Siamo alla fine e penso che qualcuno storcerà il naso pensando "si ma questa non è Storia!"... è vero il mio intentento era solo raccontare delle storie con immagini rimaste chiuse stupidamente in una raccolta. Sarò sincero, è vero che il filo conduttore sembra essere la ferrovia ma questo l'ha già fatto e molto bene il nostro amico Rugetor. Dall'inizio io volevo solo parlare del
Ponte Vecchio di Zogno (senza accento visto che ora avrete imparato ormai la pronuncia!), in particolare di questa foto.
Scattata dall'ex prato del "Carmelì", poi ex area ECA, insomma per tutti a " La Rasga" ora da alcuni anni il grande spazio del "Piazzale del Mercato", luogo di incontro del sabato e non solo, di genti delle frazioni di Zogno ed anche della Valle, luogo di manifestazioni, di giostre e di giochi, di feste di tutti i tipi e di tutto il mio tempo (anche quelle per soli duri e puri), ecco questa immagine lo ritrae come un vero monumento, solitario, dominante, e di gente ne ha vista!
Dall'altra sponda immagini bucoliche da spulciare con la lente in ogni angolo per capire e ricordare. A monte le case vecchie a strapiombo sul fiume, la terrazza della trattoria del "Bianco" luogo di scopa briscole e tresette, anche Pacì Paciana tremendo poscantino qui vi passava, sostava o semplicemente sbirciava. In alto le rive di Piazza Martina e la sua frutta le pesche in particolare. A valle sotto la parete liscia della Corna, un'ansa del fiume si allargava, una lanca denominata "i brembì" un luogo dove l'acqua del fiume Brembo sbatteva contro la roccia e allargargandosi poi si calmava. Sarà per questo mi chiedo, che questo luogo è stato chiamato "al porto"? non lo so. So dei momenti vissuti dopo le piene, del correre della gente, a chi era più furbo ad alzarsi prima per raccogliere la ricchezza, pesci intrappolati nelle pozze scavate dal fiume marrone e poi in seguito a recuperare la legna, tanta legna di ogni sorte e misura, quella per tutti. L'odore della terra nelle narici dopo la piena. Mi raccontava mio padre che durante l'inverno scendevano alle pozze ghiacciate e segavano il ghiaccio, le "canne", parallelepipedi di ghiaccio usato poi per la conservazione delle carni macellate.
D'estate nelle vacanze il livello del fiume calava in secca ed era terreno di gioco per noi quotidiano, dal mattino fino a sera in mezzo ad una giungla di canneti, salici, rospi, rane e biscie dal collare, non mancava nemmeno un fuggi-fuggi continuo di ratti. Da questo ponte in tanti si sono sfidati nei tuffi, chi saltando in piedi e chi addirittura a testa in giù. Io no, tremavo guardandoli, avevo sempre le labbra blu perchè anche d'estate l'acqua era fredda. Osservavo in particolare un mio amico il più temerario, risalire a piedi nudi la roccia, per cercare un punto sempre più in alto per lanciarsi. Finite le scuole questo amico va a lavorare, un lavoro duro con gli automezzi pesanti, questo gli è fatale rimane schiacciato sotto le ruote. E' la fine per lui? No, dopo tanti anni e tante cure si rimette, ricomincia a camminare, a girare per il paese col suo sorriso scanzonato distribuendo le sue battute sagaci ad ogni sosta. Sarà il sangue od un caso ma questo mio amico si chiama anche lui Pacchiana.