Relitti, rottami e un topolino (morto)
Come ogni anno è venuto il momento di dedicare una giornata alla riscoperta di vie Orobiche dimenticate, o soltanto trascurate.
Quest'anno la scelta cade sul brembano monte Aga (m.2720) e sulla sua parete ovest, che si specchia nelle acque del lago del Diavolo.
L'idea mi è venuta quest'inverno, durante un tentativo alla "Diretta Ovest", bellissima via di misto, purtroppo trovata non in buone condizioni.
In quell'occasione avevo guardato le placche che sostengono l'antecima ovest, dove passa la via Calegari-Scanabessi del 1985, facendomi l'idea che la roccia potesse essere ancora buona.
Decidiamo per un approccio "cicloalpinistico" e così alle 7 di sabato partiamo da Carona con gli zaini carichi e le corde legate in canna alle mountain bike.
Come al solito evitiamo di pedalare i tornanti sopra Pagliari, per non affaticare le gambe ancora fredde, poi però fino al Longo la salita scorre piacevole e su terreno ben pedalabile. Dopo una pausa caffè al rifugio Longo, dove veniamo accolti con grande gentilezza, ripartiamo alla volta della diga, dove lasciamo i nostri ronzini e ci avviamo a piedi verso il passo di Cigola. Nel tratto pianeggiante lasciamo il sentiero e ci dirigiamo alla base della parete, che si presenta verde e bagnata in modo preoccupante!

Ormai siamo in ballo e decidiamo di ballare. Ma non sarà un ballo facile.
La prima parte della salita, la più impegnativa, si svolge su roccia molto insidiosa. Le placche, difficili da proteggere se non a chiodi, sembrano buone da lontano, ma sono state infiltrate da acqua e terriccio.
Saliamo in alternato mantenendo la tensione molto alta, nei tiri in cui sono al comando non scatto fotografie. Sono totalmente assorbito dal tastare la roccia.
Ai piedi della placca di V°, che rappresenta il punto chiave della salita e l'ultima difficoltà, esitiamo. Una parte della placca giace in frantumi appoggiata a una cengia. Tra i rottami un chiodo arrugginito. Poco sotto vediamo un minuscolo topino morto, chissà come finito lì.
E' il dettaglio che rende viva la suggestione: per un attimo ci sentiamo come naufraghi in un mondo di relitti e rottami, un mondo in disfacimento.
Ci riscuotiamo e partiamo. Con rinnovata decisione anche la placca è alle spalle. La roccia si fa più solida, le difficoltà diminuiscono. Presto scema la tensione e resta il piacere dell'arrampicata.
In cima allo sperone siamo soddisfatti ma stanchi, soprattutto mentalmente. Il tempo non è stato clemente con la parete dell'Aga. La via non la consiglierei.
Scendiamo godendoci il bellissimo panorama. Ci fermiamo a fare quattro chiacchiere con il pastore.
Alla diga ci aspettano le nostre biciclette e una goduriosissima e velocissima discesa su Carona.
Alla prossima.
Vista della parete ovest dell'AGA. La Calegari-Scanabessi sale all'antecima di sinistra.
