Festa per la Nativita' di Maria Bambina a Castegnone
La devozione a Santa Maria Bambina nella contrada di Castegnone ha inizio nel 1903. Il simulacro era stato regalato dalle suore di Maria Bambina del convento di Romacolo. Da allora ogni anno l'8 settembre, giorno della natività di Maria, si svolge la festa. Da tradizione durante la processione l'urna viene portata a spalle dalle ragazze del borgo lungo le viuzze della contrada. Oggi come oggi si è ripiegato anche sulle donne non più giovincelle visto le poche giovani fanciulle residenti.
Palmina Ruggeri
Ultima modifica di Rugetor il mercoledì 10 settembre 2014, 21:44, modificato 1 volta in totale.
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Castegnone di Zogno: dopo il restauro la festa, come accadeva un tempo. Qui le donne fanno da sagrestane e portano il simulacro in processione. Contro la polvere, e ce n’era tanta, scope, stracci e spazzoloni hanno avuto la meglio. La fine coltre che ha ricoperto l’interno della chiesetta di Castegnone è stato il modesto prezzo da pagare per vedere risplendere di nuovi colori la facciata della chiesa. «Adesso è proprio bella», dicono le donne dell’antica contrada di Poscante di Zogno, le vere regine di questo borgo che un tempo era il più abitato del paese, con quasi 400 persone, e che ora, dopo aver subito lo spopolamento comune ai centri di montagna, ne conta a malapena una sessantina.
Le donne. Sono loro la maggioranza: le anziane, con la storia in tasca, anche quella più dolorosa degli anni della guerra; le spose, che hanno scelto di «metter su famiglia» lontano dalle comodità della città; le ragazze, che ben sopportano gli spostamenti per lo studio o per il lavoro, e le bambine, che fra le viuzze della contrada inventano nuovi giochi. Quella chiesetta, dedicata alla Natività di Maria, è la loro seconda casa; ora, dopo i restauri eseguiti all’esterno e la sistemazione del tetto, rende ancora più bello l’antico borgo contadino medievale. Il ruolo di sagrestane è, manco a dirlo, affidato a due donne, Maria Imberti, la più anziana di Castegnone, e Rina Pisoni. Sono loro ad aprire e chiudere il portone, a suonare le campane, a curare gli arredi e a custodire soprattutto i ricordi.
La teca che custodisce il simulacro di Maria Bambina è posta sul presbiterio e da sempre richiama i fedeli che chiedono una grazia, ringraziano per il bene ricevuto o invocano la protezione sulla propria famiglia. Già in tempi lontani viandanti e mercanti si fermavano lì: quello di Castegnone era un passaggio verso la Valle Seriana, lungo i sentieri, per il commercio e per il baratto dei beni di prima necessità. Dalla contrada partivano i venditori di biligòcc, le caratteristiche castagne affumicate nel «secadùr», una grande costruzione in pietra, ancora funzionante a Castegnone, a pochi metri dalla chiesetta. A richiamare la gente era soprattutto la grande festa di settembre, quando si celebra la Natività di Maria. Per una settimana si suonavano le campane a festa e alla domenica mattina in contrada c’era l’incanto delle stanghe per la processione.
A battere l’asta era «il Tista», all’anagrafe Battista Rota, marito di Maria Imberti. La sua voce forte, la sapiente dialettica e l’imbattibile capacità di «acchiappare» le offerte riuscivano a far incamerare un po’ di quattrini per sostenere la chiesetta e per pagare le spese della festa. Mancando un’osteria, era la casa di una qualche famiglia a trasformarsi per un giorno in cucina «industriale».
Le donne lavoravano per giorni fra pentole e tegami e il piatto forte era la gallina bollita. Qualche volta anche la trippa, ma quella era già roba da ricchi. Poi veniva il momento della processione, alla domenica pomeriggio, e a portare la teca in ogni angolo del borgo erano ancora le donne.
Quelle da marito, le giovani della contrada. Qualcosa è cambiato nel tempo, ma a distanza di decenni, quella di Maria Bambina è ancora la festa delle donne. Sono ancora loro a reggere il simulacro in processione, anche se la tradizione si è adeguata ai tempi e, con la scarsità di giovani, il testimone è passato alle spose. Davanti a Maria molte di loro hanno elevato preghiere e c’è chi dice di aver ottenuto la grazia. «Avevo chiesto alla Madonna di trovare marito – dice Franca Rota – e così è stato. Come avevo promesso ho donato alla chiesa i miei orecchini d’oro». Maria, la sagrestana, confessa sorridendo di non avere mai chiesto nulla di particolare, ma il suo legame con la chiesetta continua nel tempo. La festa della Natività è stata preceduta in questi giorni da un altro lieto evento: il ritorno in contrada di Erminia Rota, sorella di Battista, dopo alcuni anni di assenza dal paese, ha animato le famiglie e, al suo arrivo, con borse e valigie, si è trovata una festa a sorpresa con torte e spumante. Maria Bambina riveste nella vita di Erminia un significato speciale: è nel giorno della festa che, molti anni fa, ha conosciuto Osvaldo, che sarebbe diventato poi suo marito.
«Un uomo della contrada, a Foppolo per il taglio del fieno – racconta -, aveva conosciuto una famiglia, con un giovane scapolo. Le sorelle di questo si erano informate: “Ghél mìa so a Castegnù öna quach tuse…”». Forse a Castegnone il fratello avrebbe potuto trovare la morosa… Detto e fatto. Invitato in contrada per la festa e per il pranzo, è scoccata la scintilla. Forse quel giorno solo per Osvaldo…
Quello che più attirava Erminia era il fatto di potersi accasare lontano dal paese e lasciare finalmente l’odiato lavoro in manifattura. L’amore è poi nato davvero e per Erminia, di nuovo nella sua casa natìa, la festa di Maria Bambina porterà con sé tanti bei ricordi. L’appuntamento è per domani: la chiesa tirata a lucido, la contrada addobbata, nessuna gallina bollita, ma torte e panini per tutti e, roba che non si vedeva da tempo, arriverà anche la banda. Ci sarà tutto il paese e a guardare da un ramo l’avvenimento ci sarà probabilmente Chichi, uno degli ultimi nuovi abitanti della contrada: una gazza, ladra per davvero, attratta soprattutto dalle mollette per il bucato e dai luccichii del metallo. Non ci sono prove scientifiche al momento, ma le donne di Castegnone sono sicure che anche Chichi è femmina.
Monica Gherardi – L’Eco di Bergamo (settembre 2009)
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