da L'Eco di Bergamo di Sabrina Penteriani
C’era una volta una regina, una guerriera audace e spietata.
Seminava il terrore tra i suoi nemici e nessuno poteva sconfiggerla. Da questo leggendario personaggio prende il nome Castel Regina, località sopra Brembilla, a 1.400 metri di quota. Sulla cima non è rimasto quasi nulla: un blocco di roccia, che forse un tempo è stato un basamento. E poi, nello spazio antistante, c’è una specie di conca circondata da pietre squadrate che a un osservatore attento possono ricordare un cortile circondato da spesse mura. Da lì si domina la valle, la vista è formidabile: anche per questo è un luogo apprezzato dagli escursionisti che frequentano la zona. Eppure un castello c’era davvero nel 1300, ai tempi delle lotte tra guelfi e ghibellini. Lo dicono i documenti rintracciati dagli storici locali, e i numerosi reperti ritrovati sul posto, ancora in fase di studio: frammenti di ceramica, punte di freccia e di balestra, attrezzi, perfino uno strumento musicale d’osso. Secondo il racconto popolare, a punire la fiera regina fu la sua smisurata ambizione: si trovò davanti un re potente e ricco, che possedeva una preziosa corona e un vitello d’oro. Lei volle impadronirsi di entrambi, lo sfidò, lottò duramente e alla fine vinse. Ma il vitello era un simbolo religioso e il re, prima di morire, lanciò una terribile maledizione. Così la guerriera, tornata alla sua fortezza, fu colpita dalla furia degli elementi: lampi, tuoni, fulmini, finché la terra si aprì per inghiottirla, insieme al castello e ai soldati.
La leggenda si ritrova anche nel libro «Racconti popolari brembani» di Tarcisio Bottani e Wanda Taufer. L’idea che in quel luogo ci fosse un tesoro, per di più maledetto, ha fatto fiorire decine di leggende sui cercatori di queste ricchezze. «La leggenda - racconta Alessandro Pellegrini, storico locale - nasce nella seconda metà dell’Ottocento, quando Brembilla sta investendo per la valorizzazione della sua acqua solforosa. Ha il suo punto simbolico nel castello perché è esistito davvero. Era chiamato Castello di Cornalba e non della regina, elemento a mio parere introdotto insieme al tesoro per rendere la storia più intrigante». La realtà storica è meno romantica, ma comunque affascinante. Il castello di Cornalba, secondo i documenti dell’epoca, era una di quelle piccole fortezze, inizialmente in legno, costruite in punti strategici. Luoghi dai quali anche pochi soldati erano in grado di difendere intere vallate. Fu costruito intorno alla metà del 1300 per volere di Barnabò Visconti e dei ghibellini brembillesi. A quei tempi in Val Brembana San Giovanni Bianco e i paesi limitrofi, come la parte alta di Zogno, Poscante, Endenna, Camerata, Ponteranica e Sorisole parteggiavano per i guelfi. Erano ghibelline invece, con Brembilla, la parte bassa di Zogno, Stabello, Sedrina e Villa d’Almé. Il castello venne distrutto una prima volta nel 1368 durante alcune sollevazioni di guelfi in Val Brembana, e ricostruito nel 1382, poi ancora raso al suolo e nel 1383 rifatto in pietra. Era una piccola costruzione: ottanta metri quadrati o poco più di spazio interno, una torre di avvistamento e un piccolo cortile fortificato. Vi abitavano un castellano, otto soldati, un ragazzo e un cane. Tra le famiglie guelfe e ghibelline di Brembilla e della Val Brembana in quel periodo battaglie e rappresaglie erano all’ordine del giorno, e così la fortezza era spesso impegnata in azioni di difesa. Alla fine del 1300 ci furono diversi tentativi di portare la pace, che partivano da Milano, ma quando Gian Galeazzo Visconti morì, nel 1402, gli scontri tra le due fazioni si riaccesero. Finché il 5 settembre del 1403 ci fu la completa distruzione del Castello di Cornalba, narrata così dalle cronache del tempo, scritte dal notaio Castel Castelli (Chronicon Bergomense Ghelpho-Ghibellinum): «Bertazzolo dei Boselli con la sua brigata e Giovanni dei Sonzogni di Sussia, con una brigata di circa 200 guelfi, presero il Castello di Cornalba, provvisto di difese e macchine da guerra, e catturarono il castellano, che era lì con cinque dei suoi... E lo stesso giorno distrussero il detto castello e portarono le porte fino a San Giovanni Bianco». Portare via le porte del castello era un gesto simbolico: oltre che un segno di vittoria era un modo per dire che lì non sarebbe più stato ricostruito. E così accadde davvero. Comunque i brembillesi continuarono a combattere, cercando di opporsi al dominio veneto, una lotta che portò, nel 1443, alla cacciata da Brembilla di tutti gli abitanti, che furono accolti a Milano: non a caso il cognome Brambilla è diventato poi tra i più diffusi nella metropoli lombarda. Tornando al castello di Cornalba nel 2003, 11 anni fa, per ricordare il 600° anniversario della sua distruzione è stato predisposto dal «Gruppo sentieri Amici della storia di Brembilla» un opuscolo che raccoglie gli elementi salienti della storia, disponibile sul sito del Comune di Brembilla.
Altre informazioni e foto si trovano su http://forum.valbrembanaweb.com
Per visitare il posto dove si trovava il Castello di Cornalba si possono seguire i sentieri Cai 595, 596 e 596-bis, a partire dalle contrade di Cavaglia, Cerro o da Catremerio.