa colazione


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Re: Baroni al Diavolo, Diavolino e sconfinamento in val Seri
E magicamente tutto si mostra


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